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Appello inammissibile: quando è manifestamente infondato

La Corte di Cassazione, con ordinanza Penale Ord. Sez. 7 Num. 2287 Anno 2025, ha dichiarato un appello inammissibile, specificando che la sanzione non deriva dalla mera genericità dei motivi, ma dalla loro manifesta infondatezza. L’analisi della Corte ha superato l’aspetto formale per valutare la sostanza dei motivi, ritenendoli privi di fondamento. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a conferma delle severe conseguenze di un appello inammissibile presentato senza valide argomentazioni.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Inammissibile: La Cassazione e i Motivi Manifestamente Infondati

Nel sistema giudiziario, l’impugnazione è un diritto fondamentale, ma non è privo di limiti. Proporre un ricorso richiede argomentazioni solide e specifiche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione su quando un appello inammissibile viene sanzionato non per una semplice carenza formale, ma per una sostanziale e palese mancanza di fondamento. Analizziamo come i giudici di legittimità hanno distinto tra genericità e manifesta infondatezza, con conseguenze significative per il ricorrente.

I Fatti del Caso: Il Percorso Giudiziario

La vicenda processuale ha origine da una condanna a due anni di reclusione emessa dal GUP del Tribunale di Torino. L’imputato, ritenuto colpevole di determinati reati, ha deciso di impugnare la sentenza di primo grado presentando un ricorso alla Corte di Appello di Torino.

Tuttavia, i giudici di secondo grado hanno dichiarato l’appello inammissibile. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali:

1. Violazione di legge: Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente sanzionato la presunta eccessiva genericità del suo ricorso.
2. Erronea applicazione della legge: Si contestava la valutazione della Corte territoriale sulla sussistenza della responsabilità penale.
3. Errata dosimetria della pena: Infine, veniva criticata l’applicazione della legge nella determinazione della pena inflitta.

La Decisione della Corte di Cassazione: Conferma dell’Inammissibilità

La Suprema Corte ha esaminato i motivi proposti e li ha ritenuti, nel loro complesso, inammissibili. La decisione non si è limitata a una mera conferma del provvedimento precedente, ma ha fornito una chiara motivazione giuridica. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Oltre la Genericità, la Manifesta Infondatezza dell’appello inammissibile

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella distinzione tra un motivo di appello ‘generico’ e uno ‘manifestamente infondato’. La Corte ha chiarito che la decisione della Corte di Appello non si basava sulla mera genericità delle argomentazioni, come sostenuto dal ricorrente. Al contrario, i giudici di merito avevano effettuato una, seppur breve, disamina del contenuto dei motivi, concludendo che questi fossero palesemente privi di fondamento.

Questo significa che la Corte territoriale non si è fermata a un vizio di forma (la genericità), ma ha valutato la sostanza delle doglianze, riscontrandone l’evidente inconsistenza. L’appello inammissibile, in questo caso, non è tale perché scritto male, ma perché le sue argomentazioni sono così deboli da non poter trovare accoglimento. La Cassazione ha quindi confermato che i giudici d’appello hanno agito correttamente sanzionando con l’inammissibilità motivi che, anche se formalmente presentati, erano sostanzialmente infondati. Viene inoltre ribadito che, in assenza di prove che dimostrino una incolpevole determinazione della causa di inammissibilità, scattano le sanzioni pecuniarie previste dalla legge.

Le Conclusioni: Lezioni Pratiche sull’appello inammissibile

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, evidenzia che la redazione di un atto di impugnazione deve essere curata non solo nella forma, ma soprattutto nella sostanza. Proporre motivi di appello palesemente infondati espone il ricorrente a un rigetto immediato e a conseguenze economiche rilevanti.

In secondo luogo, viene rafforzato il potere del giudice di appello di effettuare un esame preliminare sulla fondatezza dei motivi per dichiarare l’inammissibilità. Questo strumento processuale serve a deflazionare il carico giudiziario, evitando che processi basati su argomentazioni pretestuose o inconsistenti giungano a un dibattimento di secondo grado. Per gli avvocati e i loro assistiti, la lezione è chiara: un’impugnazione deve essere un atto serio, basato su solide argomentazioni di fatto e di diritto, per non incorrere nella severa sanzione di un appello inammissibile.

Quando un ricorso in appello può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso in appello può essere dichiarato inammissibile non solo se presenta motivi generici, ma anche quando, a seguito di una seppur breve disamina, i suoi motivi risultano manifestamente infondati, cioè palesemente privi di fondamento.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La declaratoria di inammissibilità comporta, secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000,00 euro.

Qual è la differenza tra un motivo ‘generico’ e uno ‘manifestamente infondato’ secondo questa ordinanza?
Secondo l’ordinanza, un motivo generico è viziato nella forma perché non specifica adeguatamente le critiche alla sentenza. Un motivo manifestamente infondato, invece, è viziato nella sostanza: pur essendo magari specifico, è così palesemente privo di basi legali o fattuali da non meritare un esame approfondito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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