Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8374 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8374 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 06/12/1997
avverso la sentenza del 11/09/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME Il Procuratore Generale conclude per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME discute i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma dell’8 marzo 2024, che lo aveva condannato alla pena di giustizia in ordine al reato di tentato furto aggravato ex art. 625 n. 6.
A ragione della decisione ha osservato che l’impugnazione era stata proposta in violazione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., giacché con l’atto di appello non era stata depositata l’elezione o la dichiarazione di domicilio dell’imputato, rilasciata dopo pronuncia della sentenza.
Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di ufficio, deducendo due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo si deduce inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inammissibilità in relazione all’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen.
La Corte di appello ha errato nel ritenere che la dichiarazione ovvero la elezione di domicilio debba essere successiva alla pronuncia della sentenza di primo grado, giacché tale adempimento è previsto solo nel caso in cui si proceda nei confronti di imputato assente.
Nel caso di specie, l’elezione di domicilio era stata depositata unitamente all’atto di appello, dal momento che era stato allegato il verbale di convalida di arresto dell’8 marzo 2024, contenente l’elezione di domicilio fatta dall’imputato presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
2.2. Il secondo motivo deduce manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. E), cod. proc. pen. in relazione all’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen.
In particolare, si evidenzia che il giudizio si è svolto in presenza, l’elezione di domici presso il difensore d’ufficio risultava non solo dal verbale di udienza dell’8 marzo 2024 ma anche dal testo della sentenza di primo grado.
Tali circostanze erano sufficienti per ritenere assolto l’onere previsto dall’art. 58 comma 1 ter, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Occorre precisare, in via preliminare, che la questione posta dal ricorso è di ordine processuale, sicché questa Corte è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito dal Giudice a quo per giustificarla. La Corte di cassazione, infatti, in presenza di una censura di carattere processuale, può e deve prescindere dalla motivazione offerta nel provvedimento impugnato e, anche accedendo agli atti,
deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand’anche non correttamente giustificata o giustificata solo a posteriori (Sez. 5, n. 19970 del 15/03/2019, COGNOME, Rv. 275636 Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME e altri, Rv. 255515; in termini, Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, COGNOME ed altri, Rv. 221322). Per addivenire a questo risultato, alla Corte di cassazione è riconosciuto il ruolo di Giudice “anche del fatto”, che, per risolvere la questione i rito, può e deve accedere all’esame dei relativi atti processuali, viceversa precluso quando si tratti di vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (Sez. U, n. 42792 d 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F e altri, Rv. 273525; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, COGNOME, Rv. 255304).
2.1. Nel caso di specie risulta che: –a) il 7 marzo 2024, l’imputato era tratto in arresto; –b) nel corso dell’udienza di convalida dell’8 marzo 2024, il COGNOME si sottoponeva ad interrogatorio, eleggendo domicilio presso lo studio del difensore di ufficio; –c) il Tribunale di Roma convalidava l’arresto, applicando la misura cautelare del divieto di dimora; –d) il COGNOME chiedeva, nel corso della udienza dell’8 marzo 2024, la definizione del procedimento con il rito abbreviato, venendo condannato alla pena di giustizia; –e) nel proporre atto di appello, il difensore di ufficio indicava l’elezione di domicilio presso il pro studio, allegando il verbale di udienza dell’8 marzo 2024 dal quale risultava l’elezione di domicilio; –f) all’udienza dell’Il settembre 2024, verificata la regolarità della notifica, Corte di Appello di Roma dichiarava l’assenza del ricorrente, procedendo alla discussione orale.
Quanto al giudizio in assenza, il d.lgs. 150 del 2022 ha dato attuazione alla delega per il giudizio di impugnazione, riformando la disciplina dell’assenza nella fase dell’appello (art. 598 ter cod. proc. pen.).
Deve precisarsi che in tema di impugnazioni, nel caso in cui il giudizio di appello sia stato trattato con procedimento camerale non partecipato e non sia stata avanzata tempestiva istanza di partecipazione ex art. 598-bis, comma 2, cod. proc. pen., l’imputato appellante non può considerarsi “giudicato in assenza”, in quanto, in tal caso, il processo è celebrato senza la fissazione di un’udienza alla quale abbia diritto di partecipare.
Pertanto, la nuova disciplina dell’assenza in appello di cui all’art. 598-ter cod. proc pen. comporta che qualora l’imputato appellante sia rimasto assente anche nel solo giudizio di appello – come nel caso in esame, giacché è stata chiesta trattazione orale – l’impugnazione con il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa nel giudizio di appello debba anch’essa sottostare alla disciplina generale delle forme dell’impugnazione di cui all’art. 581 cod proc. pen. come novellato dall’art. 33 del d.lgs. n.150 del 2022 cit., in applicazione della normativ transitoria, che espressamente ne prevede l’immediata applicazione proprio per le disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1 -ter e 1-quater, 585, comma 1 -bis, e 175, cod. proc. pen., tutte riferite, direttamente o indirettamente, alle formalità dell’impugnazione.
Tenuto conto della celebrazione del processo in assenza, deve precisarsi che l’art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen. persegue il legittimo scopo di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato, per evitare la pendenza di procedimenti nei confronti di imputati non consapevoli del processo, oltre che i far sì che l’impugnazione sia espressione del personale interesse dell’imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatismo difensivo. In particolare, l’art. 581, comma 1- quater, cod. proc. pen. trova la sua ratio, nell’esigenza di verificare l’effettiva e concreta volontà di impugnare del soggetto processato in assenza, nonché in quella, ulteriore, di accertare – in evidente ed insostituibile funzione di garanzia – l’effettiva validità della preesistente dichiarazione elezione di domicilio e la persistente volontà dell’assente di riceverla in un domicilio nuovo proprio alla luce del fatto che, nonostante la formale ritualità delle citazioni effettuate corso del giudizio di grado precedente, egli è rimasto assente, altresì considerando la volontà del legislatore di limitare le impugnazioni che non derivino da un’opzione ponderata e personale della parte (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, NOME COGNOME, Rv. 285324).
La necessità di munirsi di specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenza impugnata, secondo quanto previsto dall’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen., non è venuta meno per effetto della I. del 9 agosto 2024, n. 114 che ha abrogato l’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen. per le impugnazioni proposte successivamente al 24 agosto 2024.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 23/1/2025 Il Co alire estensore COGNOME La Presidente