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Appello inammissibile per imputato assente: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto. Sebbene l’imputato fosse presente in primo grado, la sua assenza nel giudizio d’appello ha reso applicabili le nuove, più stringenti, regole sull’appello inammissibile. La Corte ha stabilito che, in caso di assenza, è necessario uno specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza d’appello, al fine di garantire la volontà effettiva dell’imputato di proseguire con il ricorso.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello inammissibile: le nuove regole per l’imputato assente in appello

La recente sentenza n. 8374/2025 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulle formalità processuali, in particolare riguardo alle condizioni che rendono un appello inammissibile. Il caso in esame chiarisce le conseguenze dell’assenza dell’imputato nel giudizio di secondo grado e l’importanza del mandato specifico al difensore, anche quando l’imputato era presente al primo processo. La pronuncia sottolinea la necessità di una volontà di impugnazione chiara e manifesta, specialmente dopo le recenti riforme legislative.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in primo grado dal Tribunale di Roma per tentato furto aggravato con rito abbreviato, proponeva appello tramite il proprio difensore. La Corte d’Appello di Roma, tuttavia, dichiarava l’impugnazione inammissibile. La motivazione addotta dai giudici di secondo grado era la violazione dell’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale (norma poi abrogata), poiché non era stata depositata una dichiarazione o elezione di domicilio successiva alla sentenza di primo grado.

Contro tale decisione, il difensore presentava ricorso per cassazione, sostenendo che l’elezione di domicilio effettuata durante l’udienza di convalida dell’arresto, lo stesso giorno della sentenza, fosse sufficiente, dato che l’imputato era presente al giudizio. Il ricorso contestava quindi un’errata applicazione della norma processuale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ma per ragioni diverse da quelle evidenziate dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno spostato il focus dalla questione dell’elezione di domicilio a quella, più centrale, dell’assenza dell’imputato nel giudizio d’appello e delle sue conseguenze procedurali alla luce della nuova disciplina.

Le motivazioni: un nuovo focus sull’appello inammissibile e la volontà dell’imputato

La Cassazione, nel suo ruolo di garante della corretta applicazione della legge, ha riesaminato gli atti processuali. È emerso un fatto decisivo: all’udienza d’appello, l’imputato era stato dichiarato assente. Questa circostanza, secondo la Corte, attiva la nuova disciplina introdotta dalla riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022) per il giudizio d’appello in assenza.

In particolare, la Corte ha fatto riferimento all’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, quando l’impugnazione è proposta contro una sentenza emessa in un giudizio d’appello in cui l’imputato era assente, è necessario che il ricorso sia munito di uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza d’appello.

La ratio di questa disposizione è chiara: garantire che l’impugnazione sia espressione di una volontà effettiva, concreta e personale dell’imputato. Il legislatore vuole evitare “automatismi difensivi”, ovvero ricorsi presentati d’ufficio senza che l’assistito sia pienamente consapevole della condanna e della volontà di contestarla. L’assenza in appello fa sorgere il dubbio che l’imputato possa non essere a conoscenza dell’esito del giudizio e, pertanto, la legge richiede una prova rafforzata della sua intenzione di procedere: il mandato specifico e posteriore alla sentenza.

Nel caso di specie, tale mandato mancava. Di conseguenza, il ricorso è stato ritenuto privo di un requisito essenziale, portando a una dichiarazione di appello inammissibile.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per la difesa

Questa sentenza è un monito per gli operatori del diritto. Dimostra che la presenza dell’imputato in primo grado non è sufficiente a superare i requisiti formali richiesti per le fasi successive se egli risulta assente. Per i difensori, diventa cruciale informare prontamente l’assistito dell’esito del giudizio d’appello e, qualora si intenda procedere con un ricorso per cassazione, ottenere un mandato specifico, datato e sottoscritto dopo la pubblicazione della sentenza. In mancanza di questo adempimento, il rischio concreto è che l’impugnazione venga troncata sul nascere, precludendo ogni possibilità di esame nel merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputato era assente nel giudizio d’appello e il suo difensore non ha depositato uno specifico mandato a impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenza d’appello, come richiesto dall’art. 581, comma 1-quater, c.p.p. per i giudizi in assenza.

Qual è lo scopo della regola che richiede un mandato specifico per l’imputato assente?
Lo scopo è assicurarsi che l’imputato abbia effettiva conoscenza della sentenza emessa nei suoi confronti e che la volontà di impugnarla sia personale, ponderata e concreta. Questa norma serve a evitare impugnazioni automatiche da parte del difensore, garantendo che sia una scelta consapevole del diretto interessato.

L’assenza nel solo giudizio di appello è sufficiente per applicare questa regola più severa?
Sì. Secondo la sentenza, anche se l’imputato era presente in primo grado, la sua assenza nel successivo grado di appello è sufficiente per attivare la disciplina del giudizio in assenza e, di conseguenza, per richiedere il mandato specifico per il successivo ricorso per cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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