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Appello inammissibile: nuova eccezione in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un appello inammissibile poiché il ricorrente aveva sollevato una questione (la mancata applicazione di una pena sostitutiva) per la prima volta in sede di legittimità. L’ordinanza ribadisce che i motivi di ricorso devono essere stati precedentemente sottoposti al giudice d’appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Inammissibile: Quando un Motivo di Ricorso Non Può Essere Proposto in Cassazione

Recentemente, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale che può portare a dichiarare un appello inammissibile. Con una chiara ordinanza, i giudici supremi hanno sottolineato che non è possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso che non sia stato precedentemente sollevato davanti alla Corte d’Appello. Questa decisione serve da monito sull’importanza di una strategia difensiva completa fin dai primi gradi di giudizio.

Il caso in esame: la mancata richiesta di pena sostitutiva

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Bologna. L’unico motivo di doglianza sollevato davanti alla Suprema Corte riguardava la presunta mancata applicazione di una pena sostitutiva, una sanzione alternativa alla detenzione prevista dall’articolo 545-bis del codice di procedura penale. Tuttavia, questa specifica richiesta non era mai stata avanzata durante il processo d’appello.

La decisione della Corte di Cassazione e l’inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno applicato un principio consolidato, noto come principio devolutivo, secondo cui il giudizio di legittimità è circoscritto ai soli punti della decisione impugnata che sono stati oggetto di specifica critica nei motivi di appello. Introdurre una nuova questione in Cassazione viola questa regola fondamentale, poiché impedisce al giudice d’appello di pronunciarsi su di essa.

Le motivazioni

La motivazione della Corte è stata netta e concisa. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché il motivo dedotto – la mancata applicazione della pena sostitutiva – non era mai stato sottoposto all’attenzione del giudice di secondo grado. La Corte ha richiamato un proprio precedente (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023) per rafforzare la propria posizione, confermando che le questioni non devolute al giudice d’appello non possono trovare ingresso nel giudizio di Cassazione. La conseguenza di questa declaratoria di inammissibilità non è stata solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della cassa delle ammende, una sanzione prevista per scoraggiare ricorsi pretestuosi o proceduralmente errati.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica. Sottolinea la necessità per la difesa di articolare in modo completo ed esaustivo tutte le censure e le richieste già nel giudizio di appello. Omettere un motivo di doglianza in questa fase preclude irrimediabilmente la possibilità di farlo valere successivamente davanti alla Corte di Cassazione. Una difesa attenta e previdente deve quindi considerare tutte le possibili argomentazioni fin da subito, per evitare che un appello inammissibile vanifichi ogni possibilità di riforma della sentenza e comporti ulteriori oneri economici per l’assistito.

È possibile presentare un nuovo motivo di ricorso per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione?
No, l’ordinanza stabilisce che un motivo di ricorso è inammissibile se non è stato precedentemente sollevato davanti al giudice d’appello. La Corte di Cassazione non può esaminare questioni non dedotte nei gradi di merito.

Qual era il motivo di ricorso nel caso specifico?
Il motivo del ricorso era la mancata applicazione di una pena sostitutiva, come previsto dall’art. 545-bis del codice di procedura penale.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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