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Appello inammissibile: l’onere di allegazione

La Corte di Cassazione dichiara un appello inammissibile a causa della mancata allegazione della dichiarazione di domicilio all’atto di impugnazione, come richiesto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. (introdotto dalla Riforma Cartabia). La sentenza sottolinea che non è sufficiente aver eletto domicilio in precedenza, ma è necessario che l’atto di appello lo alleghi o vi faccia specifico riferimento, indicandone la collocazione nel fascicolo processuale. Viene così confermata la decisione della Corte d’Appello, stabilendo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Inammissibile: L’Importanza della Dichiarazione di Domicilio

Nel processo penale, i requisiti formali non sono meri cavilli burocratici, ma garanzie fondamentali per il corretto svolgimento del giudizio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando un appello inammissibile a causa della mancata osservanza di un preciso onere introdotto dalla Riforma Cartabia. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere come un dettaglio procedurale, come l’allegazione della dichiarazione di domicilio, possa precludere l’accesso al secondo grado di giudizio.

Il Caso: Dalla Condanna all’Appello Inammissibile

La vicenda processuale ha origine con la condanna di un imputato da parte del Tribunale per il reato previsto dall’art. 497-ter del codice penale. L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva appello avverso tale sentenza. Tuttavia, la Corte d’Appello competente dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione? La violazione dell’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, che impone di depositare, unitamente all’atto di appello, la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato.

L’imputato decideva quindi di ricorrere per cassazione, sostenendo che tale onere non fosse necessario nel suo caso, poiché non si era proceduto in sua assenza e aveva già eletto domicilio nel corso del primo grado di giudizio.

La Disciplina dell’Appello e la Riforma Cartabia

Il cuore della questione risiede nelle modifiche introdotte dal D.Lgs. 150/2022 (la cosiddetta Riforma Cartabia). L’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., nella sua versione applicabile al caso (ratione temporis), stabiliva a pena di inammissibilità che l’atto di impugnazione delle parti private dovesse essere accompagnato dalla dichiarazione o elezione di domicilio per le notificazioni del giudizio di appello.

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, chiarisce che la censura del ricorrente non coglie la ratio decidendi della Corte d’Appello. Il problema non era se l’imputato avesse o meno eletto domicilio in precedenza, ma la sua mancata allegazione all’atto di appello. La norma, nel suo tenore letterale, richiede un deposito contestuale.

L’Interpretazione della Cassazione che porta all’appello inammissibile

Gli Ermellini richiamano la giurisprudenza consolidata, inclusa una recentissima pronuncia delle Sezioni Unite (n. 6578/2024), per chiarire la portata della norma. Sebbene l’art. 581, comma 1-ter, sia stato recentemente abrogato (con effetto dal 25 agosto 2024), esso continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte prima di tale data, come quella in esame.

Il Principio delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite hanno fornito un’interpretazione dirimente: per soddisfare il requisito, è sufficiente che l’atto di impugnazione contenga un richiamo espresso e specifico a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, indicandone con precisione la collocazione nel fascicolo processuale. Questo permette una facile e inequivocabile individuazione del luogo per le notifiche.

Nel caso di specie, tale richiamo era completamente assente. L’atto di appello era silente sul punto, rendendo inevitabile la sanzione dell’inammissibilità.

La Questione di Legittimità Costituzionale

La Corte rigetta anche le velate obiezioni di incostituzionalità. L’onere di allegazione non limita il diritto di difesa (art. 24 Cost.), la presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost.) o il diritto a un giusto processo (art. 111 Cost.). Si tratta, piuttosto, di una modalità di esercizio del diritto di impugnazione, volta a garantire la certezza e la celerità delle notificazioni, che non comprime il diritto sostanziale dell’imputato ma ne regola l’esercizio attraverso il suo difensore.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione di inammissibilità su tre pilastri fondamentali. In primo luogo, il ricorso non si confrontava adeguatamente con la motivazione della Corte d’Appello, che verteva sulla mancata allegazione e non sull’esistenza di una precedente elezione di domicilio. In secondo luogo, il tenore letterale dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., e l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza, incluse le Sezioni Unite, richiedono un adempimento formale specifico (allegazione o richiamo espresso) che nel caso concreto è mancato. Infine, la Corte ha ribadito la manifesta infondatezza di ogni questione di legittimità costituzionale, ritenendo la norma una legittima regolamentazione delle modalità di esercizio del diritto di impugnazione.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito sull’importanza del rigore formale nel processo penale, specialmente alla luce delle recenti riforme. Sebbene la norma specifica sia stata abrogata, il principio sottostante rimane valido: la collaborazione tra le parti e il rispetto delle regole procedurali sono essenziali per assicurare l’efficienza e la correttezza del giudizio. Per i difensori, ciò si traduce nella necessità di una meticolosa attenzione nella redazione degli atti di impugnazione, per evitare che un appello inammissibile vanifichi il diritto di difesa del proprio assistito.

È sufficiente aver eletto domicilio nel corso del primo grado per presentare un appello valido secondo la normativa transitoria della Riforma Cartabia?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione, sulla scia delle Sezioni Unite, ha chiarito che l’atto di appello deve contenere l’allegazione della dichiarazione di domicilio oppure un richiamo espresso e specifico a una precedente dichiarazione, indicandone la precisa collocazione nel fascicolo processuale. La sola esistenza di una precedente elezione di domicilio non è bastante.

La mancata allegazione della dichiarazione di domicilio rende sempre un appello inammissibile?
Sì, per le impugnazioni proposte nel periodo di vigenza dell’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale (ovvero prima del 25 agosto 2024), la mancata allegazione o il mancato richiamo specifico alla dichiarazione di domicilio è causa di inammissibilità dell’appello, come espressamente previsto dalla norma.

La norma che ha introdotto questo onere (art. 581, co. 1-ter c.p.p.) è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione?
No. La Corte di Cassazione ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata. Ha stabilito che tale disposizione non limita il diritto di difesa né altri principi costituzionali, ma si limita a regolare le modalità di esercizio del diritto di impugnazione per garantire la funzionalità del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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