Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 35425 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 35425 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Foggia il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 11/04/2024 della Corte di appello di Bari; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 11/04/2024, la Corte di appello di Bari ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello presentato, nell’interesse di NOME COGNOME, avverso la sentenza con cui, il precedente 11/10/2023, il Tribunale di Trani aveva affermato la penale responsabilità del predetto in ordine alla contravvenzione di guida in stato di alterazione dovuta all’assunzione di stupefacenti, aggravata dalla causazione di un sinistro e dall’essersi verificato il fatto in orario notturno e, per l’effetto, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del NOME, AVV_NOTAIO, che ha articolato due motivi di ricorso, di
seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza della norma processuale di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.
Sostiene, in specie, che, nella decisione oggetto d’impugnativa, si sarebbe fatta erronea applicazione dell’evocato disposto normativo, essendosi dichiarata l’inammissibilità dell’atto di appello ancorché questo contenesse la prescritta elezione di domicilio da parte dell’appellante, presente nel giudizio di primo grado.
2.2. Con il secondo motivo si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., dell’inosservanza dell’indicata norma processuale sotto altro profilo.
Assume, in particolare, che, contrariamente a quanto opinato dai giudici di secondo grado, sarebbe sufficiente, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnativa, anche un’elezione o dichiarazione di domicilio non richiamata o allegata nell’atto di appello.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale non partecipata, in assenza di richiesta di trattazione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME è manifestamente infondato per le ragioni che, di seguito, si espongono.
Destituiti di fondamento sono entrambi i motivi di ricorso, con cui si lamenta l’inosservanza della norma processuale di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., sostenendo, per un verso, che, con la decisione impugnata, si sarebbe erroneamente dichiarata l’inammissibilità dell’appello, in quanto questo, a ben vedere, conterrebbe l’elezione di domicilio da parte dell’appellante e, per altro verso, che si sarebbe illegittimamente ritenuta non idonea, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnativa, anche l’elezione o la dichiarazione di domicilio non richiamate o allegate nell’atto di appello.
Rileva preliminarmente il Collegio che la natura processuale delle dedotte doglianze legittima la diretta consultazione degli atti, costituendo principio consolidato quello secondo «In tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un “error in procedendo” ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto
e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali» (così: sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, NOME, Rv. 255304-01, nonché, in precedenza, Sez. 4, n. 47891 del 28/09/2004, COGNOME e altri, Rv. 230568-01).
Tanto premesso, si osserva che, avendo l’imputato presenziato alla celebrazione del giudizio di primo grado e risalendo la presentazione del suo appello a data antecedente all’agosto del 2024, trova applicazione, nel caso di specie, il disposto dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., a termini del quale «Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio», pur se la norma de qua risulta abrogata dall’art. 2, comma 1, lett. o), della legge n. 114 del 2024, a far data dal 25/08/2024.
La Suprema Corte, nel suo più ampio consesso, ha chiarito, infatti, che «La disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024, continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024» (così: Sez. U. n. 13808 del 24/10/2024, dep. 08/04/2025, De COGNOME, Rv. 287855-01).
Quanto testé precisato rende evidente l’insussistenza del dedotto vizio di inosservanza dell’indicata norma processuale, atteso che non risulta depositata, in uno all’atto di appello, la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, richiesta ex lege, a pena d’inammissibilità dell’impugnativa, in funzione della notifica a quest’ultimo del decreto di citazione per il giudizio di secondo grado.
E invero, si rinviene agli atti solo una nomina difensiva, datata 08/11/2021 (epoca in cui era in corso di celebrazione il giudizio di primo grado) e contenente, altresì, una dichiarazione di domicilio di NOME NOME, un mandato a impugnare e una procura speciale per la presentazione di richieste di definizione del giudizio con riti alternativi.
Questa, purtuttavia, non può ritenersi idonea a soddisfare la previsione di cui al menzionato art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., in quanto difetta, nell’atto di gravame, un richiamo, espresso e specifico, alla precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, valevole a consentire la pronta individuazione del luogo in cui effettuare la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado.
Al riguardo, giova, infatti, richiamare, l’autorevole insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte che, nella pronunzia dianzi indicata, hanno altresì affermato che «In tema di impugnazioni, l’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto, a pena di inammissibilità dell’atto
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d’impugnazione, dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., può essere assolto anche con il richiamo espresso e specifico, in esso contenuto, a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca indicazione del luogo in cui eseguire la notificazione» (in tal senso: Sez. U. n. 13808 del 24/10/2024, dep. 08/04/2025, De COGNOME, Rv. 287855-02).
Da ultimo, va posto in rilievo che non è maturata, in ordine alla contravvenzione per cui v’è condanna, la causa estintiva della prescrizione, posto che, pur essendo trascorso dai fatti un lasso temporale eccedente il quinquennio, non risulta spirato il termine massimo prescrizionale previsto dall’art. 161, comma 2, cod. pen., in quanto, per l’epoca di commissione del reato, compresa tra il 03/08/2017 e il 31/12/2019, trovano applicazione le sospensioni del suo decorso per il tempo g/ un anno e sei mesi, stabilite, e per il giudizio di appello e per quello di cassazione, ex art. 159, comma 2, cod. pen., come novellato dall’art. 1, comma 11, lett. b), della legge n. 103 del 2017, abrogato, con riguardo ai fatti commessi a far data dall’01/01/2020, dall’art. 1, comma 1, lett. e), n. 2, della legge n. 3 del 2019.
Sul punto, giova, infatti, richiamare l’autorevole insegnamento della Suprema Corte, che, pronunziando a Sezioni Unite, ha affermato che «La disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159 cod. pen., nel testo introdotto dall’art. 1 legge 23 giugno 2017, n. 103, si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della legge stessa, ovvero dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, non essendo stata abrogata con effetti retroattivi dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, prima, e dalla legge 27 novembre 2021, n. 134, poi, mentre per i reati commessi dall’i gennaio 2020 si applica la disciplina posta a sistema dalla legge n. 134 del 2021» (in tal senso: Sez. U. n. 20989 del 12/12/2024, dep. 05/06/2025, P.G. c/Polichetti, Rv. 288175-01).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/09/2025