Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23379 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23379 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Ripatransone il 27/12/1955
avverso la sentenza del 14/10/2024 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni formulate per iscritto in data 10/04/2025 dal Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’ inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 14 ottobre 2024 la Corte di appello di L’Aquila ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME imputato del delitto di cui all’art. 216 L.F., avverso la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di questi dal Tribunale di Teramo in data 17 febbraio 2023, per non essere stata allegata all’atto di gravame l’elezione o la dichiarazione di domicilio dell’imputato, come richiesto dall’art. 581, comma 1ter , cod. proc. pen.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, denunciando, con un solo motivo, la violazione dell’art. 581, comma 1ter , cod. proc.
pen. e deducendo che, dopo il deposito dell’atto di appello, era intervenuta nomina di nuovo difensore di fiducia, con revoca del precedente, corredata da elezione di domicilio dell’imputato, regolarmente depositata presso la Corte di appello di L’Aquila, tanto vero che il ricorrente aveva ricevuto la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello presso il domicilio eletto ed era regolarmente comparso nel detto giudizio.
Dunque, giusta la ratio della norma evocata, come anche lumeggiata dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13808 del 24/10/2024, dep. 2025, De COGNOME, ossia, quella di rendere agevole la notifica all’imputato del decreto di citazione per il giudizio di appello, la rilevata invalidità dell’atto di impugnazione, doveva considerarsi sanata per il conseguimento dello scopo. Diversamente opinando, si irrogherebbe all’imputato una sanzione processuale manifestamente sproporzionata e si adotterebbe una soluzione improntata a sterile formalismo, suscettibile di porsi in contrasto il diritto di accesso al giudizio di impugnazione, garantitogli anche dalle fonti sovrannazionali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Le Sezioni Unite COGNOME (sentenza n. 13808 del 24/10/2024, dep. 2025) hanno enunciato il principio di diritto secondo cui «L’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto, a pena di inammissibilità dell’atto d’impugnazione, dall’art. 581, comma 1ter , cod. proc. pen., può essere assolto anche con il richiamo espresso e specifico, in esso contenuto, ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione», precisando che la dichiarazione o elezione di domicilio non deve necessariamente essere successiva alla sentenza impugnata, purché la stessa sia richiamata, in maniera espressa e specifica nell’atto d’impugnazione, con l’indicazione della relativa collocazione nel fascicolo processuale, in modo che sia immediatamente e inequivocabilmente individuabile per la notificazione del decreto di citazione a giudizio dell’imputato.
Il Collegio ha, dunque, aderito alla tesi secondo la quale la ratio della disposizione di cui all’art. 581, comma 1ter , cod. proc. pen., oggi abrogata dalla legge n. 114 del 2024, è da individuare nella volontà legislativa (come cristallizzata nel d.lgs. n. 150 del 2022) di promuovere impugnazioni consapevoli e garantire la celere e certa notificazione dell’atto introduttivo del giudizio d’impugnazione, assicurando così la regolare celebrazione del giudizio d’appello e limitando ricorsi a rimedi successivi.
La Corte, nella medesima composizione, ha enunciato l’ulteriore principio di diritto secondo cui «La disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1ter , cod. proc. pen. abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024» e ha spiegato le ragioni ad esso sottese, evidenziando come «l’atto d’impugnazione, considerato isolatamente e nel suo aspetto formale (non, dunque, nella prospettiva del diritto di proporre l’impugnazione e della legge a esso applicabile), abbia effetti istantanei, che si esauriscono senza residui nel suo puntuale compimento», di modo che «in applicazione del principio di cui all’art. 11 preleggi, deve aversi riguardo alla disciplina vigente al momento del compimento dell’atto stesso».
Così illustrati gli snodi concettuali dell’autorevole decisione, ai fini della soluzione della questione sottoposta all’odierno Collegio, ossia, se sia o meno emendabile l’inammissibilità dell’impugnazione prodottasi in conseguenza del mancato adempimento dell’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto dall’art. 581, comma 1ter , cod. proc. pen., nei temini indicati dalle Sezioni Unite De Felice, è indispensabile soffermarsi sul nucleo essenziale della comminata sanzione processuale e, quindi, verificare se, anche alla stregua del dato normativo, la stessa sia emendabile in ragione del raggiungimento, aliunde, dello scopo avuto di mira dalla norma che la prevede.
2.1. Invero, secondo il diritto vivente (Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, COGNOME, Rv. 219531 – 01; Sez. U, n. 11493 del 24/06/1998, COGNOME, Rv. 211469 – 01; Sez. U, n. 21 del 11/11/1994, dep. 1995, COGNOME, Rv. 199903 – 01), la mancanza, nell’atto di impugnazione, dei requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen., compreso quello della specificità dei motivi, rende l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre, quindi, quegli effetti cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità. Viene in rilievo, in sostanza, un’impugnazione soltanto apparente, che si caratterizza per l’inidoneità dell’atto di parte a mantenere in vita il rapporto processuale e che determina, pertanto, la formazione del giudicato sostanziale sulla sentenza oggetto di impugnazione.
2.2. Dal che discende, quale necessitato corollario, che il vizio radicale che affligge l’atto di impugnazione non può essere sanato. Tale enunciato trova conforto nella giurisprudenza di questa Corte, espressasi nel senso che: «In materia di impugnazioni, l’indicazione di motivi generici nel ricorso in appello non può essere superata mediante l’integrazione effettuata a mezzo di memorie presentate in sede di discussione o di motivi aggiunti depositati nei termini di legge» (Sez. 5, n. 2425 del 31/10/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287496 – 02); «L’inammissibilità di un motivo del ricorso principale cui si colleghi un motivo aggiunto, idoneo, in astratto, a colmarne i difetti, travolge quest’ultimo, non potendo essere tardivamente sanato il vizio radicale dell’impugnazione
originaria; e ciò vale anche nel caso in cui il ricorso non sia integralmente inammissibile perché contenente altri motivi immuni da vizi» (Sez. 5, n. 8439 del 24/01/2020, L., Rv. 278387 – 01); «È inammissibile il motivo di impugnazione con cui venga dedotta una violazione di legge che non sia stata eccepita nemmeno con l’atto di appello, non avendo l’intervenuta trattazione della questione da parte del giudice di secondo grado efficacia sanante ” ex post “» (Sez. 3, n. 21920 del 16/05/2012, COGNOME Rv. 252773 – 01); «L’inammissibilità dell’impugnazione conseguente al fatto che la stessa sia stata presentata nella cancelleria del giudice ” ad quem ” anziché in quella del giudice ” a quo “, come invece disposto dall’art. 582 cod. proc. pen., non è suscettibile di sanatoria; in particolare non può al riguardo trovare applicazione la previsione di cui all’art. 568, comma 5, stesso codice, che disciplina il diverso caso in cui l’impugnazione sia proposta ad un giudice incompetente (cui fa obbligo di trasmettere gli atti a quello competente) e che, dunque, attenendo alla sola ipotesi della proposizione del gravame, non concerne quella relativa alle modalità della sua presentazione, disciplinate appunto dal ricordato art. 582, e la cui inosservanza, a tenore dell’art. 591, comma 1, lett. c ) cod. proc. pen., determina l’inammissibilità dell’impugnazione» (Sez. 1, n. 4706 del 17/11/1992, dep. 1993, Vittorio, Rv. 192677 – 01).
Del resto, giova ricordare che le disposizioni codicistiche che disciplinano le ipotesi di sanatoria di invalidità processuali, ossia gli artt. 183 e 184 cod. proc. pen., si riferiscono soltanto alle ‘nullità’ e non anche alle ‘inammissibilità’.
Tutto quanto sopra esposto comporta che gli effetti del giudicato sostanziale, prodottisi per effetto dell’inammissibilità dell’atto di impugnazione, discendente dalla violazione dell’art. 581, comma 1ter , cod. proc. pen., come interpretato dal diritto vivente, non sono suscettibili di sanatoria, di modo che è privo di rilievo l’accertato conseguimento della finalità della citazione a giudizio dell’imputato (in termini, Sez. 5, n. 4330 del 14/11/2024, dep. 2025, G, non massimata).
Venendo al caso in esame, sulla base dell’esame degli atti processuali, va rilevato quanto segue.
4.1. All’atto di appello avverso la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Teramo in data 17 febbraio 2023 nei confronti di NOME COGNOME presentato in data 30 giugno 2023 dai suoi difensori, Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME risulta allegata ‘Procura speciale’, conferita ai predetti difensori e sottoscritta da NOME COGNOME che non contiene alcuna elezione o dichiarazione di domicilio da questi effettuata, né alcun richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale.
Soccorre, al riguardo, il principio di diritto, che s’intende ribadire, secondo cui, ai fini di una valida dichiarazione o elezione di domicilio, non è sufficiente la semplice
indicazione, in un atto processuale, della residenza o del domicilio dell’indagato (o dell’imputato), essendo necessaria una sua manifestazione di volontà in ordine alla scelta tra i luoghi indicati dall’art. 157 cod. proc. pen., con la consapevolezza degli effetti di tale scelta (Sez. 2, n. 18469 del 01/03/2022, COGNOME, Rv. 283180 – 01; Sez. 2, n. 7834 del 28/01/2020, COGNOME, Rv. 278247 – 01; Sez. 4, n. 7118 del 23/05/2000, COGNOME, Rv. 216607 – 01).
4.2. In data 23 febbraio 2024, a termini di impugnazione ormai scaduti, l’Avvocato NOME COGNOME nuovo difensore dell’imputato, costituitosi in revoca dei precedenti, ha depositato presso la Cancelleria della Corte di appello abruzzese dichiarazione di nomina e procura speciale a impugnare, corredate da elezione di domicilio dell’imputato idonea ai sensi dell’art. 581, comma 1ter , cod. proc. pen.; domicilio presso il quale ha avuto luogo la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello.
4.3. Di tanto dato atto, considerato che la dichiarazione o l’elezione di domicilio, anche con le modalità di allegazione declinate dalle Sezioni Unite De Felice, costituisce un requisito intrinseco ed immanente dell’atto di impugnazione, previsto a pena di inammissibilità dalla disposizione di cui all’art. 581, comma 1ter , cod. proc. pen., ratione temporis vigente, e che, avuto riguardo al profilo delle modalità di proposizione, l’atto d’impugnazione produce «effetti istantanei, che si esauriscono senza residui nel suo puntuale compimento» (così, Sezioni Unite De COGNOME, in motivazione), deve escludersi l’efficacia sanante ex post del successivo deposito di una regolare elezione o dichiarazione di domicilio dell’imputato.
S’impone, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07/05/2025.