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Appello inammissibile: Confessione e prescrizione

La Corte di Cassazione dichiara un appello inammissibile presentato da un imputato che, pur avendo confessato, chiedeva il proscioglimento nel merito anziché la declaratoria di prescrizione del reato. La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, poiché la confessione e la definitività dell’accertamento di responsabilità precludono una valutazione di ‘evidente non colpevolezza’. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello inammissibile: Quando la confessione esclude l’assoluzione per prescrizione

Quando un reato si estingue per prescrizione, l’imputato ha ancora diritto a un’assoluzione piena se la sua innocenza è evidente? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre una risposta netta, soprattutto nei casi in cui l’imputato ha confessato. L’esito è una declaratoria di appello inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Quest’ultima, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva dichiarato l’estinzione dei reati ascritti all’imputato per intervenuta prescrizione. Nonostante l’esito formalmente favorevole, l’imputato ha deciso di impugnare la sentenza, sostenendo che il giudice avrebbe dovuto proscioglierlo nel merito, ai sensi dell’art. 129, comma 2, del codice di procedura penale, poiché, a suo dire, non sussistevano elementi sufficienti a fondare un giudizio di colpevolezza.

La questione dell’appello inammissibile e la tesi del ricorrente

Il ricorrente ha basato la sua difesa su un principio fondamentale del diritto processuale penale: la formula di proscioglimento nel merito (ad esempio, “perché il fatto non sussiste”) prevale sulla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. Questo accade quando dagli atti emerge in modo evidente l’innocenza dell’imputato. L’imputato, quindi, non chiedeva un nuovo esame dei fatti, ma sosteneva che la Corte d’Appello avrebbe dovuto riconoscere la sua non colpevolezza in modo palese, assolvendolo con formula piena.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto completamente la tesi difensiva, dichiarando l’appello inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità. Le motivazioni dei giudici sono chiare e si basano su due pilastri logico-giuridici.

In primo luogo, il ricorso non si confrontava adeguatamente con la sentenza impugnata. La Corte d’Appello, infatti, aveva già valutato la possibile applicazione dell’art. 129, comma 2, c.p.p., ma l’aveva esclusa. La ragione di tale esclusione era determinante: l’imputato era reo confesso.

In secondo luogo, la Corte di Cassazione ha sottolineato che l’appello presentato in secondo grado aveva come unico oggetto il trattamento sanzionatorio. Ciò significa che l’imputato non contestava l’accertamento della sua responsabilità penale, ma solo la misura della pena. Di conseguenza, la sua colpevolezza era stata già definitivamente accertata dal giudice di primo grado e non messa in discussione nel successivo grado di giudizio. La confessione e l’oggetto dell’appello rendevano impossibile sostenere che dagli atti emergesse con ‘evidenza’ la non colpevolezza, requisito indispensabile per far prevalere l’assoluzione sulla prescrizione.

Le Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: non si può chiedere un’assoluzione nel merito quando la responsabilità è stata già ammessa tramite confessione e l’impugnazione riguarda unicamente la pena. L’istituto del proscioglimento ex art. 129, comma 2, c.p.p. è riservato a situazioni di palese innocenza, incompatibili con una confessione. Un ricorso che ignora questi presupposti è destinato a essere dichiarato appello inammissibile.

La conseguenza pratica per il ricorrente è stata severa: non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione, prevista dall’art. 616 c.p.p., viene applicata quando si ritiene che la parte abbia proposto l’impugnazione senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità. In altre parole, l’impugnazione non solo era infondata, ma proposta con una negligenza tale da giustificare una sanzione economica.

Un imputato può chiedere l’assoluzione nel merito se il suo reato è caduto in prescrizione?
Sì, ma solo se dagli atti del processo emerge in modo evidente la prova della sua innocenza. In tal caso, la formula di assoluzione prevale sulla dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.

Perché in questo caso specifico il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputato era reo confesso e il suo precedente appello riguardava solo la misura della pena, non la sua colpevolezza. La confessione e l’accettazione della responsabilità sono incompatibili con l’esistenza di una ‘evidente’ prova di non colpevolezza.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende a titolo di sanzione per aver proposto un ricorso senza fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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