Appello in Cassazione: Perché i Motivi Nuovi Portano all’Inammissibilità
L’ordinamento processuale penale prevede una struttura rigida per le impugnazioni, volta a garantire certezza e ordine nello svolgimento dei giudizi. Un principio cardine di questo sistema è che non si possono presentare motivi di doglianza per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione se questi non sono stati sollevati nel precedente grado di appello. Una recente ordinanza della Suprema Corte ribadisce con chiarezza questa regola, dichiarando inammissibile un appello in Cassazione proprio per questa ragione.
Il Contesto del Ricorso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da una cittadina avverso una sentenza della Corte d’Appello di una città del nord Italia. La ricorrente sollevava due questioni principali: in primo luogo, contestava la mancata esclusione di una circostanza aggravante prevista dall’articolo 61, n. 5, del codice penale; in secondo luogo, lamentava l’eccessività della pena che le era stata inflitta.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Principio dell’Inammissibilità
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile in modo netto e conciso. I giudici hanno osservato che entrambi i motivi proposti non erano “consentiti”. La ragione non risiede nel merito delle questioni, ma in un vizio procedurale fondamentale: le censure relative all’aggravante e alla pena non erano state sollevate nei motivi presentati alla Corte d’Appello.
Questo vizio rende l’impugnazione inammissibile fin dall’origine, secondo un principio consolidato nella giurisprudenza e sancito espressamente dalla legge.
L’Importanza di Dedurre Tutti i Motivi in Appello
La decisione si fonda sull’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che le violazioni di legge non possono essere denunciate in Cassazione se non sono state prima dedotte nei motivi di appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
La Suprema Corte ha richiamato il suo orientamento costante, citando una storica sentenza delle Sezioni Unite (la n. 15 del 1999), che ha chiarito come la mancata deduzione di una violazione di legge nel giudizio di secondo grado costituisca una causa di inammissibilità “originaria” dell’impugnazione. In sostanza, il sistema processuale impedisce alla parte di “scegliere” quando sollevare una certa questione, obbligandola a presentare tutte le sue doglianze al primo giudice competente a esaminarle nel merito, ovvero la Corte d’Appello.
Le motivazioni
La Corte Suprema ha basato la sua decisione su un principio consolidato del diritto processuale. I giudici hanno rilevato che entrambi i motivi di ricorso – la contestazione della circostanza aggravante e la presunta eccessività della pena – erano questioni di legge non sollevate nell’atto di appello. Citando l’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, la Corte ha ribadito che l’omessa deduzione di una questione giuridica nel gravame di merito comporta l’inammissibilità originaria del successivo ricorso per cassazione. La pronuncia fa riferimento a precedenti chiave, inclusa una fondamentale decisione delle Sezioni Unite, confermando che si tratta di un orientamento costante della Corte. Pertanto, il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le conclusioni
L’ordinanza conferma una regola fondamentale del processo penale: l’appello in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità i cui motivi sono tassativamente previsti. Le parti hanno l’onere di articolare tutte le loro difese e contestazioni al primo momento utile, ovvero nel giudizio di appello. Introdurre nuove questioni per la prima volta davanti alla Suprema Corte determina un’inevitabile dichiarazione di inammissibilità, con la conseguenza di rendere definitiva la condanna e di dover sostenere le spese processuali e il pagamento di una sanzione. Questo funge da monito cruciale per gli operatori del diritto sull’importanza di una strategia processuale completa e tempestiva sin dalle prime fasi dell’impugnazione.
È possibile presentare per la prima volta un motivo di ricorso direttamente in Cassazione?
No, la Corte ha stabilito che la denuncia di violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello costituisce causa di inammissibilità originaria dell’impugnazione, salvo che si tratti di questioni rilevabili d’ufficio.
Qual è la conseguenza se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La conseguenza è la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Su quale norma si basa la decisione di inammissibilità per motivi non dedotti in appello?
La decisione si basa sull’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, che prescrive a pena di inammissibilità che le violazioni di legge siano state sollevate nel precedente grado di appello.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34967 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34967 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/12/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che entrambi i motivi di ricorso, con i quali si contesta la manca esclusione dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 5, cod. pen. e la cons eccessività della pena irrogata, non sono consentiti, in quanto hanno ad ogg una inosservanza di legge non dedotta in sede di appello, secondo quan prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen richiamato, in proposito, l’orientamento costante di questa Corte secondo cu denuncia di violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello costituisce di inammissibilità originaria dell’impugnazione (vedi Sez. U, n. 15 del 30/06/19 Piepoli, Rv. 213981-01; Sez. 5, n. 12181 del 20/01/2022, COGNOME, n massimata).
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 9 luglio 2024.