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Appello in assenza: la Cassazione e il tempus regit actum

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato in assenza. L’appello era stato rigettato per mancanza del mandato specifico richiesto dalla legge vigente al momento del deposito. La Corte ribadisce che in materia processuale vige il principio ‘tempus regit actum’, escludendo l’applicazione retroattiva di norme procedurali più favorevoli sopravvenute. Pertanto, la validità di un appello in assenza si giudica in base alle regole in vigore quando l’atto è stato compiuto.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello in Assenza: la Legge del Momento è Sovrana

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine della procedura penale: la validità degli atti processuali si giudica in base alla legge in vigore al momento del loro compimento. Questo caso riguarda specificamente la disciplina dell’appello in assenza e chiarisce che una modifica legislativa più favorevole, intervenuta successivamente, non può sanare un’impugnazione presentata in modo non conforme alla normativa allora vigente. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Firenze nei confronti di un imputato, giudicato in assenza, per detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La pena inflitta era di sei mesi di reclusione e una multa, con pena sospesa.

Il difensore di fiducia dell’imputato proponeva appello, ma la Corte di appello di Firenze lo dichiarava inammissibile. Il motivo? Al momento della presentazione dell’impugnazione, la normativa (specificamente l’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia) richiedeva che l’appello per un imputato assente fosse accompagnato da un mandato specifico a impugnare, rilasciato dopo la sentenza di primo grado. Tale documento non era stato depositato.

La Questione Giuridica: Successione di Leggi e Appello in Assenza

Contro la decisione di inammissibilità, il difensore ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua argomentazione su un punto cruciale: una legge successiva (L. n. 114/2024) aveva modificato la norma in questione, eliminando l’obbligo del mandato specifico per gli appelli presentati dal difensore di fiducia.

Secondo la difesa, questa nuova norma, essendo più favorevole, avrebbe dovuto essere applicata retroattivamente, secondo il principio del favor rei (art. 2 c.p.). Si sosteneva che la rigida applicazione del principio tempus regit actum (la legge regola gli atti compiuti sotto il suo vigore) avrebbe leso il diritto di difesa e altri principi costituzionali.

La Decisione della Cassazione e il Principio Tempus Regit Actum

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno tracciato una distinzione netta e fondamentale tra norme penali sostanziali e norme processuali:

Norme Sostanziali: Sono quelle che definiscono i reati e le pene. Solo a queste si applica il principio del favor rei* e della retroattività della legge più favorevole.
Norme Processuali: Sono quelle che regolano lo svolgimento del processo. Per queste vige inderogabilmente il principio tempus regit actum*.

L’atto di impugnazione è un atto processuale. La sua validità e ammissibilità devono essere valutate esclusivamente sulla base delle regole in vigore nel momento in cui viene depositato. Una legge successiva non può avere l’effetto di ‘resuscitare’ un atto che, al momento del suo compimento, era legalmente viziato e, quindi, inammissibile.

Nessuna Violazione Costituzionale

La Corte ha anche respinto le censure di incostituzionalità. I requisiti formali per l’impugnazione dell’imputato assente, come il mandato specifico, non limitano il diritto di difesa, ma ne regolamentano l’esercizio. L’obiettivo di tali norme è garantire che l’imputato sia effettivamente a conoscenza del processo e della volontà di impugnare, rendendolo un assente ‘consapevole’.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla natura intrinseca delle norme procedurali. Queste norme sono disegnate per assicurare un ordinato e certo svolgimento del processo. Consentire una loro applicazione retroattiva creerebbe un caos giuridico, rendendo incerto lo status di innumerevoli atti già compiuti. Il principio tempus regit actum garantisce la certezza del diritto e la stabilità dei rapporti processuali.

La Corte ha sottolineato che non esiste una categoria intermedia di norme ‘miste’ (sostanziali e processuali). Ogni norma va classificata in base al suo carattere prevalente. Le disposizioni sull’ammissibilità degli appelli sono inequivocabilmente di natura processuale. Pertanto, l’appello, presentato quando la legge richiedeva un adempimento specifico e non avendolo soddisfatto, era e rimane inammissibile.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale costante e offre un monito importante per gli operatori del diritto. La diligenza nel rispetto delle formalità processuali è fondamentale, poiché l’ammissibilità di un’impugnazione è determinata dalle regole vigenti al momento esatto del suo deposito. Attendere o sperare in un futuro cambiamento legislativo non è una strategia percorribile, poiché le modifiche alle regole del gioco processuale, di norma, non hanno effetto retroattivo. La decisione della Corte di Appello è stata quindi confermata, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Se cambiano le regole per presentare un appello dopo che l’ho già depositato, posso beneficiare della nuova legge più favorevole?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che si applica il principio tempus regit actum: l’ammissibilità dell’appello si valuta in base alla legge in vigore al momento del suo deposito, non in base a norme successive.

Perché è stato dichiarato inammissibile l’appello in questo caso?
L’appello è stato dichiarato inammissibile perché, al momento della sua presentazione, la legge (art. 581, comma 1-quater c.p.p.) richiedeva, per l’imputato giudicato in assenza, il deposito di uno specifico mandato a impugnare rilasciato dopo la sentenza, e tale documento non era stato prodotto.

Il principio del favor rei (legge più favorevole all’imputato) si applica anche alle norme processuali?
No. La Corte ha ribadito che il principio del favor rei, che prevede la retroattività della legge più favorevole, si applica solo alle norme penali sostanziali (quelle che definiscono i reati e le pene), e non alle norme processuali, che sono regolate dal principio tempus regit actum.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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