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Appello imputato detenuto: no elezione domicilio

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di elezione di domicilio, introdotto dalla Riforma Cartabia a pena di inammissibilità dell’appello, non si applica all’imputato detenuto. In un caso di appello imputato detenuto, la Corte ha annullato l’ordinanza di inammissibilità di una Corte d’Appello, affermando che le notifiche al detenuto devono avvenire personalmente presso l’istituto di pena, garantendo così il diritto di accesso alla giustizia. La decisione si basa sul fatto che lo stato detentivo era noto al giudice.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Imputato Detenuto: La Cassazione Annulla l’Inammissibilità per Mancata Elezione di Domicilio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 7089/2025, offre un chiarimento fondamentale sull’applicazione della Riforma Cartabia in relazione all’appello imputato detenuto. La Suprema Corte ha stabilito che l’obbligo di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio, previsto a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, non si applica all’imputato che si trovi in stato di detenzione, anche se per un’altra causa. Questa decisione riafferma il principio di garanzia del diritto di accesso effettivo alla giustizia.

I Fatti di Causa: L’Appello Dichiarato Inammissibile

Il caso trae origine da un’ordinanza della Corte di Appello di Genova, che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto da un imputato avverso una sentenza di condanna per tentato furto. La ragione dell’inammissibilità risiedeva nella mancata presentazione, unitamente all’atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio, un adempimento introdotto dal d.lgs. n. 150/2022 (la cosiddetta Riforma Cartabia) per snellire le notificazioni.

L’imputato, tuttavia, al momento della presentazione dell’appello si trovava già detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Genova. Proprio su questo punto si è incentrato il suo ricorso per Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge.

L’Applicabilità dell’Art. 581 c.p.p. per l’appello dell’imputato detenuto

La questione giuridica centrale è se la nuova disciplina, pensata per imputati a piede libero, possa essere estesa anche a chi si trova ristretto in un istituto di pena. Il ricorrente ha sostenuto che la norma non dovesse applicarsi alla sua condizione, poiché la legge prevede già una modalità specifica per le notifiche ai detenuti.

La Posizione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza di inammissibilità e rinviando gli atti alla Corte di Appello di Genova per la prosecuzione del giudizio.

I giudici di legittimità hanno seguito l’orientamento giurisprudenziale prevalente, secondo cui la previsione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. non trova applicazione quando l’imputato impugnante è detenuto. Questo perché le notificazioni nei confronti del detenuto devono sempre essere eseguite a mani proprie presso l’istituto di detenzione, come previsto dall’art. 156 c.p.p. Questa procedura speciale costituisce una garanzia rafforzata, volta ad assicurare la piena conoscenza degli atti processuali e, di conseguenza, il diritto di accesso effettivo alla giustizia, sancito anche dall’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha sottolineato che, nel caso di specie, lo stato di detenzione dell’imputato era perfettamente noto alla Corte di Appello. A riprova di ciò, la stessa ordinanza di inammissibilità era stata notificata all’interessato a mani proprie proprio presso la Casa Circondariale. Risulta quindi illogico e contrario ai principi del giusto processo dichiarare inammissibile un appello per mancata elezione di domicilio, quando il domicilio legale del soggetto (l’istituto di pena) è già noto al giudice e costituisce il luogo designato dalla legge per le notifiche.

La Cassazione ha anche esaminato un orientamento minoritario che ritiene applicabile la norma anche al detenuto, ma solo se il suo stato non è noto al giudice. Tuttavia, anche seguendo questa diversa interpretazione, la conclusione non sarebbe cambiata, poiché nel caso in esame la detenzione era un fatto processualmente accertato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida un principio di garanzia fondamentale per i diritti della difesa. Le formalità introdotte per la semplificazione dei processi non possono tradursi in un ostacolo irragionevole all’esercizio del diritto di impugnazione, specialmente per i soggetti più vulnerabili come le persone detenute. La decisione chiarisce che la conoscenza dello stato detentivo da parte dell’autorità giudiziaria rende superflua e inapplicabile la richiesta di elezione di domicilio, poiché la legge già prevede un canale di notifica sicuro ed efficace. In definitiva, la sostanza del diritto alla difesa prevale su un formalismo che, nel contesto specifico, perderebbe la sua stessa ratio.

Un imputato detenuto deve depositare la dichiarazione di elezione di domicilio per presentare appello?
No. Secondo la sentenza, l’obbligo di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio previsto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. non si applica all’imputato che sia detenuto, anche se per altra causa.

Perché la Riforma Cartabia non si applica in questo caso specifico?
Non si applica perché per l’imputato detenuto la legge prevede già una forma di notificazione speciale e garantita (a mani proprie presso l’istituto di pena, ex art. 156 c.p.p.), che assicura il diritto di accesso effettivo alla giustizia. L’elezione di domicilio sarebbe un adempimento superfluo.

Cosa succede se lo stato di detenzione non è noto al giudice che riceve l’appello?
La sentenza cita un orientamento secondo cui la norma sull’elezione di domicilio potrebbe applicarsi se lo stato detentivo non è noto al giudice. Tuttavia, nel caso esaminato, la detenzione era un fatto noto e documentato, rendendo inapplicabile tale eccezione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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