Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23924 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23924 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d’Appello di Bologna dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’imputato, ritenendo violato l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. per non essere stata depositata una valida dichiarazione di domicilio stante la mancata autentica della sottoscrizione di esso ricorrente.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione BEN COGNOME COGNOME lamentando erronea applicazione della legge penale e vizio di inidoneità della motivazione rispetto al predetto art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. quanto alla declaratoria di inammissibilità dell’atto di appello in mancanza di una valida elezione di domicilio.
A fondamento del ricorso ha dedotto, sotto un primo aspetto, che, come evidenziato nel medesimo provvedimento impugnato, il giudizio di primo grado si è celebrato alla presenza dello stesso, che era detenuto per altra causa, sicché non potrebbe trovare applicazione l’invocata disposizione processuale.
Per altro verso, ha posto in rilievo che la sua sottoscrizione non avrebbe dovuto essere autenticata dal difensore, in una fattispecie, come quella per cui è processo, nella quale il mandato era stato conferito a colui il quale era già il proprio difensore di fiducia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.II ricorso è fondato.
Le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio (Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869 – 01).
Sull’abbrivio di tale principio, questa Corte ha ritenuto, in più occasioni, che la previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotta dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 – che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito della dichiarazione o dell’elezione di domicilio unitamente all’atto d’impugnazione, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio – non trova applicazione nel caso in cui l’imputato impugnante sia detenuto, anche se per altra causa, atteso che tale adempimento risulterebbe una formalità inutile e fine a sé stessa a fronte dell’obbligo di procedere alla notificazione a mani proprie dell’imputato detenuto, con
conseguente violazione del diritto all’accesso effettivo alla giustizia sancito dall’art. 24 Cost. e dall’art. 6 CEDU (cfr., ex ceteris, Sez. 6, n. 15666 del 29/02/2024; Sez. 4, n. 4342 del 09/01/2024, Rv. 285749 – 01; Sez. 2, n. 51273 del 10/11/2023, Rv. 285546 – 01; Sez. 2, n. 38442 del 13/09/2023, Rv. 285029 – 01; Sez. 2, n. 33355 del 28/06/2023, Rv. 285021 – 01). Se, infatti, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha più volte ribadito che l’art. 6 della Convenzione non impone agli Stati contraenti la previsione di mezzi di gravame come l’appello o il ricorso per cassazione, ha al contempo puntualizzato che, nondimeno, se questi sono in concreto contemplati negli ordinamenti nazionali nei relativi giudizi devono essere rispettate le garanzie dell’equo processo sancite dal predetto art. 6 (cfr. già Corte europea dei diritti dell’uomo, 17 gennaio 1970, COGNOME c. Belgique). Nell’indicata prospettiva, se sono compatibili con l’equo processo disposizioni che, allo scopo di assicurare una corretta amministrazione della giustizia, regolano le modalità dell’esercizio del pur fondamentale diritto ad impugnare, l’interpretazione di queste regole che ridondi in un eccessivo formalismo si disvela idonea a pregiudicare la garanzia del diritto di accesso a un tribunale “concreto ed effettivo” derivante dall’articolo 6 § 1 della Convenzione (Corte europea dei diritti dell’uomo, 23 ottobre 1996, RAGIONE_SOCIALE c. Francia, § 42; Corte europea dei diritti dell’uomo, 19 dicembre 1997, COGNOME de la Torre c. Spagna, § 32).
Il formalismo eccessivo si realizza, come è noto, a fronte di un’interpretazione particolarmente rigorosa di una norma processuale, che finisce con il precludere l’esame nel merito dell’azione e costituisce un elemento di natura tale da violare il diritto a una tutela effettiva da parte degli organ giurisdizionali (v., tra le altre, Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande Camera, 5 aprile 2018, Zubac c. Croazia, § 82, nonché Corte europea dei diritti dell’uomo, COGNOME c. Francia, 26 luglio 2007, § 29). E, del resto, questo formalismo eccessivo si manifesta proprio quando l’applicazione della norma processuale trasmoda rispetto al suo legittimo scopo, finendo con l’impedire, senza alcuna giustificazione, l’esame dell’impugnazione (Corte europea dei diritti dell’uomo, 28 settembre 2021, Succi c. Italia, §§ 71 ss.).
Ciò che avverrebbe, dunque, ove la disposizione espressa dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., fosse estesa ad un’ipotesi – come quella del detenuto che comunque deve ricevere personalmente le notifiche presso l’istituto penitenziario – per la quale essa non persegue alcun legittimo scopo.
E sebbene tale assunto debba tenere conto dell’esigenza di verificare, nel caso di soggetto detenuto per altra causa, che egli non sia stato rimesso in libertà prima della notifica (cfr. Sez. 5, n. 4606 del 28/11/2023, dep. 2024, Rv. 285973 – 01), nella fattispecie in esame detto problema non viene in rilievo, in
quanto la detenzione dell’imputato si è protratta lungo tutto il corso del giudizio di appello (sicché il decreto di citazione a giudizio doveva essere notificato al medesimo nella struttura detentiva, con conseguente inutilità della facoltà richiesta dalla norma).
Pertanto, in accoglimento del ricorso, l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte d’Appello di Bologna per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli alla Corte d’appello di Bologna per l’ulteriore corso. Così deciso in Roma il 28 maggio 2024 Il Consigliere COGNOME Il COGNOME sidente