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Appello imputato detenuto: domicilio non richiesto

La Corte di Cassazione ha stabilito che un appello da imputato detenuto non può essere dichiarato inammissibile per la mancata elezione di domicilio. La Corte ha chiarito che l’obbligo introdotto dalla Riforma Cartabia non si applica a chi si trova in stato di detenzione, anche per altra causa, poiché le notifiche devono essere eseguite personalmente in carcere. Di conseguenza, ha annullato l’ordinanza della Corte d’Appello, ripristinando il diritto dell’imputato a un giudizio di merito.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Imputato Detenuto: La Cassazione Annulla l’Inammissibilità per Mancata Elezione di Domicilio

La Riforma Cartabia ha introdotto nuove e stringenti formalità nel processo penale, tra cui l’obbligo di depositare una dichiarazione o elezione di domicilio insieme all’atto di impugnazione, pena l’inammissibilità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 20683/2024) offre un chiarimento fondamentale: questa regola non si applica in caso di appello da imputato detenuto. La decisione riafferma un principio di sostanza sulla forma, garantendo il diritto di difesa anche a chi si trova ristretto in carcere.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in primo grado dal Tribunale di Milano per il reato di cui all’art. 385 c.p., proponeva appello. Tuttavia, la Corte di appello di Milano dichiarava l’impugnazione inammissibile. Il motivo? L’appellante non aveva depositato, contestualmente all’atto di appello, la dichiarazione o elezione di domicilio richiesta dal novellato art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

Il punto cruciale, sollevato dalla difesa nel successivo ricorso per cassazione, era che al momento della presentazione dell’appello, l’imputato si trovava detenuto presso la casa circondariale di Como per un’altra causa. La sua condizione di detenuto, secondo la tesi difensiva, rendeva inapplicabile la sanzione dell’inammissibilità.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Appello dell’Imputato Detenuto

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio l’ordinanza della Corte d’Appello e disponendo la trasmissione degli atti per la celebrazione del giudizio. La Cassazione ha ritenuto fondata la tesi difensiva, ribadendo un principio già consolidato nella sua giurisprudenza.

Il Collegio ha affermato che la previsione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., non opera nei confronti dell’imputato che si trovi in stato di detenzione al momento della proposizione del gravame. L’adempimento richiesto dalla norma sarebbe, in questo contesto, un formalismo privo di effetto, in contrasto con il diritto a un effettivo accesso alla giustizia sancito dall’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore del ragionamento della Cassazione risiede nella ratio delle norme sulle notificazioni all’imputato detenuto. La legge prevede che le notifiche a un soggetto detenuto debbano essere sempre eseguite mediante consegna di copia alla persona direttamente nel luogo di detenzione. Questa regola speciale prevale su qualsiasi elezione di domicilio, che risulterebbe quindi inutile e priva di scopo.

La Corte chiarisce due aspetti fondamentali:

1. Irrilevanza del Titolo di Detenzione: Il principio vale indipendentemente dal fatto che l’imputato sia detenuto per la stessa causa per cui si procede o, come nel caso di specie, per altra causa. Lo stato di restrizione personale è l’unico elemento che conta, poiché impone una modalità di notifica specifica e garantita.
2. Prevalenza della Sostanza sulla Forma: Richiedere l’elezione di domicilio a un detenuto costituirebbe un onere privo di utilità pratica, la cui violazione comporterebbe una sanzione sproporzionata (l’inammissibilità dell’appello), ledendo il diritto fondamentale alla difesa e all’impugnazione.

Citando precedenti conformi (sentenze Tourè, Quattrocchi, Savoia e Shala), la Corte sottolinea come questa interpretazione sia in linea con il principio, già affermato dalle Sezioni Unite, secondo cui le notifiche al detenuto vanno sempre eseguite personalmente. L’obbligo di dichiarare o eleggere un domicilio, pertanto, si riattiva solo al momento della scarcerazione, come previsto dall’art. 161, comma 3, c.p.p., per consentire le future notifiche.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica per gli avvocati penalisti. Ne consegue che il difensore di un imputato detenuto può legittimamente presentare l’atto di appello senza dover contestualmente depositare la dichiarazione o elezione di domicilio. Qualsiasi decisione di inammissibilità fondata su tale omissione è da considerarsi illegittima e può essere impugnata con successo in Cassazione.

Questa pronuncia tutela il diritto di difesa, evitando che un adempimento burocratico, reso superfluo dalla condizione stessa dell’imputato, possa precludere l’accesso al secondo grado di giudizio. La Corte riafferma che le norme procedurali devono essere interpretate alla luce dei principi costituzionali e convenzionali, privilegiando la sostanza dei diritti rispetto a formalismi privi di funzione.

Un imputato detenuto deve eleggere domicilio quando presenta un appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la norma che richiede la dichiarazione o elezione di domicilio (art. 581, comma 1-ter, c.p.p.) non si applica all’imputato che si trova in stato di detenzione al momento della proposizione dell’impugnazione.

Questa regola vale anche se l’imputato è detenuto per un’altra causa, non collegata al processo in cui appella?
Sì. La sentenza chiarisce che il principio si applica a prescindere dal motivo della detenzione. Lo stato di restrizione e il conseguente obbligo di notifica personale presso il luogo di detenzione prevalgono in ogni caso, rendendo superflua l’elezione di domicilio.

Cosa succede se una Corte d’Appello dichiara comunque inammissibile un appello per questo motivo?
Come accaduto in questo caso, il provvedimento di inammissibilità è illegittimo e può essere annullato dalla Corte di Cassazione. Gli atti vengono poi trasmessi nuovamente alla Corte d’Appello per la celebrazione del giudizio di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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