Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20855 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20855 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
Sul ricorso presentato da COGNOME NOME, nato a Rutino il DATA_NASCITA,
IL Fu/iw,, , , r ,?. avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno del 03/11/2023 Ltan:a i AR IO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 03/11/2023, la Corte di appello di Salerno dichiarava inammissibile, ai sensi dell’articolo 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., l’appello proposto avverso l’ordinanza del Tribunale di Vallo della Lucania del 31/01/2023, che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di mesi tre di arresto in relazione alle contravvenzioni di cui all’articolo 256, comm lettera a), e comma 2, d. Igs. 152/2006.
Avverso il provvedimento ricorre l’imputato.
Con il primo motivo lamenta violazione degli articoli 581 -quater e 591 cod. proc. pen., sostenendo di avere validamente eletto domicilio nel corso del giudizio e di avere indicat nell’atto di appello il luogo di residenza e domicilio.
Con il secondo motivo lamenta violazione del diritto di difesa per avere la Corte di appell pronunciato l’inammissibilità in assenza di contraddittorio, con provvedimento emesso inaudita altera parte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo profilo di censura è manifestamente infondato.
Ed infatti, l’articolo 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen., stabilisce che «nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio» (nel caso in esame l’imputato era s giudicato come “libero assente”).
Tale previsione costituisce attuazione del principio stabilito dall’art. 1, comma 7, lett. h) legge delega, che così disponeva: «prevedere che il difensore dell’imputato assente possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza; prevedere che con lo specifico mandato ad impugnare l’imputato dichiari o elegga domicilio per il giudizio di impugnazione».
Tale elezione del domicilio pacificamente non può essere contenuta nella dichiarazione di appello, né tanto meno, accetta equipollenti come la mera indicazione del luogo di residenza.
La disposizione in parola, infatti, predispone un regime funzionale a garantire l’eserciz consapevole del diritto di impugnazione (Sez. 5 n. 39166 del 4/7/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 41309 del 20/09/2023, S., Rv. 285353; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME NOME, Rv. 285324; Sez. 3, n. 46690 del 09/11/2023 COGNOME NOME, Rv. 285342) e pretende che contestualmente all’atto di appello sia depositata (e non richiamata) l’elezione domicilio dell’impugnante, ciò in coerenza con le precise e dichiarate finalità perseguite legislatore, indicate nella necessità di individuare senza incertezze il luogo in cui l’imp intende ricevere la citazione per la sua effettiva e consapevole partecipazione al grado di appell del giudizio, introdotto con l’atto presentato dal suo difensore.
La precisa disposizione normativa, inoltre, nel pretendere il deposito di un at esclusivamente riferibile all’imputato, fa escludere che possa ritenersi equipollente a t incombente formale – previsto a pena di inammissibilità – un mero richiamo da parte del difensore a un preciso atto di esclusiva pertinenza dell’impugnante, che il legislatore vuole materialment presente insieme all’atto d’impugnazione.
Manifestamente infondato è anche il secondo profilo di doglianza, in quanto questa Corte ha già in passato affermato (cfr., Sez. 4, n. 1352 del 06/10/1994, Vispi, Rv. 200196 – 01) piena legittimità della procedura de plano prevista per la declaratoria di inammissibilità dell’appello, ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituziona dell’art. 591, comma 2, cod. proc. pen., in riferimento all’art. 24, comma secondo, del Costituzione (sollevata sotto il profilo che l’ordinanza dichiarativa della inammissib dell’impugnazione emessa di ufficio, in camera di consiglio, senza l’osservanza delle forme previste dall’art. 127 cod. proc. pen., comporti una concreta, evidente violazione del diritt difesa); si era infatti in tale occasione osservato, che tale diritto, pur in prese provvedimento adottato de plano, è ampiamente garantito dalla previsione legislativa della notifica dell’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità del gravame e dell’assoggettabilità d stessa a ricorso per cassazione.
Tale affermazione è stata, recentemente, più volte ribadita in termini che il Collegio non pu che condividere (cfr., tra le non massimate, Sez. 2, n. 13571 del 18/01/2024, COGNOME, n.m. Sez. 2, n. 7175 del 16/12/2020, COGNOME; Sez. 5, n. 1994 del 04/11/2020, COGNOME; Sez. 2, n 5496 del 08/01/2020, COGNOME; Sez. 2, n. 39955 del 17/07/2018, COGNOME).
Il ricorso non può dunque che essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’one delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di fissare, equitativamente, in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/05/2024.