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Appello imputato assente: la Riforma Cartabia è lecita

La Corte di Cassazione ha stabilito la legittimità delle nuove norme sull’appello imputato assente. Introdotte dalla Riforma Cartabia, queste disposizioni richiedono che il difensore depositi un mandato specifico, rilasciato dopo la sentenza di primo grado, pena l’inammissibilità dell’appello. La Corte ha ritenuto che tale onere non sia lesivo del diritto di difesa, ma miri a garantire la consapevolezza e la volontà dell’imputato nel proseguire il giudizio, rigettando le questioni di costituzionalità sollevate.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello imputato assente: la Cassazione convalida la Riforma Cartabia

La Riforma Cartabia ha introdotto significative modifiche alla procedura penale, una delle più discusse riguarda le condizioni per l’appello imputato assente. Con la recente sentenza n. 3365/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione della legittimità costituzionale dei nuovi oneri imposti al difensore, stabilendo che la richiesta di un mandato specifico, rilasciato dopo la sentenza, non viola i diritti fondamentali dell’imputato. Questa pronuncia chiarisce la portata della riforma e le sue implicazioni pratiche per la difesa.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Torino nei confronti di un imputato giudicato in sua assenza. Il difensore di fiducia presentava appello, ma la Corte di appello di Torino lo dichiarava inammissibile. La ragione risiedeva nella mancata osservanza delle nuove disposizioni dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, del codice di procedura penale, introdotte dal D.Lgs. n. 150/2022 (Riforma Cartabia). Nello specifico, l’atto di impugnazione non era corredato né dalla dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, né dallo specifico mandato a impugnare rilasciato dallo stesso dopo la pronuncia della sentenza.

Contro questa decisione, il difensore proponeva ricorso per cassazione, sollevando una questione di legittimità costituzionale delle nuove norme per violazione degli articoli 24, 27 e 111 della Costituzione. Secondo la difesa, tali disposizioni creerebbero una ingiustificata disparità di trattamento e limiterebbero irragionevolmente il diritto di difesa.

La questione di legittimità costituzionale sull’appello dell’imputato assente

Il ricorrente sosteneva che i nuovi oneri formali limitassero l’attività difensiva e il diritto a un riesame della decisione. In particolare, si lamentava una disparità di trattamento rispetto:
1. Alla pubblica accusa, che non soggiace a simili oneri per impugnare.
2. Alla parte civile, il cui difensore può impugnare sulla base di una procura rilasciata anche prima della sentenza.

Inoltre, la difesa criticava la funzione meramente “deflattiva” della norma, che imporrebbe un onere irragionevole, soprattutto considerando le difficoltà nel raggiungere un cliente assente entro i ristretti termini per l’impugnazione. Si contestava, infine, l’applicazione della norma alle sole sentenze pronunciate dopo l’entrata in vigore della riforma, ritenendola una scelta transitoria ingiustificata.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, giudicando manifestamente infondate tutte le questioni di legittimità costituzionale. Il ragionamento dei giudici si articola su diversi punti chiave.

Innanzitutto, la Corte ha chiarito che le nuove disposizioni non limitano il potere di impugnazione personale dell’imputato, ma regolamentano le modalità di esercizio della facoltà concorrente ed accessoria del difensore. L’obiettivo del legislatore non è limitare il diritto di difesa, ma assicurare una maggiore efficienza e lealtà processuale. La richiesta di un mandato specifico e di un’elezione di domicilio post-sentenza serve a garantire che l’imputato, già dichiarato assente, sia messo a conoscenza dell’esistenza di un giudizio di impugnazione e possa parteciparvi consapevolmente. Questo previene il rischio di future nullità e garantisce che la scelta di appellare sia “ponderata e consapevole”.

La Corte ha inoltre escluso qualsiasi disparità di trattamento. La posizione del pubblico ministero non è comparabile a quella dell’imputato, data la diversità dei ruoli nel processo penale. Anche il paragone con il difensore della parte civile è stato ritenuto improprio: quest’ultimo agisce come procuratore speciale con una più ampia “legitimatio ad processum”, che gli conferisce un potere di impugnazione “proprio” e non meramente derivato.

Infine, la Corte ha sottolineato che il giudizio in assenza presuppone la certezza che l’imputato avesse avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e abbia scelto volontariamente di non presenziare. Di conseguenza, è ragionevole porre a suo carico l’onere di attivarsi per impugnare la sentenza sfavorevole, personalmente o conferendo un apposito mandato al proprio difensore.

Le conclusioni

La sentenza consolida l’impianto della Riforma Cartabia in materia di processo in assenza, confermando la piena legittimità costituzionale dei nuovi oneri per l’impugnazione. Per gli avvocati, l’implicazione pratica è chiara: non è più possibile proporre autonomamente appello per un cliente assente sulla base del mandato difensivo originario. È indispensabile ottenere un nuovo e specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la data della sentenza di primo grado, e allegarlo all’atto di appello. Questa pronuncia rafforza il principio di responsabilizzazione dell’imputato che, pur scegliendo di essere assente, deve mantenere un canale di comunicazione attivo con il proprio difensore se intende contestare la decisione del giudice.

È ancora possibile per un avvocato appellare una sentenza per un cliente giudicato in assenza senza un nuovo incarico specifico?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che, secondo le nuove norme, l’atto di appello presentato dal difensore per un imputato assente è inammissibile se non viene depositato uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dall’imputato dopo la pronuncia della sentenza.

La nuova regola sull’appello dell’imputato assente viola il diritto di difesa?
Secondo la Corte, no. La norma non limita il diritto personale dell’imputato di impugnare, ma regola le modalità con cui il suo difensore può esercitare tale facoltà. L’obiettivo è garantire che l’imputato sia effettivamente e consapevolmente partecipe della decisione di appellare, evitando futuri problemi di notifica.

Perché c’è una differenza di trattamento tra il difensore dell’imputato e quello della parte civile?
La Corte ha chiarito che le posizioni non sono assimilabili. Il difensore della parte civile agisce anche come suo procuratore speciale, con una “legitimatio ad processum” più ampia che gli conferisce un potere di impugnazione “proprio”. Il difensore dell’imputato, invece, esercita una facoltà concorrente ma accessoria a quella del suo assistito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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