Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6304 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6304 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/06/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza datata 8 giugno 2023 con cui la Corte d’appello di Torino, visti gli artt. 581, comma 1 quater, e 592 cod.proc.pen. ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dal medesimo avverso la sentenza pronunciata nei suoi confronti in data 3 aprile 2023 dal Tribunale di Torino stante la mancanza dello specifico mandato ad impugnare la sentenza di primo grado da parte dell’imputato nonché della dichiarazione o dell’elezione di domicilio, trattandosi di imputato nei cui confronti si è proceduto in assenza.
Con un unico motivo di ricorso deduce la nullità dell’ordinanza impugnata ex art. 606 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’art. 23 L n. 87 del 1953, all’art. cod.proc.pen., all’art. 571, comma 3, cod.proc.pen. ed all’art. 37 disp. att. cod.proc.pen.
Deduce che la recente novellazione dell’art. 581 cod.proc.pen. ha posto in essere oneri che non appaiono razionalmente fondati, sono gravosi per la parte interessata ad impugnare e costituiscono dei sostanziali intralci e di fatto vanno a menomare il diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento.
Inoltre sollecita la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1 quater, cod.proc.pen. per violazione degli artt. 24, 1 e 2 della Costituzione.
Quanto alla violazione delle altre norme indicate, rileva che il significato delle stesse, applicando il criterio interpretativo di cui all’art. 12 disp. sulla legg generale, é nel senso che il difensore al momento del deposito del provvedimento debba ritenersi legittimato ad impugnarlo.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegNOME conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
L’imputato ha depositato memoria difensiva in cui ha chiesto in via preliminare di rimettere il presente procedimento alle sezioni unite ed in via pregiudiziale di sospendere il processo rimettendo gli atti alla Corte costituzionale in relazione alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1 quater, cod.proc.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va preliminarmente disattesa l’istanza avanzata dal ricorrente di rimessione del presente procedimento alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618 cod.proc.pen.
atteso che la questione di diritto oggetto del ricorso non ha dato luogo ad un contrasto giurisprudenziale.
1.1. Ciò premesso, il ricorso é inammissibile, giacché esprime doglianze manifestamente infondate in tema di compatibilità costituzionale della normativa introdotta con la novella processuale poco sopra indicata.
La censura proposta che, in termini peraltro generici, lamenta la menomazione del diritto di difesa in virtù degli oneri imposti per la proposizione dell’appello, ad incrociare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1 quater, cod. proc.pen.
Va premesso che il d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150 è stato adottato sulla base della delega legislativa conferita dalla legge 27 settembre 2021, n.134 («Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari») e la nuova disposizione dell’art.581, comma 1 ter, cod. proc. pen., dà seguito a quanto previsto dall’art. 1, comma 13, lett. a) della legge delega: «fermo restando il criterio di cui al comma 7, lettera h), dettato per il processo i assenza, prevedere che con l’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, sia depositata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell’att introduttivo del giudizio di impugnazione».
L’art. 89 dello stesso decreto precisa, inoltre, che tale norma si applica “per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva al 30 dicembre 2022”.
Come chiarito nella relazione della RAGIONE_SOCIALE, che ha preceduto il progetto riformatore culmiNOME con l’adozione del d.lgs. n. 150 del 2022, l’onere imposto per la proposizione dell’appello, nel caso che il giudizio di primo grado si sia svolto in assenza, si spiega in vista della necessità che l’imputato assente abbia contezza dell’impugnazione. Si è infatti chiarito che, nel contesto delle innovazioni proposte, l’intervento sulla legittimazione del difensore ad impugnare costituisce uno snodo essenziale, sia in chiave di effettiva garanzia dell’imputato, sia in chiave di razionale e utile impiego delle risorse giudiziarie: la misura invero, è volta ad assicurare la celebrazione delle impugnazioni solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato giudicato in assenza e ad evitare – senza alcun pregiudizio del diritto di difesa dell’interessato, tutelato dai rimedi “restitutori” contestualmen assicurati – l’inutile celebrazione di gradi di giudizio destinati ad essere travo dalla rescissione del giudicato.
Questa esigenza veniva ad iscriversi nella proposta di riformare il processo in assenza dell’imputato in modo che esso possa svolgersi solo in presenza di elementi idonei a dare “ragionevole certezza” della conoscenza da parte di questi
della pendenza del processo e che l’assenza sia dovuta ad una scelta volontaria e consapevole, prevedendo in particolare che “il diritto di impugnare ogni sentenza possa essere esercitato dall’imputato giudicato in assenza solo personalmente o a mezzo di difensore munito di mandato specifico, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza, unitamente alla dichiarazione ed elezione di domicilio per il giudizio di impugnazione”.
Fatte queste premesse, il presente ricorso oltre a sostenere la menomazione del diritto di difesa per effetto della novellazione dell’art. 581, comma 1 quater, cod.proc.pen. sollecita altresì sul tema la proposizione di questione di legittimità costituzionale che va in via prioritaria affrontata.
La richiesta di rinnessione al giudice delle leggi della questione di legittimità costituzionale dell’art. 581 quater cod.proc.pen. va disattesa per manifesta infondatezza.
L’asserito contrasto con i principi costituzionali, e segnatamente con il diritto d difesa di cui all’art. 24 Cost., di cui quello ad impugnare è una proiezione, poggia sull’assunto che determinate limitazioni quanto alla forma dell’impugnazione quali quelle in argomento – si ripercuotano necessariamente sulla effettività dell’ esercizio di quel diritto. Tuttavia non considera il ricorrente che nell’attual assetto costituzionale il diritto di difesa nelle sue diverse estrinsecazioni non può ritenersi come sovrastante gli altri diritti coinvolti nel processo penale ma deve trovare un necessario contemperamento nelle scelte del legislatore in un’ottica di complessivo riequilibrio dei poteri dei contendenti e purché, comunque, nei limiti della ragionevolezza.
Non è certamente l’indiscriminata possibilità di impugnare i provvedimenti, in qualunque modo e con qualunque forma, a permeare il diritto di difesa, che per poter trovare adeguata esplicazione necessita invece di forme e tempistiche che, nello scandirne l’ordiNOME esercizio contribuiscano alla realizzazione proprio di quel “giusto processo di durata ragionevole”, favorendo l’effettività di un contraddittorio che passi anche attraverso and29 proposizione di impugnazione consapevole e al contempo una definizione più rapida del giudizio.
AI riguardo la sentenza della Corte costituzionale n.34 del 26 febbraio 2020 – che si è pronunciata nel senso della manifesta infondatezza dei motivi proposti in un caso in cui, nel proporre il gravame, il Procuratore generale aveva eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 593 cod. proc. pen., come sostituito dall’ 2, co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 11 del 2018, nella parte in cui prevede che pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di condanna «solo quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza
aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato» ricorda essere costante, l’affermazione per cui «nel processo penale, il principio di parità tra accusa e difesa non comporta necessariamente l’identità tra i poteri processuali del pubblico ministero e quelli dell’imputat potendo una disparità di trattamento «risultare giustificata, nei limiti dell ragionevolezza, sia dalla peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero, sia dalla funzione allo stesso affidata, sia da esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia» (vedi sentenze n. 320, n. 26 del 2007 e, nello stesso senso, n. 298 del 2008; ordinanze n. 46 del 2004, n. 165 del 2003, n. 347 del 2002 e n. 421 del 2001; quanto alla giurisprudenza anteriore alla legge cost. n. 2 del 1999, nello stesso senso indicato, sentenze n. 98 del 1994, n. 432 del 1992 e n. .363 del 1991; ordinanze n. 426 del 1998, n. 324 del 1994 e n. 305 del 1992)».
E nella stessa si ribadisce che il processo penale è caratterizzato da una asimmetria «strutturale» tra i due antagonisti principali, cosicché le differenze che connotano le rispettive posizioni impediscono di ritenere che il principio di parità debba (e possa) indefettibilnnente tradursi, nella cornice di ogni singolo segmento dell’iter processuale, in un’assoluta simmetria di poteri e facoltà.
Con riguardo alla questione che ci occupa, il legislatore ha inteso realizzare un equo contemperamento tra il diritto di difesa dell’imputato (artt. 24 comma 2, 27 comma 2, 111 comma 1 e comma 2 primo alinea e 117 comma 1 Cost. 2) e l’esigenza del rispetto del principio di ragionevole durata del processo, che rinviene tutela nell’art. 111, comma 2, secondo alinea Cost., di una più celere ed efficiente organizzazione del procedimento penale e degli strumenti dell’attività giurisdizionale propriamente detta, anche nella prospettiva di allontanare il pericolo della patologìa dell’abuso del diritto.
L’ “imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza” è il soggetto a conoscenza del processo in base agli snodi di cui agli artt. 420 bis, 554 bis comma 2 e 484 comma 2 bis cod. proc. pen. – garanzie a presidio della legittimità dello svolgimento del processo in absentia in arnnonìa con le direttive convenzionali di livello internazionale sulla cui piena attuazione incombono i controlli dei giudizi d’impugnazione di cui agli artt. 604 comma 5 bis e 623 lett. b) bis cod. proc. pen..
In altri termini il legislatore della riforma ha inteso conciliare i due prin fondamentali, nell’ottica di evitare la proliferazione di giudizi d’impugnazione variamente dispendiosi – attivati per iniziativa del difensore, e svincolat dall’avallo esplicito del diretto interessato.
4.Tali considerazioni consentono di ritenere costituzionalmente compatibile nel delineato nuovo quadro di garanzie la novella legislativa in questione.
Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24.10.2023