Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8373 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8373 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 15/01/1986
avverso la sentenza del 19/09/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata la Corte di appello di Messina ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto da NOME avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Messina del 15 maggio 2024, che lo aveva condannato alla pena di giustizia in ordine al reato di cui all’art. 217, comma secondo, r.d. n. 267 del 1942.
A ragione della decisione ha osservato che l’impugnazione era stata proposta in violazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., giacché si era proceduto in assenza e con l’atto di appello non era stato depositato lo specifico mandato ad impugnare contenente l’elezione o la dichiarazione di domicilio dell’imputato.
Avverso la suindicata ordinanza, ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di ufficio, deducendo tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo si deduce erronea applicazione dell’art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen.
La Corte di appello ha errato nell’applicare la norma in questione al ricorrente, dichiarato irreperibile, giacché può applicarsi solo all’imputato assente.
2.2. Il secondo motivo deduce inosservanza dell’art. 554 bis cod. proc. pen. ed art. 2 cod. pen.
In particolare, i giudici di merito avrebbero dovuto prendere atto della irreperibilit del Ciotola e pronunciare sentenza di non doversi procedere, in assenza di prove che l’imputato ha avuto effettiva e concreta conoscenza del processo.
2.3. Con il terzo motivo si censura la inosservanza dell’art. 530 cod. proc. pen.
Alla luce delle risultanze probatorie il ricorrente doveva essere assolto, perché non poteva essere ritenuto responsabile del “disordine contabile” pregresso.
Con requisitoria scritta del 2.1.2025, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, dott. NOME COGNOME chiede di annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata e la sentenza di primo grado con trasmissione degli atti al Tribunale di Messina.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
Occorre premettere che qualora sia, come nella specie, sottoposta al vaglio del giudice di legittimità la correttezza di una decisione in rito, la Corte di cassazione è giudice presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento
esibito per giustificarla; ne consegue che la Corte, in presenza di una censura di carattere processuale, può e deve prescindere dalla motivazione addotta dal giudice a quo e, anche accedendo agli atti, deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand’anche non correttamente giustificata o giustificata solo a posteriori (ex plurimis: Sez. un., n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. 5, n. 19970 del 15/03/2019, COGNOME, Rv. 275636).
2.1. Nel caso di specie risulta che: –a) il 19 ottobre 2019, il Tribunale di Messina sulla scorta della nota del 28 settembre 2019 della Guardia di Finanza presso la Procura di Messina – emetteva decreto di irreperibilità, nominando difensore di ufficio l’Avv. NOME COGNOME disponendo le notificazioni degli atti presso il difensore di ufficio; –b) il 22 febbraio 2022 era notificato personalmente a Ciotola Ciro l’avviso conclusioni indagini con contestuale elezione di domicilio in Napoli alla via Serino n. C/6; –c) il 14 marzo 2022, il PM adottava decreto di citazione diretta a giudizio, indicando quale domicilio eletto quello in INDIRIZZO; –d) il 17 maggio 2022 il decreto di citazione diretta a giudizio era notificato in presso il domicilio eletto a mani della madre del ricorrente; –e) all’udienza dell’Il novembre 2022, il Tribunale dichiarava l’assenza del COGNOME.
La disciplina introdotta con la 28 aprile 2014, n. 67, ha stabilito che il processo può essere celebrato in assenza dell’imputato solo a condizione che vi sia la certezza che il medesimo ne abbia avuto conoscenza o ad esso si sia volontariamente sottratto, deve puntualizzarsi che ciò comporta l’effetto che non è sufficiente la, pur necessaria, regolarità formale dell notificazione, ma è indispensabile, allorquando l’imputato non compaia, valutare – per poter procedere ugualmente nei suoi confronti – la sussistenza di elementi dai quali possa fondatamente desumersi l’esistenza delle condizioni sopra indicate, espressive di una rinuncia, successiva o addirittura preventiva, a partecipare al giudizio, oltre all’ipotesi in cui s determinata la volontaria sottrazione alla conoscenza del processo (v. la motivazione di Sez. 1, n. 16315 del 10/01/2024, COGNOME, Rv. 286246, in consonanza, del resto, con l’intero impianto della decisione regolatrice resa da Sez. U., n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279420, che ha trattato ampiamente dei presupposti del processo in absentia, tenendo nettamente distinto il piano della regolarità formale della notificazione dell’atto introduttivo quello, divenuto imprescindibile, della verifica della conoscenza effettiva del procedimento da parte dell’imputato).
L’art. 420-bis cod. proc. pen., nel regolare l’istituto della assenza, individua alcun situazioni da cui discende una presunzione di conoscenza del procedimento e individua altresì in capo all’imputato, consapevole della pendenza del giudizio a suo carico, un preciso onere di diligenza, che si declina nel dovere di informarsi sullo stato della progressione del medesimo procedimento, anche nelle fasi successive a quella investigativa. Trattasi, tuttavia, d presunzione non assoluta che può essere vinta da prova di segno contrario, secondo la regula
juris declinata dalla sentenza delle Sezioni Unite COGNOME – emessa in tema di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale – per cui “il processo in absentia non prevede alcuna forma di presunzione legale di conoscenza ma solo la volontaria sottrazione alla conoscenza”; e quest’ultima è “oggetto di una presunzione relativa in caso di inottemperanza all’onere di informazione che deriva dalle situazioni tipizzate dall’art. 420-bis cod. proc. pen con possibilità per l’assente di fornire prova contraria” (Sez. U. n. 28912 del 28/02/2019, COGNOME, Rv. 275716). Sul punto le Sezioni Unite COGNOME hanno, altresì, precisato che “l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, sicché tale non può ritenersi la conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Nel caso concreto, sulla scorta della sequenza procedimentale prima ricordata, deve affermarsi che l’assenza del ricorrente è stata legittimamente dichiarata, tenuto conto del perfezionamento della notifica del decreto di citazione diretta a giudizio presso il domicilio elet personalmente dal Ciotola innanzi alla Polizia Giudiziaria, in sede di notifica dell’avvis conclusioni indagini.
Pertanto, è possibile desumere una effettiva conoscenza da parte del ricorrente della vocatio in ius e, dunque, di una volontaria sottrazione dello stesso alla conoscenza della pendenza del giudizio.
Da quanto precede, risulta priva di rilievo l’affermazione reiteratamente ripetuta dal difensore in ordine alla asserita irreperibilità del ricorrente, giacché l’in’Fiale decret irreperibilità deve ritenersi superato dalla successiva elezione di domicilio e notifica in quel luo del decreto di citazione a giudizio.
Tenuto conto della celebrazione del processo in assenza, deve precisarsi che l’art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen. persegue il legittimo scopo di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato, per evitare la pendenza di procedimenti nei confronti di imputati non consapevoli del processo, oltre che i far sì che l’impugnazione sia espressione del personale interesse dell’imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatismo difensivo. In particolare, l’art. 581, comma 1- quater, cod. proc. pen. trova la sua ratio, nell’esigenza di verificare l’effettiva e concreta volontà di impugnare del soggetto processato in assenza, nonché in quella, ulteriore, di accertare – in evidente ed insostituibile funzione di garanzia – l’effettiva validità della preesistente dichiarazione elezione di domicilio e la persistente volontà dell’assente di riceverla in un domicilio nuovo proprio alla luce del fatto che, nonostante la formale ritualità delle citazioni effettuate corso del giudizio di grado precedente, egli è rimasto assente, altresì considerando la volontà del legislatore di limitare le impugnazioni che non derivino da un’opzione ponderata e
personale della parte (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, NOME COGNOME, Rv. 285324).
Orbene, le doglianze non si confrontano con la ratio decidendi sottesa alla ordinanza impugnata (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, tra le più recenti).
La Corte territoriale, all’esito della corretta applicazione dell’art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen., in quanto in linea con i principi innanzi evidenziati, ha dichiara inammissibile l’appello proposto nell’interesse del Ciotola avverso la sentenza di primo grado, emessa all’esito di procedimento in “assenza”, in forza del mancato deposito, con l’atto d’appello, di specifico mandato a impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato.
Il ricorrente, non confrontandosi con l’innanzi evidenziata ratio sottesa alla decisione, che si fonda sull’inammissibilità dell’appello, prospetta l’inapplicabilità dell’art. 581, com 1 quater, cod. proc. pen. all’irreperibile, laddove invece – per le superiori argomentazioni il COGNOME era assente (peraltro senza dedurre l’intervenuta impugnazione, con l’appello della sentenza, dell’ordinanza dichiarativa dell’assenza in primo grado ex art. 586 cod. proc. pen., sul punto si veda anche Sez. 1, n. 9426 del 18/01/2024, Oko, Rv. 285920).
Al rigetto dell’impugnazione consegue obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 23/1/2025
Il Consigliere estensore
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La Presidente