Appello e Arresti Domiciliari: la Cassazione Fa Chiarezza
La presentazione di un atto di appello e arresti domiciliari solleva questioni procedurali complesse, dove la forma rischia di prevalere sulla sostanza del diritto di difesa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio questo tema, stabilendo un principio fondamentale a tutela dell’imputato sottoposto a misura cautelare. La Corte ha chiarito che l’obbligo di eleggere domicilio per l’impugnazione non si applica a chi si trova già agli arresti domiciliari, poiché il luogo di notifica è di fatto già stabilito e noto all’autorità giudiziaria.
I fatti del caso
La vicenda trae origine da una decisione della Corte di Appello di Milano, che aveva dichiarato inammissibile l’atto di appello presentato dal difensore di un imputato. La ragione di tale decisione risiedeva in un vizio formale: l’atto di impugnazione era sprovvisto della dichiarazione o elezione di domicilio, un requisito introdotto dalla Riforma Cartabia all’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale. Secondo i giudici di secondo grado, questa mancanza rendeva l’appello improcedibile.
Contro tale ordinanza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse considerato un elemento cruciale: al momento della presentazione dell’appello, egli si trovava in regime di arresti domiciliari. In tale condizione, non solo aveva già eletto domicilio nel corso del primo grado di giudizio, ma il luogo per le notificazioni era inequivocabilmente quello di esecuzione della misura cautelare.
La questione sull’appello e arresti domiciliari
Il nucleo della controversia giuridica ruota attorno all’interpretazione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. e alla sua applicabilità in casi particolari come quello dell’imputato detenuto in casa. La norma, nata con l’intento di garantire la certezza delle notifiche nel processo d’appello, impone all’imputato non detenuto di indicare un domicilio specifico per il secondo grado.
La difesa ha argomentato che tale obbligo non ha senso logico né giuridico per chi è già sottoposto a una misura restrittiva della libertà personale come gli arresti domiciliari. In questa situazione, lo Stato conosce perfettamente il luogo dove reperire l’imputato, rendendo superflua una nuova dichiarazione formale che, se omessa, finirebbe per ledere in modo sproporzionato il suo diritto a un secondo esame del merito della sua causa.
L’impatto della normativa transitoria
La Corte di Cassazione ha inoltre dovuto considerare le recenti modifiche legislative. La norma in questione è stata abrogata dalla legge n. 114 del 2024. Tuttavia, una sentenza delle Sezioni Unite ha chiarito che la vecchia disciplina continua ad applicarsi agli appelli proposti fino al 24 agosto 2024. Poiché il ricorso in esame era stato depositato prima di tale data, era teoricamente ancora soggetto alla vecchia regola. Ciononostante, la Corte ha ritenuto di dover applicare un principio di diritto superiore.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Il Collegio ha stabilito che, anche nel vigore della vecchia normativa, la causa di inammissibilità prevista dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. non opera nel caso di un ricorrente sottoposto a detenzione domiciliare. Questo principio, già affermato in una precedente pronuncia (Sez. 5, n. 36036 del 2024), si basa sulla logica che la finalità della norma – assicurare la reperibilità dell’imputato – è già pienamente soddisfatta dalla misura cautelare in atto.
In sostanza, la condizione di restrizione presso un domicilio noto all’autorità giudiziaria assorbe e supera l’esigenza di una formale elezione di domicilio. Imporre tale adempimento a pena di inammissibilità si tradurrebbe in un formalismo eccessivo e contrario ai principi del giusto processo e del diritto di difesa. Di conseguenza, la Corte ha stabilito che l’ordinanza della Corte d’Appello era illegittima e andava annullata.
Conclusioni
Con questa decisione, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Milano affinché celebri il giudizio di secondo grado. La sentenza rafforza un importante principio di garanzia: le norme procedurali, pur essendo essenziali per l’ordinato svolgimento del processo, non possono essere applicate in modo cieco e formalistico, specialmente quando ciò compromette il diritto fondamentale alla difesa. Per chi si trova agli arresti domiciliari, il domicilio è un fatto noto e certo, e l’appello non può essere fermato da un adempimento burocratico già soddisfatto nella sostanza.
È sempre necessario dichiarare o eleggere domicilio quando si presenta un appello penale?
No. Secondo la sentenza, questa formalità non è richiesta se l’appellante si trova in regime di arresti domiciliari, poiché il suo domicilio è già noto all’autorità giudiziaria.
Cosa succede se un imputato agli arresti domiciliari non elegge domicilio nell’atto di appello?
L’appello non può essere dichiarato inammissibile per questo motivo. La Corte di Cassazione ha stabilito che la condizione di detenzione domiciliare rende superflua una nuova elezione di domicilio, garantendo così il diritto dell’imputato a un giudizio di secondo grado.
La recente abrogazione della norma sulla dichiarazione di domicilio si applica a tutti gli appelli?
No. La sentenza chiarisce, richiamando una decisione delle Sezioni Unite, che la norma abrogata (art. 581, comma 1-ter c.p.p.) continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte fino al 24 agosto 2024, fatte salve le eccezioni come quella per l’imputato agli arresti domiciliari.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1249 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1249 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 02/01/2000
avverso l’ordinanza del 27/02/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sos Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilit ricorso;
lette le conclusioni scritte del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME con le quali si è insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Milano ha dichiar inammissibile l’atto di appello – avverso la sentenza del GUP del Tribunale Milano emessa il 22/11/2023 – proposto dal difensore del ricorrente in quan sprovvisto della dichiarazione o elezione di domicilio, neanche indicata o alle all’impugnazione, in violazione dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen..
Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo violazione di legge e vizio motivazione per non avere la Corte tenuto conto della circostanza che ricorrente, presente nel giudizio di primo grado, aveva eletto domicil
nominato il proprio difensore quale procuratore speciale; all’atto della proposizione dell’atto di appello, si trovava in regime di arresti domiciliari, sicché per un verso, non era obbligato ad effettuare una nuova elezione di domicilio e, per altro verso, la notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appell doveva notificarsi presso il luogo di applicazione degli arresti domiciliari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Deve, in primo luogo, essere rilevato che al ricorso, depositato 1’8 luglio 2024, si applica la disciplina previgente rispetto alla abrogazione dell’art. 581, comma Iter cod. proc. pen., secondo quanto è stato ritenuto dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione emessa il 24 ottobre 2024 della quale, allo stato, è stata diramata la sola informazione provvisoria, secondo cui “la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024”.
L’abrogazione della norma orienta il Collegio ad applicare il principio di diritto tenore del quale, in tema di impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, nel caso di ricorrente sottoposto alla detenzione domiciliare, anche per “altra causa”, non opera la causa di inammissibilità prevista dall’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 36036 del 06/06/2024, L., Rv. 286893-01).
Ne consegue che, trovandosi il ricorrente in regime di arresti domiciliari l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, con la consequenziale trasmissione degli atti alla Corte di appello di Milano affinché venga celebrato il giudizio di secondo grado.
P.Q.M.
impugnato e dispone la trasmissione degli il giudizio. Annulla senza rinvio il provvedimento atti alla Corte di appello di Milano per Così deciso, il 07/11/2024.