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Appello del detenuto: no elezione di domicilio

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di inammissibilità di un appello. La Corte ha chiarito che l’obbligo di elezione di domicilio per l’impugnazione non si applica né all’imputato giudicato con rito abbreviato (considerato legalmente presente), né all’imputato detenuto al momento della presentazione dell’atto. La sentenza sottolinea come l’appello del detenuto sia garantito senza formalismi superflui, assicurando il diritto di accesso alla giustizia. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per il giudizio di merito.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello del detenuto: la Cassazione chiarisce i requisiti di ammissibilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38628 del 2024, interviene su un tema cruciale della procedura penale: i requisiti di ammissibilità dell’appello del detenuto e dell’imputato giudicato con rito abbreviato. La decisione chiarisce che l’obbligo di depositare una dichiarazione o elezione di domicilio non sussiste in questi specifici casi, rimuovendo un ostacolo formale che può pregiudicare il diritto di difesa. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati.

I fatti del processo

Il caso nasce da un’ordinanza della Corte d’Appello di Torino, che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto da un imputato avverso una sentenza di condanna di primo grado. La condanna era stata emessa dal G.U.P. del Tribunale di Alessandria al termine di un giudizio celebrato con rito abbreviato.

La Corte d’Appello aveva motivato l’inammissibilità sulla base dell’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale. Tale norma prevede che, per l’imputato giudicato in assenza, l’atto di impugnazione debba contenere, a pena di inammissibilità, uno specifico mandato e una dichiarazione o elezione di domicilio. Secondo i giudici di secondo grado, mancando tale allegazione, l’appello non poteva essere esaminato nel merito.

La decisione della Corte di Cassazione e l’appello del detenuto

Contro tale ordinanza, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza e rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

La decisione si fonda su due argomenti dirimenti, entrambi volti a tutelare la sostanza del diritto di difesa rispetto a un’interpretazione eccessivamente formalistica delle norme procedurali.

Le motivazioni: perché l’appello è ammissibile

La Cassazione ha smontato la tesi della Corte d’Appello con una duplice e chiara argomentazione.

1. Rito abbreviato equivale a presenza legale

In primo luogo, i giudici di legittimità hanno sottolineato che il giudizio di primo grado si era svolto con il rito abbreviato, richiesto dal difensore munito di procura speciale da parte dell’imputato. In queste circostanze, la giurisprudenza consolidata ritiene che l’imputato debba essere considerato giuridicamente ‘presente’ al processo. La richiesta di un rito alternativo, infatti, dimostra inequivocabilmente la conoscenza del procedimento da parte sua. Di conseguenza, non può essere applicata la disciplina prevista per l’imputato ‘assente’, compreso l’obbligo di elezione di domicilio per l’impugnazione. La Corte ha specificato che è irrilevante l’eventuale erronea dicitura di ‘assente’ riportata nella sentenza di primo grado.

2. Lo status di detenuto e le notifiche

In secondo luogo, e in ogni caso, la Corte ha rilevato un dato di fatto decisivo: al momento della proposizione dell’appello, l’imputato era detenuto. La giurisprudenza ha più volte affermato che l’obbligo di depositare una dichiarazione o elezione di domicilio (previsto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p.) non si applica all’appello del detenuto. La ragione è logica e garantista: lo Stato sa perfettamente dove si trova l’imputato e le notifiche a lui dirette devono essere eseguite personalmente presso l’istituto di detenzione. Imporre un ulteriore onere formale sarebbe superfluo e contrario al principio di un accesso effettivo alla giustizia, sancito anche dall’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La sentenza in esame ribadisce due principi fondamentali a tutela del diritto di impugnazione. In primo luogo, chi sceglie il rito abbreviato tramite procura speciale è ‘presente’ nel processo, e non può essere gravato degli oneri procedurali previsti per gli assenti. In secondo luogo, e con ancora maggiore impatto pratico, l’appello del detenuto non richiede alcuna dichiarazione o elezione di domicilio per essere ammissibile.

Questa pronuncia rappresenta un importante monito contro il formalismo eccessivo, riaffermando che le norme procedurali devono essere interpretate alla luce dei principi costituzionali e convenzionali che garantiscono un equo processo e un effettivo diritto di difesa.

Per presentare appello, un imputato giudicato con rito abbreviato deve eleggere domicilio?
No. Secondo la Cassazione, l’imputato che ha richiesto il rito abbreviato tramite procura speciale è considerato giuridicamente presente. Pertanto, non si applicano le norme sull’impugnazione previste per l’imputato assente, che richiedono la dichiarazione o elezione di domicilio.

Un imputato detenuto deve depositare la dichiarazione di domicilio per presentare appello?
No. La Corte ha stabilito che l’obbligo di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio non si applica all’imputato che si trova in stato di detenzione al momento dell’impugnazione. Le notifiche, in questo caso, vengono effettuate personalmente presso l’istituto di detenzione.

Cosa succede se la sentenza di primo grado indica erroneamente “assente” un imputato giudicato con rito abbreviato?
Questa indicazione è irrilevante ai fini dell’ammissibilità dell’appello. Ciò che conta è la modalità con cui si è svolto il giudizio. Se è stato celebrato un rito abbreviato su richiesta dell’imputato tramite procuratore speciale, l’imputato è da considerarsi presente ai fini delle norme sull’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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