Appello Convertito in Ricorso: La Cassazione Chiarisce i Requisiti di Ammissibilità
L’ordinanza in esame affronta un tema procedurale di fondamentale importanza: i requisiti di ammissibilità di un appello convertito in ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha ribadito un principio rigoroso: la conversione dell’atto non può sanare il difetto di legittimazione del difensore. Se l’avvocato non è iscritto all’albo speciale dei cassazionisti, l’impugnazione è inevitabilmente destinata all’inammissibilità, con conseguenze economiche significative per l’imputato.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da due ricorsi presentati avverso una sentenza del Tribunale di Milano, che aveva condannato gli imputati al pagamento di una sola ammenda. Gli imputati, tramite il loro difensore, avevano inizialmente proposto un atto di appello. Tuttavia, le sentenze che comminano esclusivamente una pena pecuniaria come l’ammenda non sono appellabili, ma possono essere impugnate unicamente con ricorso per cassazione. Di conseguenza, gli atti di appello sono stati trasmessi per competenza alla Corte di Cassazione, che li ha riqualificati come ricorsi.
L’Appello Convertito in Ricorso e il Principio di Diritto
Il fulcro della questione risiede nella qualifica del difensore che ha redatto e sottoscritto gli atti. Nonostante la riqualificazione dell’impugnazione da appello a ricorso, il problema sostanziale era che il legale non risultava abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori. La giurisprudenza consolidata, richiamata dalla Corte, stabilisce che il ricorso per cassazione è inammissibile se i motivi sono firmati da un avvocato non iscritto nell’apposito albo speciale.
La rigidità della regola nell’appello convertito in ricorso
La Corte ha sottolineato che non esistono deroghe a questa regola, nemmeno nel caso di un appello convertito in ricorso. Consentire un’eccezione significherebbe creare un’ingiustificata disparità di trattamento, favorendo chi ha commesso un errore iniziale (proponendo appello anziché ricorso) rispetto a chi ha correttamente individuato il mezzo di impugnazione ma ha utilizzato un difensore non qualificato. In entrambi i casi, la mancanza dello ‘ius postulandi’ (il diritto di difendere in una determinata sede giurisdizionale) rende l’atto invalido.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha fondato la sua declaratoria di inammissibilità su argomenti chiari e inequivocabili. In primo luogo, ha evidenziato come l’errore nella scelta del mezzo di impugnazione non possa tradursi in un vantaggio per la parte che lo ha commesso, eludendo i requisiti formali e sostanziali previsti per il corretto esercizio del diritto di difesa.
Richiamando la sentenza n. 186/2000 della Corte Costituzionale, la Cassazione ha inoltre escluso che gli imputati potessero essere considerati ‘senza colpa’ nella determinazione della causa di inammissibilità. La scelta del difensore e la verifica delle sue qualifiche rientrano nell’onere di diligenza della parte.
Le conseguenze dell’inammissibilità, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, sono state severe:
1. Condanna alle spese processuali: I ricorrenti sono stati obbligati a sostenere i costi del procedimento.
2. Versamento alla Cassa delle ammende: È stato disposto il pagamento di una somma di 3.000,00 euro, fissata equitativamente dalla Corte.
3. Rifusione delle spese alla parte civile: Poiché la parte civile si era costituita e aveva richiesto la declaratoria di inammissibilità, gli imputati sono stati condannati a rimborsare le sue spese di rappresentanza e difesa per un totale di 1.900,00 euro, oltre accessori di legge.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione riafferma l’importanza cruciale della diligenza e della competenza tecnica nel processo penale. Per gli avvocati, emerge l’obbligo non solo di individuare correttamente il mezzo di impugnazione previsto dalla legge, ma anche di astenersi dal redigere atti per i quali non si possiede la necessaria abilitazione. Per i cittadini, la sentenza serve da monito sulla necessità di affidarsi a professionisti qualificati per il grado di giudizio specifico, poiché un errore procedurale può precludere l’esame nel merito della propria difesa e comportare pesanti oneri economici.
Un appello contro una sentenza di condanna alla sola ammenda può essere convertito in ricorso per cassazione?
Sì, la Corte di Cassazione ha qualificato l’impugnazione, originariamente proposta come appello, come ricorso per cassazione, poiché la sentenza impugnata prevedeva una condanna alla sola ammenda e quindi non era appellabile.
Un appello convertito in ricorso per cassazione è valido se l’avvocato che lo ha firmato non è abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori?
No, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché proposto da un difensore non iscritto nell’albo speciale dei cassazionisti. La regola non prevede deroghe per il caso di appello convertito in ricorso.
Quali sono le conseguenze economiche per chi propone un ricorso inammissibile in queste circostanze?
I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali, al versamento di una somma di € 3.000,00 alla Cassa delle ammende e alla rifusione delle spese legali della parte civile, liquidate in € 1.900,00 oltre accessori.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6425 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6425 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/10/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CAMPOBASSO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a RIETI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/04/2021 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che le impugnazioni, originariamente qualificate come appelli e trasmesse alla Corte di cassazione per competenza, essendo state proposte contro sentenza inappellabile perché recante condanna alla sola ammenda, devono essere qualificate come ricorsi per cassazione;
che gli stessi sono inammissibili, in quanto proposti da soggetto privo di legittimazione e, cioè, da difensore non abilitato al patrocinio in cassazione al momento della loro presentazione;
che, infatti, «alla regola secondo cui il ricorso per cassazione è inammissibile qualora i motivi siano sottoscritti da avvocato non iscritto nello speciale albo dei professionisti abilitati al patrocinio dinanzi le giurisdizioni superiori, non è previ deroga per il caso di appello convertito in ricorso. In caso diverso verrebbero elusi in favore di chi abbia erroneamente qualificato il ricorso obblighi sanzionati per chi abbia proposto l’esatto mezzo di impugnazione» (ex multis, Sez. 6, n. 42385 del 17/09/2019, Rv. 277208; Sez. 4, n. 35830 del 27/06/2013, Rv. 256835);
che, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00;
che, poiché la parte civile ha depositato memoria chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, gli imputati devono anche essere condannati alla rifusione delle spese da questa sostenute, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Condanna inoltre gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi C 1900,00, oltre accessori di legge.