Appello contro rigetto: la Cassazione chiarisce la strada giusta
Quando un tribunale nega la revoca di una confisca, qual è lo strumento giuridico corretto per contestare tale decisione? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, offre una risposta chiara, sottolineando l’importanza di scegliere il giusto mezzo di impugnazione. Questo caso evidenzia come l’appello contro rigetto sia la via maestra da seguire in materia di misure di prevenzione, evitando errori procedurali che possono ritardare la giustizia. Analizziamo insieme la vicenda e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da un decreto di confisca emesso dal Tribunale di Roma nel 2017 a carico di un individuo, avente ad oggetto alcuni immobili. Successivamente, una società a responsabilità limitata, rivendicando diritti su tali beni, ha presentato un’istanza per ottenere la revoca della confisca.
Il 6 novembre 2023, il Tribunale di Roma ha rigettato questa istanza. Contro tale decisione, la società ha proposto direttamente ricorso per cassazione, lamentando vizi di errata applicazione della legge penale e inosservanza di norme processuali.
La Decisione della Corte: l’importanza dell’appello contro rigetto
La Corte di Cassazione, investita della questione, non è entrata nel merito della richiesta di revoca. Ha invece concentrato la sua attenzione su un aspetto puramente procedurale: la correttezza del mezzo di impugnazione utilizzato dalla società.
I giudici di legittimità hanno stabilito che l’impugnazione proposta doveva essere qualificata non come ricorso per cassazione, ma come appello. La Corte ha quindi disposto la conversione del ricorso in appello e la trasmissione di tutti gli atti alla Corte d’Appello di Roma, quale organo funzionalmente competente a decidere sulla questione.
Le Motivazioni della Conversione del Ricorso
La decisione della Suprema Corte si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza e codificato dalla legge. La motivazione principale risiede nell’articolo 10 del D.Lgs. n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), che individua espressamente nell’appello il mezzo previsto per impugnare i provvedimenti con cui il tribunale decide sulle istanze di revoca o modifica delle misure di prevenzione.
La giurisprudenza citata nell’ordinanza (tra cui Cass. n. 8530/2021 e Cass. S.U. n. 46898/2019) ha costantemente ribadito questo principio. Pertanto, presentare un ricorso per cassazione ‘per saltum’ (saltando un grado di giudizio) costituisce un errore procedurale.
Tuttavia, l’errore non ha comportato l’inammissibilità del gravame. La Corte ha applicato il principio di conservazione degli atti giuridici, sancito dall’art. 568, comma 5, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, se un’impugnazione è proposta a un giudice incompetente, quest’ultimo deve trasmetterla al giudice competente. In questo caso, la Cassazione ha riqualificato l’atto come appello contro rigetto e lo ha inviato all’organo corretto, la Corte d’Appello, per la decisione sul merito.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame ribadisce una regola procedurale fondamentale per chi opera nel campo delle misure di prevenzione. La scelta del corretto mezzo di impugnazione è cruciale. Errare può comportare ritardi significativi, anche se, come in questo caso, il principio di conservazione degli atti può ‘salvare’ l’impugnazione dall’inammissibilità. La lezione pratica è chiara: avverso il rigetto di un’istanza di revoca di una confisca di prevenzione, lo strumento da utilizzare è l’appello alla Corte d’Appello e non il ricorso diretto in Cassazione. Questa pronuncia serve da monito per garantire che il percorso verso la giustizia sia non solo sostanzialmente fondato, ma anche proceduralmente impeccabile.
Qual è il rimedio corretto per impugnare un’ordinanza che rigetta la revoca di una misura di prevenzione come la confisca?
Il rimedio corretto previsto dall’ordinamento è l’appello alla Corte d’Appello, come stabilito dall’art. 10 del d.lgs. n. 159 del 2011.
Cosa succede se si presenta un ricorso per cassazione invece di un appello?
Se l’impugnazione, pur errata nella forma, è presentata entro i termini di legge, la Corte di Cassazione può convertirla nel mezzo corretto (l’appello) e trasmettere gli atti al giudice competente (la Corte d’Appello), in applicazione dell’art. 568, comma 5, del codice di procedura penale.
La Corte di Cassazione ha deciso nel merito della richiesta di revoca della confisca?
No, la Corte di Cassazione non ha esaminato il merito della questione. Si è limitata a risolvere il problema procedurale, riqualificando l’impugnazione e demandando la decisione nel merito alla Corte d’Appello di Roma.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20134 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 20134 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 06/11/2023 del TRIBUNALE di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza emessa il 6 novembre 2023, il Tribunale di Roma ha rigettato l’istanza avanzata dalla società “RAGIONE_SOCIALE“, volta a ottenere la revoca della confisca degli immobili siti in Roma, alla INDIRIZZO, disposta con decreto emesso dal medesimo Tribunale il 22 febbraio 2017, in danno di COGNOME NOME.
Avverso l’indicata ordinanza, la “RAGIONE_SOCIALE” ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore, lamentando – con tre motivi di ricorso
i vizi di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali.
L’impugnazione proposta deve essere qualificata come ricorso in appello.
La giurisprudenza di legittimità, invero, ha individuato nell’appello – oggi previsto dall’art. 10, d.lgs. n. 159 del 2011 – il mezzo previsto dall’ordinamento per impugnare il provvedimento col quale il tribunale decide sull’istanza di revoca o di modifica delle misure di prevenzione (Sez. 1, n. 8530 del 21/01/2021, COGNOME, Rv. 280559; Sez. 5 n. 44682 del 2021, COGNOME; Sez. 1, n. 37311 del 09/06/2015, COGNOME, Rv. 264618; cfr., in motivazione, Sez. U, n. 46898 del 26/09/2019, COGNOME, Rv. 277156).
In conformità a quanto disposto dall’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., qualificata l’impugnazione come appello, deve essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Roma per l’esame e la decisione in merito.
P.Q.M.
Convertito il ricorso in appello, dispone trasmettersi gli atti alla Corte d appello di Roma per il giudizio.
Così deciso, il 9 febbraio 2024.