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Appello contro rigetto: la via corretta per la confisca

Una società ha impugnato con ricorso per cassazione il provvedimento del Tribunale che negava la revoca di una confisca di immobili. La Corte di Cassazione ha riqualificato l’impugnazione come appello contro rigetto, stabilendo che questo è il mezzo corretto previsto dalla legge, e ha trasmesso gli atti alla Corte d’Appello competente.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello contro rigetto: la Cassazione chiarisce la strada giusta

Quando un tribunale nega la revoca di una confisca, qual è lo strumento giuridico corretto per contestare tale decisione? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, offre una risposta chiara, sottolineando l’importanza di scegliere il giusto mezzo di impugnazione. Questo caso evidenzia come l’appello contro rigetto sia la via maestra da seguire in materia di misure di prevenzione, evitando errori procedurali che possono ritardare la giustizia. Analizziamo insieme la vicenda e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un decreto di confisca emesso dal Tribunale di Roma nel 2017 a carico di un individuo, avente ad oggetto alcuni immobili. Successivamente, una società a responsabilità limitata, rivendicando diritti su tali beni, ha presentato un’istanza per ottenere la revoca della confisca.

Il 6 novembre 2023, il Tribunale di Roma ha rigettato questa istanza. Contro tale decisione, la società ha proposto direttamente ricorso per cassazione, lamentando vizi di errata applicazione della legge penale e inosservanza di norme processuali.

La Decisione della Corte: l’importanza dell’appello contro rigetto

La Corte di Cassazione, investita della questione, non è entrata nel merito della richiesta di revoca. Ha invece concentrato la sua attenzione su un aspetto puramente procedurale: la correttezza del mezzo di impugnazione utilizzato dalla società.

I giudici di legittimità hanno stabilito che l’impugnazione proposta doveva essere qualificata non come ricorso per cassazione, ma come appello. La Corte ha quindi disposto la conversione del ricorso in appello e la trasmissione di tutti gli atti alla Corte d’Appello di Roma, quale organo funzionalmente competente a decidere sulla questione.

Le Motivazioni della Conversione del Ricorso

La decisione della Suprema Corte si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza e codificato dalla legge. La motivazione principale risiede nell’articolo 10 del D.Lgs. n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), che individua espressamente nell’appello il mezzo previsto per impugnare i provvedimenti con cui il tribunale decide sulle istanze di revoca o modifica delle misure di prevenzione.

La giurisprudenza citata nell’ordinanza (tra cui Cass. n. 8530/2021 e Cass. S.U. n. 46898/2019) ha costantemente ribadito questo principio. Pertanto, presentare un ricorso per cassazione ‘per saltum’ (saltando un grado di giudizio) costituisce un errore procedurale.

Tuttavia, l’errore non ha comportato l’inammissibilità del gravame. La Corte ha applicato il principio di conservazione degli atti giuridici, sancito dall’art. 568, comma 5, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, se un’impugnazione è proposta a un giudice incompetente, quest’ultimo deve trasmetterla al giudice competente. In questo caso, la Cassazione ha riqualificato l’atto come appello contro rigetto e lo ha inviato all’organo corretto, la Corte d’Appello, per la decisione sul merito.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame ribadisce una regola procedurale fondamentale per chi opera nel campo delle misure di prevenzione. La scelta del corretto mezzo di impugnazione è cruciale. Errare può comportare ritardi significativi, anche se, come in questo caso, il principio di conservazione degli atti può ‘salvare’ l’impugnazione dall’inammissibilità. La lezione pratica è chiara: avverso il rigetto di un’istanza di revoca di una confisca di prevenzione, lo strumento da utilizzare è l’appello alla Corte d’Appello e non il ricorso diretto in Cassazione. Questa pronuncia serve da monito per garantire che il percorso verso la giustizia sia non solo sostanzialmente fondato, ma anche proceduralmente impeccabile.

Qual è il rimedio corretto per impugnare un’ordinanza che rigetta la revoca di una misura di prevenzione come la confisca?
Il rimedio corretto previsto dall’ordinamento è l’appello alla Corte d’Appello, come stabilito dall’art. 10 del d.lgs. n. 159 del 2011.

Cosa succede se si presenta un ricorso per cassazione invece di un appello?
Se l’impugnazione, pur errata nella forma, è presentata entro i termini di legge, la Corte di Cassazione può convertirla nel mezzo corretto (l’appello) e trasmettere gli atti al giudice competente (la Corte d’Appello), in applicazione dell’art. 568, comma 5, del codice di procedura penale.

La Corte di Cassazione ha deciso nel merito della richiesta di revoca della confisca?
No, la Corte di Cassazione non ha esaminato il merito della questione. Si è limitata a risolvere il problema procedurale, riqualificando l’impugnazione e demandando la decisione nel merito alla Corte d’Appello di Roma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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