Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1919 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1919 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nata a Lamezia Terme il 11/08/1987
avverso la ordinanza del 09/07/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Catanzaro dichiarava inammissibile l’appello cautelare proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari in sede del 15 novembre 2024, che aveva respinto la sua istanza di revoca o modifica della misura cautelare carceraria in atto.
Secondo il Tribunale, l’appello era inammissibile sia perché un precedente incidente cautelare aveva già affrontato il medesimo profilo, senza che fossero prospettati elementi ulteriori; sia perché l’appello si limitava a reiterare le ragion poste a sostegno dell’istanza de libertate, senza analizzare il provvedimento impugnato.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagata, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 272 e ss., 275, comma 4 cod. proc. pen. e 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Il Giudice per le indagini preliminari aveva rigettato l’istanza difensiva ex art. 299 cod. proc. pen. molto articolata con motivazione sintetica, generica, schematica, di stile e standardizzata, omettendo di confrontarsi con i numerosi temi, anche nuovi, devoluti (tra i quali, la indicazione di un domicilio alternativo).
Anche l’ordinanza impugnata ha fornito una risposta altrettanto generica e di stile, nonché illogica (la difesa nón aveva chiesto la revoca, ma solo la modifica della misura cautelare).
E’ pacifico che con l’appello non si possano introdurre che gli stessi elementi già sottoposti al primo giudice (per cui è singolare che si incorra nella declaratoria di inammissibilità sol perché sono state riproposte le stesse ragioni dell’istanza de liberate). Il Tribunale non si è uniformato al principio che l’ordinanza che decide sulla richiesta di riesame può integrare la motivazione adotta dal primo giudice, salvo la stessa sia mancante.
In aggiunta va considerato che la mancanza di autonoma valutazione da parte del giudice legittima la Corte di cassazione ad accedere agli atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.
Il Tribunale ha rilevato un duplice profilo di inammissibilità dell’appello, uno dei quali assorbente e relativo alla genericità dell’impugnazione.
Secondo il Tribunale, l’appello era la mera riproposizione delle ragioni della istanza de libertate.
La difesa non contesta tale rilievo, ritenendo ammissibile l’appello così confezionato in presenza di un provvedimento privo di una effettiva motivazion9.-
Tale assunto è manifestamente infondato.
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Va rammentato che i motivi di appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali non possono limitarsi al semplice richiamo per relationem degli argomenti addotti a fondamento della originaria richiesta di applicazione, ma devono soddisfare, a pena di inammissibilità, il requisito della specificità, consistente nella precisa indicazione dei punti censurati e delle questioni di fatto e di diritto da sottoporre al giudice del gravame (Sez. 6, n. 47546 del 01/10/2013, Rv. 258664).
L’appello cautelare di cui all’art. 310 cod. proc. pen. ha la fisionomia strutturale e strumentale degli ordinari mezzi di impugnazione, con la conseguenza che allo stesso si applicano le norme generali in materia, tra cui le disposizioni di cui agli artt. 581 e 591 cod. proc. pen.; ne deriva che l’impugnazione deve non solo indicare i capi e i punti ai quali si riferisce, ma anche enunciare i motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta (Sez. 5, n. 9432 del 12/01/2017, Rv. 269098).
L’onere di specificità non viene meno di fronte un provvedimento immotivato, posto che in tal caso la critica sarà diretta pur sempre al vizio del provvedimento e non può essere surrogata dalla mera riproposizione della istanza.
Le Sezioni Unite infatti hanno, infatt,i chiarito che l’onere di specificità dei motivi di impugnazione, proposti con riferimento ai singoli punti della decisione, è direttamente proporzionale alla specificità delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, con riferimento ai medesimi punti (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822).
Come si è già condivisibilmente affermato (Sez. 4, n. 41981 del 24/10/2024), con questa precisazione si vuole intendere che, quanto più il provvedimento impugnato si presenti carente sotto il profilo argomentativo in relazione ad un punto o più punti della decisione oggetto di critica da parte dell’impugnante, tanto più si attenua l’onere difensivo di confutare in modo puntuale e rigoroso le valutazioni espresse dal primo giudice nell’atto di impugnazione. Tuttavia, la difesa deve necessariamente indicare nell’atto di appello quali punti della decisione siano interessati da carenza argomentativa e superficialità in relazione alle questioni di cui è investita la Corte d’appello, non potendo limitarsi ad una critica avulsa da riferimenti ai punti della sentenza censurata senza incorrere nel vizio della “genericità estrinseca”, la quale si connota per la mancanza di correlazione fra questi e le ragioni di fatto o di diritto su cui si basa la sentenza impugnata. Il tasso di indeterminatezza del provvedimento impugnato – il quale può essere più o meno elevato – non esonera la difesa dall’indicare i punti sui quali si sollecita l’intervento correttivo del giudice dell’appello.
Da quanto precede si ricava -che l’indeterminatezza della pronuncia di primo grado, rispetto alla quale si misura in termini proporzionali la specificità dei m
di appello, non può mai consentire la mancata individuazione nell’atto impugnazione dei punti sui quali la difesa intende sollecitare l’intervento giudice di appello, non potendosi intendere il giudizio di secondo grado come un giudizio nuovo, a tutto campo.
Solo per completezza, è appena il caso di aggiungere che il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari non era immotivato, come sostenuto dalla ricorrente, poiché indicava le precise ragioni del rigetto dell’istanza (mancanza elementi di novità idonei ad incidere sul quadro cautelare e indiziario, rispet precedente incidente cautelare che aveva vagliato negativamente le medesime argomentazioni difensive; allegazione di elementi irrilevanti ed inconferenti ai f della modifica in melius della situazione cautelare) rispetto alle quali dovevano appuntarsi le critiche avanzate nell’appello.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibil
La ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 co proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato present senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, dev altresì, disporsi che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativ tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il iMtr2L2024.