Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1699 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1699 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il 10/04/1976
avverso l’ordinanza del 28/11/2023 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
Lette le conclusioni, pervenute in data 11 ottobre 2024, del difensore di fiducia avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, di replica alle conclusioni del Sostituto Procuratore generale con le quali ha insistito per l’accoglimento del ricorso anche in relazione all’interrogatorio di Porcaro.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza depositata in data 28 novembre 2023, a seguito di giudizio di appello cautelare ex art. 310 cod. proc. pen., il Tribunale di Catanzaro, sezione del riesame, ha rigettato il gravame proposto nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza in data 6 luglio 2023 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale con la quale era stata rigettata l’istanza volta alla sostituzione della misura cautelare personale della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
NOME COGNOME risulta essere stato raggiunto da provvedimento restrittivo della libertà personale in quanto ritenuto gravemente indiziato di essere partecipe di
una associazione di tipo mafioso facente capo a NOME COGNOME (art. 416-bis, commi 1, 2, 3, 4, 5, e 6, cod. pen.), nonché per alcuni reati fine.
Ricorre per cassazione avverso la ordinanza il difensore di fiducia deducendo il motivo di cui in seguito.
2.1. Con l’unico motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione tradottosi in travisamento della prova quanto alla mancata valutazione delle dichiarazioni di NOME COGNOME.
Rileva al riguardo la difesa del ricorrente che l’ordinanza impugnata presenta vizi motivazionali in quanto nella stessa non si è tenuto conto, ai fini della valutazione della contestata partecipazione del ricorrente all’associazione di tipo mafioso, degli elementi sopravvenuti indicati nell’atto di gravame ed in particolare delle dichiarazioni sopravvenute a seguito della scelta di collaborazione con la giustizia di NOME COGNOME intervenuta nel 2023.
Infatti, secondo parte ricorrente, le dichiarazioni del COGNOME avrebbero ridimensionato il ruolo di COGNOME, ciò in quanto il collaboratore di giustizia ha affermato che non gli risulta che COGNOME sia affiliato alla cosca, ma sia stato solo coinvolto nell’episodio del Settimo Cafè e nella vicenda di NOME COGNOME.
Aggiunge, poi, la difesa del ricorrente che la motivazione dell’ordinanza impugnata è carente e contraddittoria nella parte in cui ritiene la mancanza di ulteriori riscontri giudicando estranei al devolutum i verbali di interrogatorio dei collaboratori di giustizia COGNOME, COGNOME e COGNOME. Avrebbe, infatti, errato il Tribunale nel ritenere che ci si trovi in presenza di un giudicato cautelare, in quanto le dichiarazioni dei collaboratori sono intervenute in un momento successivo rispetto all’emissione del provvedimento cautelare genetico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
1.11 Tribunale ha ritenuto inammissibili i profili dedotti, in quanto ampliativi dell’ambito cognitivo del giudice dell’appello cautelare, in violazione del principio devolutivo.
Tuttavia, le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente chiarito che nel giudizio di appello cautelare, celebrato nelle forme e con l’osservanza dei termini previsti dall’art. 127 cod. proc. pen., possono essere prodotti dalle parti elementi probatori “nuovi” nel rispetto del contraddittorio e del principio di devoluzione, contrassegnato dalla contestazione, dalla richiesta originaria e dai motivi contenuti nell’atto di appello (Sez. U, n. 15403 del 30/11/2023, dep.2024, COGNOME, Rv. 286155).
Le Sezioni Unite hanno rilevato che la scarna disciplina configurata nell’art. 310 cod. proc. pen. non consente di ricostruire in maniera autonoma i contorni dei poteri cognitivi attribuiti al giudice dell’appello, “imponendo, dunque, di
rivolgersi a tal fine ai principi che governano la materia cautelare, secondo un approccio esegetico di carattere sistematico[. .1″.
Nella logica tracciata dai principi generali sui quali si regge l’intero sistema cautelare, hanno ritenuto irragionevole che al giudice dell’appello cautelare “”.
2.Alla stregua del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, risulta evidente la fondatezza del motivo di ricorso.
L’appello cautelare proposto dall’interessato contestava il quadro indiziario sussistente in ordine alla partecipazione dell’indagato al sodalizio criminale e gli elementi nuovi prodotti dalla difesa si inserivano pienamente in tale linea difensiva, tendendo a dimostrare, attraverso le dichiarazioni del COGNOME l’estraneità di COGNOME al clan.
Il Tribunale del Riesame avrebbe dovuto valutare se le dichiarazioni del COGNOME unitamente agli altri elementi addotti dalla difesa e cioè le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME, COGNOME e COGNOME facessero venire meno il grave quadro indiziario posto a base della misura cautelare in atto.
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Catanzaro, per nuovo esame dell’istanza, che dovrà essere effettuato valutando le dichiarazioni di COGNOME anche alla luce dei verbali delle dichiarazioni di COGNOME, COGNOME e COGNOME, prodotti dalla difesa.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro – sezione riesame.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 15 ottobre 2024