Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2801 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2801 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, avverso l’ordinanza del 06-02-2024 del Tribunale di Trieste; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; udito l’avvocato NOME COGNOME sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia dei ricorrenti, il quale ha insistito nell’accoglimento dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 6 febbraio 2024, il Tribunale del Riesame di Trieste dichiarava inammissibile l’appello cautelare proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di sequestro del G.I.P. del Tribunale di Trieste del 22 dicembre 2023, avente ad oggetto il profitto del reato ex art. 10 quater del d. Igs. n. 74 del 2000 ascritto ai legali rappresentanti delle predette società, di cui è stata ritenuta configurabile la responsabilità amministrativa, ex art. 19 e 25 quinquiesdecies del d. Igs. n. 231 del 2001.
Avverso l’ordinanza del Tribunale, hanno proposto ricorso per cassazione, tramite gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, sollevando quattro motivi.
Con il primo, la difesa deduce l’erronea qualificazione dell’atto di appello depositato il 2 febbraio 2024, osservando che lo stesso non era rivolto al decreto originario di applicazione del sequestro, come erroneamente ritenuto dai giudici del riesame, ma era stato proposto, peraltro tempestivamente, avverso l’ordinanza del 23 gennaio 2024, con cui erano state dichiarate inammissibili le istanze di riesame propos& nell’interesse delle persone giuridiche, per assenza di validi mandati rilasciati ai sensi dell’art. 39 del d. Igs. n. 231 del 2001. Emerge infatti dalla lettura dell’impugnazione che le censure riguardano, tra l’altro, la mancata applicazione dell’effetto estensivo rispetto alle argomentazioni che avevano portato all’annullamento del decreto di sequestro rispetto agli amministratori delle società. Dunque, al di là di eventuali e marginali errori di forma, era evidente dalla lettura complessiva dell’atto che lo stesso era rivolto all’ordinanza del 23 gennaio 2024, per cui in tal senso si sollecita la rimessione dell’appello al Tribunale del Riesame per la relativa trattazione e deliberazione.
Con il secondo motivo, si contesta l’omessa declaratoria di incompetenza territoriale, rilevandosi che, ai sensi dell’art. 12 cod. proc. pen., esiste un’evidente connessione tra le aziende coinvolte nel procedimento pendente presso il Tribunale di Trieste e le indagini in corso presso l’Autorità giudiziaria di Vallo della Lucania, riguardanti un meccanismo fraudolento incentrato sulla società cartiera RAGIONE_SOCIALE in cui sono coinvolte 300 aziende dislocate nel territorio nazionale. 1
Con il terzo motivo, ci si duole del mancato effetto estensivo degli effetti favorevoli della decisione di annullamento del sequestro preventivo, fondata peraltro sul rilievo del difetto di motivazione del provvedimento cautelare reale, vizio questo estendibile a tutte le parti istanti del medesimo giudizio di riesame.
Con il terzo motivo, oggetto di doglianza è il giudizio sul fumus commisi delicti, rispetto al quale si osserva, dopo un’ampia ricognizione della normativa che ha istituito il credito di imposta per la formazione 4.0, che le verifiche dell’Agenzia
delle Entrate e della Guardia di Finanza non sono state supportate né da apposita consulenza tecnica, né dal parere del Ministero dello sviluppo economico, unico organismo statale in grado di stabilire se un determinato corso di formazione erogato e fruito dal dipendente sia sussumibile o meno nelle categorie previste dalla legge, essendo in realtà emerso dalla documentazione prodotta dalla difesa che lo svolgimento dei corsi è legittimamente avvenuto a distanza attraverso collegamenti in video dei dipendenti con il personale docente, dunque con modalità “aula virtuale”, il che rende non sostenibile l’affermazione secondo cui le prestazioni erogate fossero inesistenti, stanti la comprovata partecipazione dei dipendenti ai corsi formativi e la coincidenza tra le prestazioni concretamente rese, in termini di formazione in materia tecnologica, e la descrizione delle singole fatture. A ciò si aggiunge che le fatture risultano contabilizzate e debitamente saldate e che le somme liquide presenti sul conto al momento del sequestro sono il frutto di nuova finanza e/o accrediti effettuati da terzi clienti della società.
Tramite gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE nonché NOME COGNOME quale procuratore speciale dei legali rappresentanti delle predette società, hanno proposto, avverso l’ordinanza del 6 febbraio 2024 del Tribunale del Riesame, due distinti atti di appello, che sono stati qualificati come ricorsi per cassazione con provvedimento reso il 16 febbraio 2024 dal Presidente della Sezione Penale del Tribunale di Trieste, con contestuale trasmissione degli atti a questa Corte.
3.1. Con tali impugnazioni, i difensori, ripercorsi i passaggi essenziali della vicenda cautelare, hanno proposto sette doglianze, contestando rispettivamente: l’erronea qualificazione dell’atto di appello depositato il 2 febbraio 2024, che era rivolto non al decreto originario di sequestro, ma all’ordinanza del 23 gennaio 2024; la mancata declaratoria di incompetenza territoriale; l’omessa dichiarazione dell’effetto estintivo del riesame a tutti i destinatari del sequestro preventivo; l’assenza del fumus commisi delicti; l’insussistenza del periculum in mora; l’omesso accertamento del credito di imposta e delle asserite inesistenza e/o non spettanza e, infine, l’illegittimità del sequestro, nella misura in cui lo stesso è stato eseguito su conti correnti societari e personali, senza considerare le somme che potevano essere sottoposte a vincolo, rispetto a quelle che andavano escluse.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Iniziando dagli atti di appello a firma degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME convertiti in ricorso per cassazione con provvedimenti del 16 febbraio 2024, occorre rilevare che gli stessi sono inammissibili, in quanto proposti
da difensori non iscritti nell’albo speciale dei difensori abilitati al patrocinio dinanz alla Corte di cassazione, dovendosi evidentemente fare riferimento ai difensori che hanno sottoscritto gli atti, per cui non rileva la circostanza che le società ricorrenti abbiano designato, per la redazione di un distinto atto di impugnazione, l’avvocato NOME COGNOME abilitata al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori.
Parimenti irrilevante è il dato che gli atti di impugnazione originariamente proposti dai difensori dei ricorrenti non fossero ricorsi per cassazione, dovendosi in tal senso richiamare la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 42385 del 17/09/2019, Rv. 277208), secondo cui, in tema di impugnazioni, la conversione in ricorso per cassazione dell’istanza presentata al giudice del merito e redatta da avvocato non abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori non impedisce la dichiarazione di inammissibilità ai sensi dell’art. 613 cod. proc. pen., in quanto il principio di conservazione degli atti processuali, sotteso al meccanismo della conversione, non giustifica la deroga ai requisiti formali e sostanziali previsti per ciascun mezzo di gravame. A ciò deve solo aggiungersi che la conversione degli appelli in ricorsi per cassazione è stata legittima, posto che, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., il rimedio previsto per le ordinanze che decidono gli appelli cautelari reali è appunto il ricorso per cassazione.
2. Parimenti inammissibile è il ricorso a firma degli avvocati NOME COGNOMEquest’ultimo peraltro non abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori) e NOME COGNOME posto che, a prescindere da ogni valutazione di merito, è dirimente il rilievo che il Tribunale del Riesame ha correttamente dichiarato inammissibile l’appello cautelare proposto nell’interesse delle società avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. il 22 dicembre 2023, essendo il rimedio previsto all’uopo dall’art. 322 cod. proc. pen. l’istanza di riesame reale.
Immune da censure risulta inoltre la mancata qualificazione dell’appello cautelare in riesame, stante il decorso del termine per impugnazione, previsto in 10 giorni dalla data di esecuzione del sequestro, termine maturato nel caso di specie il 4 gennaio 2024 (o al più tardi al 22 gennaio 2024), mentre la proposizione dell’appello risale al 2 febbraio 2024, a nulla rilevando che nelle intenzioni dei ricorrenti l’atto da impugnare fosse quello del 23 gennaio 2024, con cui sono state dichiarate inammissibili le istanze di riesame delle persone giuridiche per difetto di validi mandati a impugnare, e ciò non solo perché i giudici del riesame hanno legittimamente avuto riguardo all’oggetto formale dell’impugnazione, che era appunto riferita al provvedimento di sequestro del 22 dicembre 2023, ma anche perché, in ogni caso, il rimedio esperibile avverso l’ordinanza del 23 gennaio 2024 sarebbe stato comunque il ricorso per cassazione e non l’appello cautelare reale rivolto al medesimo Tribunale che si era appena pronunciato sugli atti di riesame.
Ne consegue che le impugnazioni proposte nell’interesse delle società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE devono essere dichiar inammissibili, da ciò conseguendo l’onere per ciascuna ricorrente, ai sensi dell’a 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati pre s entati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, dispone infine che ciascuna ricorrente versi la somma, determinata in vi equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna pericorrenti al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 08.10.2024