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Appello cautelare per colloqui: la Cassazione decide

Una donna agli arresti domiciliari ha chiesto l’autorizzazione per visitare il coniuge in carcere. Il Tribunale ha negato il permesso. La difesa ha presentato ricorso per cassazione, ma la Suprema Corte ha chiarito che lo strumento corretto per impugnare tale diniego non è il ricorso diretto, bensì l’appello cautelare. Di conseguenza, ha riqualificato l’impugnazione e trasmesso gli atti al Tribunale competente per la decisione nel merito.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Cautelare: la Via Corretta per Modificare gli Arresti Domiciliari

Quando un soggetto si trova agli arresti domiciliari, ogni modifica alle condizioni di detenzione, come la richiesta di permessi per colloqui con familiari, segue un iter procedurale ben preciso. Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sullo strumento corretto per impugnare un diniego, individuandolo nell’appello cautelare. Questo caso specifico riguardava una donna agli arresti domiciliari che desiderava visitare il coniuge, anch’egli detenuto.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Colloqui tra Coniugi Detenuti

La vicenda ha origine dalla richiesta presentata dall’imputata, sottoposta alla misura degli arresti domiciliari, di essere autorizzata a effettuare colloqui ordinari con il proprio coniuge, detenuto in carcere nell’ambito dello stesso procedimento penale. L’istanza mirava a ottenere il permesso di allontanarsi temporaneamente dalla propria abitazione in giorni prestabiliti per recarsi presso l’istituto penitenziario.

Il Tribunale di Enna, con ordinanza del 23 dicembre 2024, ha rigettato tale richiesta. La motivazione del diniego si basava sul presunto ostacolo che i colloqui avrebbero rappresentato per il corretto e genuino svolgimento del processo. Ritenendo il provvedimento ingiusto e la motivazione meramente apparente, la difesa dell’imputata ha deciso di impugnarlo.

Il Ricorso e la Riqualificazione in Appello Cautelare

Il difensore ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, si sosteneva che il provvedimento del Tribunale fosse privo di una motivazione concreta, limitandosi a una formula generica senza spiegare in che modo i colloqui potessero effettivamente pregiudicare il processo.

Tuttavia, la Corte di Cassazione, prima ancora di entrare nel merito delle doglianze, ha affrontato una questione preliminare di natura procedurale. Ha osservato che la richiesta dell’imputata non era una semplice richiesta di colloqui, ma implicava una modifica sostanziale delle modalità esecutive della sua misura cautelare. Chiedere di poter uscire di casa per recarsi in un penitenziario equivale a chiedere una modifica temporanea delle prescrizioni degli arresti domiciliari.

In base a questa analisi, la Suprema Corte ha stabilito che il rimedio legale corretto per contestare il diniego non era il ricorso per cassazione, bensì l’appello cautelare, disciplinato dall’articolo 310 del codice di procedura penale.

Le Motivazioni della Cassazione: Perché l’Appello Cautelare è il Rimedio Corretto?

La Corte ha chiarito un principio fondamentale del diritto processuale penale: i provvedimenti che dispongono o modificano le modalità esecutive di una misura cautelare sono soggetti a uno specifico regime di impugnazione. L’istanza dell’imputata, pur finalizzata a ottenere dei colloqui, si traduceva nella richiesta di autorizzazione ad allontanarsi periodicamente dal luogo di detenzione domiciliare. Un provvedimento di questo tipo incide direttamente sulla misura cautelare in corso.

Di conseguenza, l’ordinanza del Tribunale che ha respinto tale istanza rientra a pieno titolo tra quelle appellabili davanti al Tribunale distrettuale in funzione di giudice dell’appello cautelare. Il ricorso per cassazione è un rimedio esperibile solo per questioni di legittimità (cioè di corretta applicazione della legge), mentre l’appello consente un riesame più ampio della decisione, anche nel merito.

Per questo motivo, la Corte di Cassazione ha disposto la riqualificazione dell’impugnazione da ricorso per cassazione ad appello cautelare e ha ordinato la trasmissione degli atti al Tribunale distrettuale di Caltanissetta, identificato come l’organo funzionalmente competente a decidere sulla questione.

Conclusioni: L’Importanza della Corretta Impugnazione

Questa ordinanza ribadisce l’importanza di individuare con precisione il mezzo di impugnazione corretto nel processo penale. Sebbene la Corte abbia ‘salvato’ l’impugnazione riqualificandola, un errore procedurale di questo tipo può, in altri contesti, portare a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la conseguente perdita del diritto di contestare la decisione. La scelta tra ricorso per cassazione e appello cautelare dipende dalla natura del provvedimento impugnato: il primo per le violazioni di legge, il secondo per le decisioni che riguardano l’applicazione e la modifica delle misure cautelari. La decisione della Cassazione, quindi, non solo indirizza il caso specifico verso il giudice competente, ma offre anche una chiara indicazione procedurale per casi futuri simili.

Qual è il rimedio corretto per contestare un’ordinanza che nega la modifica delle modalità degli arresti domiciliari?
Il rimedio corretto è l’appello cautelare, come previsto dall’art. 310 del codice di procedura penale, da presentare al Tribunale distrettuale competente.

Perché la Corte di Cassazione ha riqualificato il ricorso?
La Corte ha riqualificato il ricorso perché la richiesta dell’imputata, pur avendo come scopo i colloqui, implicava una modifica delle modalità esecutive della misura degli arresti domiciliari. Per questo tipo di provvedimenti, la legge prevede l’appello cautelare e non il ricorso per cassazione.

Cosa succede se si presenta un’impugnazione errata?
In questo caso, la Corte di Cassazione ha potuto riqualificare l’impugnazione e trasmettere gli atti al giudice competente. Tuttavia, in generale, la presentazione di un mezzo di impugnazione non corretto può portare a una dichiarazione di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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