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Appello Cautelare: la Cassazione corregge il PM

La Corte di Cassazione interviene su un ricorso presentato da un Procuratore della Repubblica contro il diniego di una misura cautelare. La Corte dichiara inammissibile il ricorso diretto (per saltum), riqualificandolo nel corretto rimedio dell’appello cautelare. La decisione sottolinea che l’appello è l’unico strumento previsto contro le ordinanze che rigettano l’applicazione di misure coercitive, mentre il ricorso diretto in Cassazione è riservato solo ai provvedimenti che dispongono una misura e unicamente per vizi di legge.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Cautelare: la Cassazione Chiarisce il Rimedio Contro il Rigetto delle Misure

Nel complesso panorama della procedura penale, la scelta dello strumento di impugnazione corretto è cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla differenza tra ricorso per saltum e appello cautelare, chiarendo quale sia la via da percorrere quando un giudice nega una misura restrittiva della libertà personale. Questo caso evidenzia come un errore procedurale possa portare a una riqualificazione dell’atto da parte della Suprema Corte, garantendo comunque che la questione venga esaminata dall’organo competente.

I Fatti del Caso: Il Rigetto della Misura Cautelare

La vicenda ha origine con l’arresto di un soggetto per il reato di evasione. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), pur convalidando l’arresto, ha respinto la richiesta del Pubblico Ministero di applicare una misura cautelare. La motivazione del GIP si fondava sull’articolo 275, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma vieta l’applicazione di misure cautelari se è prevedibile che la pena finale, in caso di condanna, non supererà i tre anni di detenzione.

L’impugnazione e la scelta di un errato appello cautelare

Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica ha deciso di impugnare, ma ha scelto una via processuale errata. Invece di proporre un appello cautelare al Tribunale del Riesame, ha presentato un ricorso diretto alla Corte di Cassazione, il cosiddetto ‘ricorso per saltum’.

Il PM sosteneva una violazione di legge, argomentando che il limite di pena previsto dall’art. 275, comma 2-bis, non si applicherebbe nei casi di arresto in flagranza, per i quali l’art. 391, comma 5, c.p.p. consentirebbe l’applicazione della custodia in carcere anche al di fuori dei limiti di pena ordinari.

La Decisione della Cassazione: Riqualificazione in Appello Cautelare

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso diretto, ma non ha chiuso la porta alla richiesta del PM. I giudici hanno proceduto a riqualificare l’impugnazione, trasformandola da ricorso per cassazione in appello cautelare e trasmettendo gli atti al Tribunale del Riesame di Palermo, l’organo funzionalmente competente a decidere.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha spiegato in modo chiaro e netto le ragioni della sua decisione. Il ricorso immediato per cassazione (ex art. 311, comma 2, c.p.p.) è un rimedio eccezionale, ammesso solo contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva e unicamente per motivi di violazione di legge. Nel caso di specie, l’ordinanza del GIP non aveva disposto, ma al contrario, aveva rigettato la richiesta di misura cautelare.

Il codice di procedura penale, all’articolo 310, prevede uno strumento specifico per contestare le ordinanze di rigetto: l’appello cautelare. Questo rimedio va proposto al Tribunale del Riesame, che può riesaminare la questione sia in punto di diritto che di fatto. Di conseguenza, il ricorso del PM, essendo stato proposto per saltum in un’ipotesi non consentita, doveva essere riqualificato nell’unico mezzo di impugnazione effettivamente esperibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del sistema delle impugnazioni cautelari: la netta distinzione tra i rimedi a disposizione dell’accusa e della difesa a seconda dell’esito della richiesta. Se una misura viene applicata, l’indagato può ricorrere al riesame o, in casi limitati, direttamente in Cassazione. Se, come in questo caso, la misura viene negata, il Pubblico Ministero deve obbligatoriamente percorrere la strada dell’appello al Tribunale del Riesame. La decisione della Corte, attraverso la riqualificazione, ha corretto l’errore procedurale e ha garantito che la questione venisse comunque decisa nel merito dal giudice competente, preservando i principi di legalità e del doppio grado di giurisdizione anche in materia cautelare.

Qual è il rimedio corretto se il giudice rigetta la richiesta di una misura cautelare avanzata dal Pubblico Ministero?
Il rimedio corretto previsto dalla legge è l’appello cautelare al Tribunale del Riesame, ai sensi dell’art. 310 del codice di procedura penale.

Quando è possibile per il Pubblico Ministero ricorrere direttamente in Cassazione (ricorso per saltum) contro un’ordinanza in materia di misure cautelari?
Il ricorso per saltum è consentito solo contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva e unicamente per denunciare una violazione di legge, come stabilito dall’art. 311, comma 2, del codice di procedura penale. Non è ammesso contro le ordinanze di rigetto.

Cosa accade se viene proposto un mezzo di impugnazione errato?
Se viene proposto un mezzo di impugnazione errato, come un ricorso per saltum al posto di un appello, il giudice superiore può ‘riqualificare’ l’atto nel mezzo di impugnazione corretto, purché ne sussistano i requisiti, e trasmettere gli atti all’organo competente per la decisione. Questo principio, noto come conservazione degli atti giuridici, evita che un errore formale impedisca la valutazione nel merito della questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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