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Appello cautelare: la Cassazione converte il ricorso

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’unico rimedio contro il rigetto di un’istanza di revoca degli arresti domiciliari è l’appello cautelare. Un ricorso immediato in Cassazione, in questi casi, è inammissibile e viene convertito in appello, con rinvio degli atti al Tribunale competente. La decisione chiarisce i corretti strumenti di impugnazione delle misure cautelari.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Cautelare: Quando il Ricorso in Cassazione è Sbagliato

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione V Penale, offre un’importante lezione sulla corretta procedura per impugnare i provvedimenti relativi alle misure cautelari. Il caso in esame riguarda il rigetto di un’istanza di revoca degli arresti domiciliari e chiarisce perché l’unico strumento a disposizione della difesa sia l’appello cautelare e non il ricorso diretto in Cassazione. Analizziamo insieme la vicenda e le ragioni giuridiche della decisione.

I Fatti di Causa

Un individuo, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari per il reato di atti persecutori, presentava un’istanza al Giudice monocratico di Reggio Calabria per ottenere la revoca o la sostituzione della misura. Il Giudice, con un’ordinanza del 28 agosto 2024, rigettava la richiesta. Avverso questa decisione, la difesa proponeva un ricorso immediato per Cassazione, ritenendo di poter ‘saltare’ il grado di appello.

La Conversione del Ricorso in Appello Cautelare

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua forma originaria, disponendone la conversione in appello. Questo significa che il ricorso, pur essendo stato presentato a un’autorità giudiziaria superiore e diversa da quella competente, non è stato rigettato in toto, ma ‘corretto’ e riqualificato come l’atto che avrebbe dovuto essere sin dall’inizio: un appello. Gli atti sono stati quindi trasmessi al Tribunale di Reggio Calabria, che opererà come giudice dell’appello cautelare.

Il Principio della Conversione dell’Impugnazione

Il Codice di Procedura Penale, all’articolo 568, comma 5, stabilisce un principio di conservazione degli atti giuridici: se un’impugnazione viene proposta a un giudice incompetente, questi la trasmette a quello competente. La Corte ha applicato questo principio, ‘salvando’ l’iniziativa della difesa e incanalandola nel percorso procedurale corretto.

Le Motivazioni della Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su una chiara distinzione tracciata dal codice di procedura penale riguardo ai mezzi di impugnazione delle misure restrittive della libertà personale. La Corte ha ribadito che il rimedio generale contro i provvedimenti che rigettano una richiesta di revoca o sostituzione di una misura cautelare è esclusivamente l’appello, come previsto dall’articolo 310 del codice di procedura penale.

Il ricorso immediato per Cassazione (noto come ricorso per saltum), previsto dall’articolo 311, comma 2, è un’eccezione e può essere utilizzato solo in due circostanze ben definite:

1. Contro le ordinanze che dispongono per la prima volta una misura coercitiva.
2. Esclusivamente per denunciare una violazione di legge.

Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata non disponeva una nuova misura, ma si limitava a confermare quella esistente, rigettando una richiesta di revoca. Pertanto, non rientrava nelle ipotesi che consentono il ricorso diretto alla Cassazione. La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali consolidati per rafforzare questa interpretazione, sottolineando che ogni provvedimento relativo allo status libertatis deve seguire il percorso di impugnazione previsto specificamente dalla legge.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un promemoria fondamentale sull’importanza del rispetto delle regole procedurali. La scelta del corretto mezzo di impugnazione non è una mera formalità, ma una condizione essenziale per la validità dell’azione legale. La decisione della Cassazione, pur ‘correggendo’ l’errore della difesa attraverso la conversione dell’atto, evidenzia che il percorso standard per contestare la permanenza di una misura cautelare è e rimane l’appello cautelare dinanzi al Tribunale del riesame. Questo garantisce il principio del doppio grado di giudizio di merito anche in materia di libertà personale, riservando il giudizio della Cassazione alle sole questioni di legittimità nei casi tassativamente previsti.

Qual è il rimedio corretto per impugnare un’ordinanza che nega la revoca degli arresti domiciliari?
L’unico rimedio ammesso dalla legge è l’appello, previsto dall’articolo 310 del codice di procedura penale, da presentare al Tribunale competente in funzione di giudice dell’appello cautelare.

Quando è possibile presentare un ricorso immediato in Cassazione contro una misura cautelare?
Il ricorso immediato per Cassazione (ricorso per saltum) è consentito, ai sensi dell’articolo 311, comma 2, c.p.p., solo contro le ordinanze che dispongono per la prima volta una misura coercitiva e unicamente per motivi di violazione di legge.

Cosa succede se si presenta un tipo di ricorso sbagliato?
In base al principio di conservazione degli atti processuali (art. 568, comma 5, c.p.p.), se l’impugnazione presenta i requisiti formali di un altro tipo di gravame, il giudice la qualifica correttamente e la trasmette all’autorità competente. Nel caso specifico, il ricorso per Cassazione è stato convertito in appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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