Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7471 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 7471 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Macedonia il 15/08/1973 rappresentato e difeso dall’avv.
NOME COGNOME di fiducia
avverso l’ordinanza del 19/11/2024 della Corte di appello di Firenze, prima sezione penale visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di rituale richiesta di trattazione orale secondo quanto disposto dagli artt. 610, commi 1 e 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen.; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte depositate dal sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto la riqualificazione dell’impugnazione come appello cautelare con trasmissione degli atti al Tribunale di Firenze, competente ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen.;
lette le conclusioni scritte depositate dall’avv. NOME COGNOME difensore de ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza la Corte di appello di Firenze ha rigettato la richiesta avanzata nell’interesse di NOME di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella della presentazione alla polizia giudiziaria unitamente all’obbligo di dimora o comunque con quelle non detentive di cui agli artt. 282 e 283 cod. proc. pen, anche con braccialetto elettronico.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore fiduciario, deducendo con un unico motivo, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., la manifesta illogicità dell’ordinanza di cui sopra.
Deduce il ricorrente che la Corte di appello ha affermato di non potere accedere alla richiesta difensiva di sostituzione del regime carcerario con quello domiciliare e ha incentrato tutte le argomentazioni sulla non praticabilità della misura prevista dall’art. 284 cod. proc. pen. elencando una serie di circostanze ad essa ostative, mentre invece l’istanza avanzata ai sensi dell’art. 299 codice di rito era quella di applicazione di una cautela non detentiva.
La motivazione è dunque manifestamente illogica rispetto al petitum.
Essa richiama una precedente ordinanza con la quale era stata respinta una prima richiesta di sostituzione della custodia carceraria con la misura degli arresti domiciliari e svolge una serie di considerazioni in punto di inidoneità del domicilio presso l’abitazione della moglie e di assenza di dichiarazione di disponibilità di quest’ultima ad ospitare l’imputato e a mantenerlo, che esulano del tutto dall’oggetto della richiesta difensiva.
Deduce altresì il ricorrente la sussistenza di una serie di elementi – ignorati dalla Corte di appello – idonei all’accoglimento della richiesta di sostituzione del regime custodiale con una misura non detentiva, rispetto alla quale lo stesso Procuratore generale aveva espresso parere favorevole, segnatamente:
-il risarcimento del danno in favore delle persone offese, integralmente satisfattorio e sintomo di resipiscenza;
l’attiva partecipazione dell’imputato a percorsi rieducativi all’interno del carcere, significativa della comprensione del disvalore del reato commesso;
-il lungo tempo di custodia cautelare sofferto essendo trascorsi quasi due anni dall’arresto ed avendo l’imputato già scontato due terzi della pena che nel giudizio di appello è stata ridotta a tre anni e un mese di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è stato proposto avverso un’ordinanza emessa dal giudice di merito di rigetto della richiesta, formulata ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con altra meno afflittiva.
Avverso tale provvedimento è ammesso esclusivamente il rimedio dell’appello, previsto dall’art. 310, cod. proc. pen., in quanto il ricorso immediato per cassazione, ai sensi dell’art. 311, comma 2, cod. proc. pen., può essere proposto esclusivamente contro le ordinanze che “dispongono una misura coercitiva” e solo per violazione di legge, nonché, come disposto dall’ art. 568, comma 2, del codice di rito contro i provvedimenti concernenti lo status libertatis, non altrimenti impugnabili e, quindi, non è esperibile avverso le ordinanze relative alla modifica delle misure cautelari per le quali, appunto, è previsto l’appello al tribunale della libertà e, solo in esito a tale gravame, il ricorso per cassazione (Sez. 1, n. 18963 del 10/04/2013, COGNOME, Rv. 256032; Sez. 5, n. 35735 del 31.3.2015, PO in proc. S., Rv. 265866; Sez. 1, n. 9657 del 05/10/2016 dep. 2017, COGNOME, Rv. 269418; Sez. 2, ord. n. 24349 del 24/05/2022, COGNOME, Rv. 283178; Sez. 6, ord. n. 15125 del 07/03/2023, T., Rv. 284581).
Il ricorso deve quindi essere qualificato come appello de libertate ai sensi dell’art. 310 comma 1, cod. proc. pen. con trasmissione degli atti al Tribunale di Firenze competente ai sensi dell’art.309, comma 7, cod. proc. pen.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma-1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perc provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Qualificato il ricorso come appello ex art. 310 cod. proc. pen., dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Firenze competente ai sensi dell’art.309, comma 7, cod. proc. pen. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 23/01/2025.