Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26271 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26271 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Perugia il 28/03/2023;
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, che ha chiesto l’annullamen con rinvio della ordinanza impugnata;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia del ricorrente, ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Perugia ha dichiarato inammissibile l’appello cautelare proposto avverso l’ordinanza con cui il Tribunale ha rigettato la richiesta avanzata nell’interes di NOME COGNOME, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, di restituzione e distruzione del contenuto delle conversazioni intercorse tramite chat whats app con NOME COGNOME; dette conversazioni sono state estratte dal telefono cellulare – sottoposto a sequestro probatorio – di COGNOME .
NOME COGNOME è soggetto terzo rispetto al reato previsto dall’art. 318 cod. pe quale COGNOME COGNOME imputato in funzione probatoria del quale è stato disposto il sequestro del cellulare e, quindi, delle conversazioni di cui è stata chiesta la restituzione, anc della copia.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
Si premette che nel corso della udienza dibattimentale del 17.1.2023 il Pubblico ministero aveva affermato che le conversazioni con il ricorrente, contenute nella chat del telefono cellulare sequestrato a COGNOME, non sarebbe stata utilizzata in sede processuale.
Il Tribunale, si argomenta, avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile l’appello proposto dal soggetto terzo non indagato – sul presupposto che la legittimazione ad impugnare sussista solo nei casi in cui sia configurabile una relazione giuridica o fattual – tra il bene e il titolare del diritto su di esso – idonea a radicare una pretes restituzione; nel caso in esame, secondo il Tribunale, la legittimazione sarebbe solo dell’imputato in quanto verrebbero in rilievo solo i dati contenuti in un hardware – quel del telefono cellulare – nella sua esclusiva titolarità.
Sostiene invece il ricorrente che la libertà e la segretezza della corrispondenza costituiscono, così come chiarito dalla Corte costituzionale, diritti inviolabili ai dell’art. 15 Cost., limitabili solo con un atto motivato dell’Autorità giudiziaria c garanzie previste dalla legge (in tal senso si richiama Corte cost., n. 20 del 2017 e l giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo).
Si evidenzia come si fosse evidenziato che in quella chat vi erano dati personali riservati, riconducibili alla nozione di corrispondenza, e, dunque, come, nella specie, v fosse un diritto soggettivo comprimibile solo in presenza di un interesse pubblicistico che, come detto, non sarebbe mai stato in concreto delineato, essendo stato escluso ogni interesse probatorio di quelle “res”.
Si aggiunge che sarebbe stata inoltre creata e mantenuta irritualmente una copia indistinta e massiva di tutto il contenuto del telefono, così contravvenendo al dirit affermato anche dalle Sezioni unite, di ogni soggetto alla tutela e alla disponibili esclusiva del proprio “patrimonio informativo”.
I soggetti che possono subire un danno alla liberta di corrispondenza e alla segretezza, si afferma, sono, in quanto titolari del medesimo diritto, tutti gli interloc della corrispondenza, non potendo essere compiute arbitrarie distinzioni tra i coautori.
Dunque, al terzo estraneo al reato, rispetto al quale è violato – senza effettiva ragion – il diritto alla segretezza della propria corrispondenza deve essere riconosciuto il diri di chiedere di verificare se il sequestro abbia ancora ragione d’essere o se, invece, sia cessata ogni esigenza probatoria giustificativa del sequestro.
Sarebbe, quindi, errata l’affermazione del Tribunale secondo cui se si riconoscesse al terzo il diritto di tutelare il diritto alla segretezza della propria corrispondenza si fin per legittimare la possibilità a ciascun soggetto di chiedere la restituzione dei d informatici.
Sarebbe inoltre viziata l’affermazione del Tribunale secondo cui il ricorrente avrebbe potuto azionare il rimedio previsto dall’art. 269, comma 2, cod. proc. pen., atteso che l’istanza sarebbe stata finalizzata non alla distruzione ma alla restituzione della chat co conseguente cancellazione della copia forense.
È pervenuta una articolata memoria nell’interesse del ricorrente che, valorizzando la sentenza n. 170 del 2023 della Corte costituzionale ed alcune sentenze della Corte in cui si afferma che comunque sarebbe consentito il ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost. nel caso di provvedimenti del giudice incidenti sulla libert personale – ribadisce come il ricorso nel caso di specie dovrebbe essere ammesso trattandosi – quello alla libertà e alla segretezza della corrispondenza – di un dir inerente alla libertà personale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Prescindendo da ogni considerazione sulla finalità probatoria delle conversazioni in sequestro rispetto al reato per cui si procede, su cui obiettivamente nulla è stato chiarit dai Giudici di merito, e sulla necessità che i beni siano sottoposti al vincolo reale solo davvero strumentali alla prova del reato, le Sezioni unite hanno affermato che il provvedimento del giudice dell’udienza preliminare di rigetto della richiesta d dissequestro di beni sottoposti a sequestro probatorio non è impugnabile dall’interessato.
Nell’affermare detto principio, le Sezioni unite hanno chiarito come la tesi – no condivisa – secondo cui la decisione del giudice dell’udienza preliminare sulla restituzione del bene sottoposto a sequestro probatorio potrebbe essere immediatamente impugnata (con appello cautelare o con ricorso per cassazione) non spiega, perché se così fosse, a fronte di detta immediata ricorribilità, l’ordinanza in tema di restituzione del giudice dibattimento non sarebbe invece immediatamente impugnabile, dovendo sopportare i tempi più lunghi del processo e potendo essere impugnata solo insieme alla sentenza (così testualmente, Sez. U., n. 32938 del 19/01/2023, L, Rv. 284993).
Secondo le Sezioni unite, quindi, l’ordinanza con cui, dopo l’esercizio dell’azione penale, il Tribunale rigetta la richiesta di restituzione di beni sottoposti a seques probatorio non è immediatamente impugnabile con l’appello cautelare (in tal senso
anche Sez. 5, n. 14715 del 07/03/2019, COGNOME, Rv. 276506; Sez. 3, n. 2878 del 30/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238591; Sez. 2, n. 43778 del 10/10/2013, COGNOME, Rv. 257307).
Ne consegue che avverso l’ordinanza di rigetto emessa, come nel caso di specie, dal Tribunale in sede dibattimentale non poteva essere proposto appello.
Alla inammissibilità dell’appello cautelare consegue la inammissibilità del ricorso per cassazione in esame con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna H ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2024.