Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6797 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6797 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal COGNOME NOME nato aierni il 20/05/1974; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la ordinanza del 21/06/2024 del tribunale del riesame di Bologna, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha chi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Bologna, ad con atto di appello nell’interesse di COGNOME NOME avverso la ordinanza del maggio 2024 del tribunale di Bologna, di rigetto della richiesta di revoca d misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, conferm l’ordinanza impugnata.
Avverso la predetta ordinanza COGNOME GiovanniCOGNOME mediante il proprio difensore ha proposto, con due motivi, ricorso per cassazione.
Deduce, con il primo, il vizio di violazione di legge in ordine all’ 273 cod. proc. pen. comma 1, sostenendo che sia il pubblico Ministero che il G avrebbero formulato congetture investigative, illustrate in ricorso, che integrerebbero gravi indizi.
Con il secondo motivo rappresenta la violazione dell’art. 274 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. e dell’art. 275 cod. proc. pen., per man motivazione in ordine al pericolo di reiterazione come anche in ordine al criteri scelta della misura custodiale in atto. Emergerebbero i predetti vizi nonostant incensuratezza e l’evidenziazione, da parte della difesa, della distanza tempo tra i fatti contestati e il momento di applicazione della misura, e non vi sa dunque un concreto e attuale pericolo di reiterazione. Non si comprenderebbe quindi, la mancata revoca o applicazione di una misura meno afflittiva.
Il ricorso, come articolato nei due motivi sopra riassunti, inammissibile. Esso innanzitutto trascura il principio per cui, dopo il rin giudizio dell’imputato, la competenza del tribunale cosiddetto della liber limitata alla verifica delle esigenze cautelari e dell’adeguatezza della mis atto, con esclusione di ogni potere di sindacato in ordine alla sussistenza dei indizi di colpevolezza, la cui valutazione è ormai demandata ai giudici dibattimento; quando poi la sussistenza di tali esigenze e l’adeguatezza d misura concretamente adottata sono sottratte alla discrezionalità del giudi perché presunte dall’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen., i poteri di tribunale si restringono ulteriormente, residuando solo la possibilità di verif ai fini della revoca della misura, la sussistenza delle fattispecie impe dell’applicabilità della custodia cautelare in carcere elencate dal comma qu della citata disposizione (Sez. 1, n. 3277 del 26/05/1995 Rv. 201922 – 01). altresì premesso che in sede di appello cautelare, quale quello che viene qu rilievo, avverso l’ordinanza emessa a seguito di istanza di revoca o sostituz di una misura cautelare personale, al Tribunale non può essere chiesto riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrit dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corre e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesist o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la sussistenza di esigenze cautelari, in ragione dell’effetto devo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (Sent. n. 961 del 1996 Rv. 204696, N. 43112 del 2015 Rv. 265569; Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Rv. 266676; N. 1134 del 1995 Rv. 201863). Nella delineata prospettiva, l’appello cautelare – e la decisione che lo definisce – si qualific la rilevanza di necessari requisiti di novità, non potendosi l’atto di impugna risolvere nella mera deduzione – e nella rivalutazione – della sussistenza condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il giudice, pertanto, non deve riesaminare la questione della sussiste delle condizioni di applicabilità della misura stessa, ma solo stabilir provvedimento gravato sia immune da violazioni di legge ed adeguatamente
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motivato in relazione all’allegazione di fatti nuovi, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare il quadro probatorio o ad influire sull’esigenza della misura cautelare, fermo restando il dovere, in ogni caso, e dunque anche indipendentemente da qualsiasi sollecitazione dell’interessato, di revocare immediatamente la misura allorché ne siano venute meno le condizioni di applicabilità (Sez. 6 – n. 45826 del 27/10/2021 Rv. 282292 – 01; Cass. sez. 2, sent. n. 1134 del 22/02/1995, Rv. 201863).
A questi principi si è attenuto il tribunale del riesame in grado di appello, laddove ha compiutamente illustrato, senza puntuale confutazione difensiva – limitatasi a riproporre, inammissibilmente, per la fase di giudizio che viene in rilievo, una personale revisione dei gravi indizi e delle esigenze cautelari già esaminati – la mancanza di necessari elementi di novità funzionali al giudizio di appello in rilievo, peraltro aggiungendo, perspicuamente, argomentazioni a sostegno della irrilevanza di allegazioni astrattamente ascrivibili al novero di “nove”, quali fatture e bolle riportanti una data diversa e successiva rispetto a quella del fatto contestato, la presunta inutilizzabilità di dati del GPS erroneamente ricondotti nel regime delle intercettazioni, oltre a sottolineare, correttamente, come i profili afferenti a esigenze cautelari non fossero stati sottoposti all’esame del tribunale collegiale, con conseguente inammissibilità della loro nuova ed esclusiva proposizione dinnanzi al tribunale del riesame. Completa il quadro della corretta risposta fornita dal tribunale del riesame, l’ulteriore rilievo, in ogni caso, della genericità delle deduzioni sollevate in tema di esigenze cautelari. In proposito, è utile soggiungere che in tema di esigenze cautelari, il tempo decorso dall’applicazione della misura non può essere posto da solo a base di un giudizio di attenuazione delle stesse, ma costituisce soltanto un dato di novità valutabile insieme ad altri elementi idonei ad indurre un mutamento della complessiva situazione relativa allo status libertatis (tra le altre sez. 3, n. 23424 del 15/05/2001 Rv. 219527 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
GLYPH Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2025.