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Appello cautelare: i limiti del giudice del riesame

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di dissequestro emessa da un Tribunale del Riesame. La Corte ha stabilito che, in sede di appello cautelare, il giudice di secondo grado non può decidere su una richiesta di dissequestro se alla base c’era solo un’istanza di autorizzazione all’uso del bene. Questo viola il principio della “doppia devoluzione”, che limita la cognizione del giudice d’appello ai soli punti e motivi proposti al primo giudice. Il caso riguardava un’aviosuperficie sequestrata dopo un incidente.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello cautelare: i limiti del giudice del riesame

Nel complesso mondo della procedura penale, le regole che governano le impugnazioni sono fondamentali per garantire un processo equo e ordinato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 576/2025) ha ribadito un principio cardine in materia di appello cautelare: il giudice del riesame non può decidere su questioni o richieste che non sono state precedentemente sottoposte al vaglio del primo giudice. Questa decisione sottolinea l’importanza del principio della “doppia devoluzione”, che limita l’ambito di cognizione del giudice di secondo grado.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal sequestro preventivo di un’aviosuperficie, disposto nell’ambito di un procedimento penale per il reato di disastro aviatorio colposo. La società che gestiva l’infrastruttura, per onorare un contratto con un’importante azienda del settore elicotteristico, presentava un’istanza al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP). La richiesta non era di dissequestro, ma mirava a ottenere l’autorizzazione per consentire l’uso temporaneo della pista alla società terza per attività di collaudo.

Il GIP respingeva l’istanza, ritenendo che le esigenze cautelari che avevano giustificato il sequestro fossero ancora presenti e che la concessione in uso avrebbe favorito la concretizzazione del rischio che il vincolo intendeva prevenire. In sostanza, il pericolo era legato alle caratteristiche strutturali della pista, indipendentemente da chi la utilizzasse.

La Decisione del Tribunale del Riesame e il Ricorso in Cassazione

Contro la decisione del GIP, la difesa proponeva appello al Tribunale del Riesame. In questa sede, tuttavia, la strategia difensiva cambiava radicalmente. Invece di insistere sulla richiesta di autorizzazione all’uso, la difesa sosteneva il venir meno delle esigenze cautelari a seguito di una presunta modifica del quadro normativo. Si affermava che la pista, a causa di nuove regolamentazioni, fosse stata declassata a semplice “campo di volo”, non più soggetto alle stringenti norme di sicurezza delle aviosuperfici. Su questa base, si chiedeva di fatto il dissequestro del bene.

Il Tribunale del Riesame accoglieva questa nuova tesi e disponeva il dissequestro. Contro tale ordinanza, il Pubblico Ministero proponeva ricorso per Cassazione, lamentando che il Tribunale avesse deciso “ultra petitum”, ovvero andando oltre la richiesta originaria presentata al GIP, violando così le norme sulla competenza e il principio devolutivo dell’appello.

Le Motivazioni della Cassazione sull’Appello Cautelare

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando con rinvio l’ordinanza del Tribunale del Riesame. La Suprema Corte ha chiarito in modo inequivocabile i limiti del giudizio di appello cautelare. Il punto centrale della decisione risiede nel principio della “doppia devoluzione”, sancito implicitamente dall’art. 597 del codice di procedura penale.

Secondo la Corte, l’appello è un mezzo di impugnazione che serve a verificare la correttezza del provvedimento del primo giudice. La sua cognizione è quindi perimetrata non solo dai motivi di appello, ma anche dal “thema decidendum” sottoposto al primo giudice. Non è possibile, quindi, introdurre in sede di appello questioni completamente nuove o domande diverse da quelle originarie. Nel caso specifico, al GIP era stata chiesta un’autorizzazione all’uso, mentre al Tribunale del Riesame è stato di fatto chiesto e ottenuto il dissequestro sulla base di argomentazioni (il mutamento normativo e il declassamento) mai prima sollevate.

La Cassazione ha affermato che “la domanda stabilisce una litispendenza oggettiva delimitata tra il chiesto e il pronunciato che circoscrive anche l’ambito del sindacato del giudizio di impugnazione”. Il giudice dell’appello non può estendere la propria cognizione a questioni non esaminate dal giudice a quo, salvo casi di nullità assoluta. Di conseguenza, il Tribunale del Riesame, accogliendo una richiesta di dissequestro mai formulata in prima istanza, ha violato le regole procedurali.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre un’importante lezione pratica: la strategia processuale deve essere definita con chiarezza fin dal primo grado di giudizio. Introdurre istanze o motivi radicalmente nuovi in sede di appello cautelare è una pratica proceduralmente scorretta che porta all’annullamento della decisione favorevole. Il principio della doppia devoluzione garantisce ordine e coerenza nel processo, evitando che il giudizio di appello si trasformi in un nuovo e imprevedibile primo grado. Le parti devono sottoporre al primo giudice tutte le loro argomentazioni, poiché l’appello servirà a controllare la decisione su quelle basi, non a introdurne di nuove.

È possibile presentare una richiesta completamente nuova, come il dissequestro, per la prima volta in sede di appello cautelare se al primo giudice era stata chiesta solo un’autorizzazione all’uso?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che non è possibile. La cognizione del giudice d’appello è limitata alle questioni e alle richieste sottoposte al giudice di primo grado, in base al principio della “doppia devoluzione”.

Qual è il principio della “doppia devoluzione” nell’appello cautelare?
È il principio per cui l’ambito di decisione del giudice d’appello è circoscritto sia dai motivi specifici presentati con l’atto di impugnazione, sia dall’oggetto originario della richiesta avanzata al giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Non si possono proporre motivi o domande completamente nuovi.

Il giudice d’appello può basare la sua decisione su circostanze e argomentazioni non esaminate dal primo giudice?
No, se tali circostanze e argomentazioni costituiscono una domanda nuova. L’appello è uno strumento di verifica del provvedimento impugnato. La cognizione del giudice di seconda istanza è perimetrata dal “thema decidendum” (l’oggetto della decisione) sottoposto al primo giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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