Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1890 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1890 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RILIEVO NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/08/2023 del TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ricorso
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Venezia, in funzione di giudice dell’appello cautelare ex art 310 cod.proc.pen., ha dichiarato, per quanto qui di rilievo in connessione con i motivi di ricorso, inammissibile l’appello in relazione alla richiesta di dichiarazione di inefficacia della misura cautelare applicata nei confronti di COGNOME NOME, ex art. 27 cod.proc.pen., e, in parziale accoglimento dell’appello, in relazione alla richiesta di retrodatazione dei termini di custodi cautelare ai sensi dell’art. 297 cod.proc.pen., ha dichiarato la perdita di efficaci della misura cautelare emessa dal Giudice RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari del Tribunale di Venezia in data 06/07/2023, per i reati di cui ai capi B) e D) – art. 73 e 8 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 – , con rigetto della medesima richiesta in relazione al capo A) – art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’indagato deducendo, con un unico motivo, la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. c) cod.proc.pen. e vizio di motivazione in relazione alla declaratoria di inammissibilità parziale dell’impugnazione cautelare.
Premette il ricorrente di avere presentato atto di appello, ex art. 310 cod.proc.pen., avverso l’ordinanza del Giudice RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari del Tribunale di Venezia che aveva respinto la richiesta di dichiarazione di inefficacia della misura cautelare applicata a COGNOME NOME ritenendo inapplicabile l’art. 27 cod.proc.pen. e l’art. 297 comma 3 cod.proc.pen.
Argomenta il difensore ricorrente che per ben due volte aveva chiesto, nell’appello cautelare, l’applicazione della disposizione di cui all’art. cod.proc.pen. e la conseguente dichiarazione di perdita di efficacia della misura cautelare applicata a COGNOME NOME richiamando, in particolare, la decisione in tal senso già assunta, dal tribunale cautelare di Venezia, nell’appello cautelare del coindagato COGNOME, nel procedimento penale 316/23, come da dispositivo che allegava. Secondo il ricorrente, pur in assenza di motivazione di tale provvedimento, la decisione assunta nei confronti del COGNOME sarebbe stata applicabile anche nel presente procedimento cautelare con la conseguente declaratoria di inefficacia della misura cautelare. Anche nella formulazione del petitum il ricorrente difensore instava affinché il tribunale del riesame volesse dichiarare la perdita di efficacia vuoi, ai sensi dell’articolo 27 cod.proc.pen., vu ai sensi dell’articolo 297 comma 3 cod.proc.pen. dell’ordinanza emessa dal Gip di Asti e dal Gip di Torino con riferimento al capo A).
La richiesta di applicazione dell’art. 27 cod.proc.pen. era stata, dunque, oggetto di devoluzione nei motivi di gravame potendosi estendere gli effetti della decisione già assunta dal tribunale del riesame nell’appello cautelare del coindagato COGNOME, sicchè la declaratoria di inammissibilità sarebbe stata resa in violazione di legge processuale.
Già le Sezioni Unite n. 8 del 25 giugno 1997, Rv. 208313, avevano precisato che la cognizione del giudice di appello del procedimento incidentale sulla libertà di cui all’art. 310 cod.proc.pen. è limitata ai punti della decisione impugnata attint dai motivi di gravame, pur potendosi estendere a quelli strettamente connessi e da essi dipendenti. La successiva giurisprudenza avrebbe confermato tali principi sicché la declaratoria di inammissibilità parziale dell’appello cautelare sarebbe stata pronunciata in violazione degli artt. 581 e 591 cod.proc.pen. come ritenuti applicabili all’appello cautelare. Chiede che la Corte voglia annullare l’ordinanza e ai sensi dell’articolo 27 cod.proc.pen. e dichiarare la perdita di efficacia dell custodia cautelare con ogni conseguenza di legge.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente impugna, con il ricorso per cassazione, la pronuncia di inammissibilità dell’appello cautelare in relazione alla richiesta di dichiarazione d inefficacia della misura cautelare applicata nei confronti di COGNOME NOME, ex art. 2 cod.proc.pen. “non avendo la difesa, nei motivi di appello tempestivamente depositati, sollevato alcuna specifica censura alla decisione del primo giudice, in violazione dell’art. 581 cod.proc.pen.”.
Ora il ricorrente deduce la violazione della legge processuale in quanto la richiesta di applicazione dell’art. 27 cod.proc.pen. sarebbe stata devoluta nei motivi di appello che non sarebbero generici.
5. Fatta questa preliminare premessa, risulta dall’atto di appello cautelare che il difensore del ricorrente ha impugNOME l’ordinanza del Giudice RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari del Tribunale di Venezia con la quale era stata rigettata la richiesta d perdita di efficacia della misura cautelare applicata a COGNOME NOME sul duplice rilie dell’inapplicabilità dell’art. 27 cod.proc.pen. e dell’art. 297 comma 3 cod.proc.pen.
Sempre dall’atto di appello, risulta che il difensore ricorrente proponeva atto di appello avverso l’ordinanza del Giudice RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari del Tribunale di Venezia, nel quale, dopo aver riportato in sintesi le ragioni del rigetto, argomentava le ragioni su cui fondava l’appello cautelare e, nelle successive nove pagine, spiegava,
dopo una premessa di ordine generale sulla vicenda cautelare del COGNOME, gli argomenti per i quali riteneva illegittima la decisione del Giudice di rigetto del richiesta di retrodatazione dei termini di custodia, ai sensi dell’art. 297 comma 3 cod.proc.pen. Tutti gli argomenti svolti nelle nove pagine (desumibilità degli atti, anteriorità del reato associativo con “contestazione aperta”) sono all’evidenza spesi per sostenere le ragioni della impugnazione del rigetto con riguardo al profilo della violazione dell’art. 297 cod.proc.pen. Viceversa, nulla è speso per argomentare l’illegittimità della decisione del Giudice che ha respinto la declaratoria di inefficac ai sensi dell’art. 27 cod.proc.pen., dichiarazione di inefficacia per mancata rinnovazione dell’ordinanza, in caso di trasmissione degli atti a seguito di declaratoria di incompetenza territoriale, che ha presupposti giuridici diversi dalla declaratoria d inefficacia di cui all’art. 297 cod.proc.pen.
Essendo diversi i presupposti di applicazione della richiesta di declaratoria di inefficacia ai sensi dell’art. 27 cod.proc.pen. rispetto a quelli di cui all’art cod.proc.pen., l’ordinanza impugnata, che ha rilevato l’assenza di deduzioni specifiche a sostegno dell’applicazione dell’art. 27 cod.proc.pen. e che ha, così, dichiarato l’inammissibilità del motivo di ricorso per genericità, è giuridicamente corretta.
E’ ben vero che a pag. 4 il difensore chiedeva l’applicazione dell’art. 27 cod.proc.pen., ma non spendeva alcuna ragione, sia in fatto che in diritto, a sostegno della richiesta che era, dunque, priva di specificità.
L’assenza di specificità è sanzionata, ai sensi degli artt. 581 e 591 cod.proc.pen. applicabili anche al giudizio cautelare ex art. 310 cod.proc.pen. all’inammissibilità dell’impugnazione.
Non è questione di applicazione del principio enunciato dalle Sezioni Unite richiamate dal ricorrente sull’ambito del devoluto, venendo in rilievo la diversa questione della necessaria specificità dei motivi di impugnazione.
L’appello cautelare di cui all’art. 310 cod. proc. pen. ha la fisionomia strutturale e strumentale degli ordinari mezzi di impugnazione, con la conseguenza che allo stesso si applicano le norme generali in materia, tra cui le disposizioni di cui agli artt. 581 e 591 cod. proc. pen.; ne deriva che l’impugnazione deve non solo indicare i capi e i punti ai quali si riferisce, ma anche enunciare i motivi, c l’indicazione specifica RAGIONE_SOCIALE ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggo la richiesta (Sez. 5, n. 9432 del 12/01/2017, P.M. in proc. Cimino, Rv. 269098 – 01).
La rilevata inammissibilità dell’appello cautelare in relazione alla richiesta d dichiarazione di inefficacia della misura è stata correttamente pronunciata da Tribunale.
7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condanNOME al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
La Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 20/12/2023