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Appello cautelare del PM: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato contro l’applicazione di una misura cautelare, stabilendo che l’appello cautelare del Pubblico Ministero non era generico. La Corte ha ritenuto logico desumere il pericolo di recidiva dalla natura strumentale del reato di falso rispetto a quello di truffa, nonché dalla presenza di precedenti penali, anche se non specificati nel dettaglio nell’atto di appello.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Cautelare del PM: Quando è Specifico e Come si Valuta il Pericolo di Recidiva?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 12246 del 2024, offre importanti chiarimenti sui requisiti di specificità dell’appello cautelare presentato dal Pubblico Ministero e sui criteri di valutazione delle esigenze cautelari. Il caso analizzato riguarda l’annullamento di un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari che aveva negato una misura cautelare, successivamente applicata dal Tribunale del Riesame su appello della Procura. La difesa dell’imputato ha sollevato dubbi sulla genericità dell’atto d’appello e sulla logicità della motivazione del Tribunale, ma la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, delineando principi fondamentali in materia.

I Fatti del Caso: L’Appello del Pubblico Ministero

Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Salerno aveva respinto la richiesta del Pubblico Ministero di applicare una misura cautelare nei confronti di un individuo indagato per truffa in concorso. Il PM ha proposto appello e il Tribunale del Riesame, in accoglimento, ha riformato la decisione, imponendo all’indagato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

La difesa ha impugnato questa seconda ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo due principali motivi di violazione di legge:
1. La genericità dell’appello cautelare del PM, che non avrebbe argomentato in modo sufficientemente dettagliato la sussistenza delle esigenze cautelari, in particolare il pericolo di recidiva.
2. La motivazione contraddittoria e illogica del Tribunale del Riesame, che avrebbe indebitamente integrato le carenze dell’appello e fondato il pericolo di recidiva su un’equiparazione illogica tra un precedente per falso e il reato di truffa contestato.

La Decisione della Cassazione e l’Appello Cautelare

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, respingendo entrambe le censure difensive e confermando la legittimità della misura cautelare applicata.

La non Genericità dell’Atto d’Appello

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, i Giudici di legittimità hanno ritenuto che l’appello cautelare del PM non fosse affatto generico. La Corte ha osservato che l’atto menzionava espressamente, in relazione all’indagato, la presenza di precedenti penali. Sebbene non specificati nel dettaglio, il loro richiamo era funzionale a contestare la valutazione sulla ‘vita anteatta’ dell’imputato operata dal GIP, chiedendone una rivalutazione. Questo, secondo la Cassazione, è sufficiente per superare il vaglio di ammissibilità e specificità del motivo di appello.

La Valutazione delle Esigenze Cautelari e il Pericolo di Recidiva

Sul secondo punto, la Corte ha giudicato la motivazione del Tribunale del Riesame né illogica né apparente. I Giudici hanno stabilito che è del tutto ragionevole dedurre la tendenza a commettere reati (e quindi il pericolo di recidiva) dalla recente commissione di un reato di falso. La motivazione si fonda su una massima di esperienza: il reato di falso, in qualsiasi forma si manifesti, raramente è fine a se stesso. Più spesso, esso è un reato-strumento, strettamente funzionale a un fine decettivo più ampio, come la truffa. Pertanto, aver commesso un falso (già giudicato) e essere indagato per truffa (sub iudice) costituisce un quadro indiziario sufficiente a fondare un giudizio prognostico negativo sulla pericolosità sociale dell’individuo.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si basa su un principio di concretezza e logica. In primo luogo, si stabilisce che un appello non è generico quando individua il punto della decisione impugnata che si contesta (in questo caso, la valutazione della personalità dell’indagato) e indica le ragioni della critica (la sottovalutazione dei precedenti penali). Non è necessaria una disamina analitica di ogni precedente, ma basta porre la questione al giudice del gravame. In secondo luogo, la Corte afferma la piena logicità nel collegare reati-fine (truffa) e reati-mezzo (falso) per valutare il pericolo di recidiva. Questa connessione funzionale tra i delitti rivela una propensione a utilizzare l’inganno come modalità operativa, rendendo concreto e attuale il rischio di future condotte illecite.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce due importanti principi procedurali. Primo, i requisiti di specificità dell’appello cautelare non richiedono una pedissequa ripetizione di tutti gli elementi a carico, ma l’indicazione chiara del thema decidendum. Secondo, la valutazione del pericolo di recidiva può basarsi su deduzioni logiche fondate sulla natura dei reati contestati e sulla loro potenziale interconnessione, oltre che sulla storia criminale del soggetto. Infine, la Corte ha sottolineato che eventuali disparità di trattamento cautelare rispetto ad altri coimputati non possono essere fatte valere in sede di legittimità, poiché ogni posizione va valutata autonomamente.

Quando un appello del Pubblico Ministero contro un’ordinanza cautelare può essere considerato sufficientemente specifico?
Secondo la Cassazione, un appello non è generico se, pur non dettagliando ogni singolo precedente, menziona espressamente la presenza di precedenti penali e contesta la valutazione del primo giudice sulla ‘vita anteatta’ dell’imputato, chiedendone una revisione.

Come può essere giustificato il pericolo di recidiva per applicare una misura cautelare?
La Corte ha ritenuto logico e sufficiente dedurre il pericolo di recidiva dalla recente commissione di un reato di falso. Questo perché il falso è spesso un reato strumentale, finalizzato a commettere altri reati come la truffa, indicando una tendenza a delinquere.

Il trattamento cautelare diverso riservato a un coimputato può essere usato come motivo di ricorso in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la presunta contraddittorietà decisionale rispetto al trattamento cautelare di un altro coimputato non ha rilievo nel giudizio di legittimità, in quanto esula dal perimetro del singolo ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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