Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31769 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 31769 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato in Gambia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/05/2023 della Corte di appello di Catania visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Catania confermava la sentenza del Tribunale di Catania del 14 ottobre 2021 che aveva condannato l’imputato NOME per il reato di cui all’art. 385 cod. pen.
Avverso la suddetta sentenza i=1:1113:=2 ha proposto ricorso per cassazione (4L il difensore dell’imputato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-quater 1cod. proc. pen. e 89, comma 3, d.lgs. n. 150 del 2022 per violazione degli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost.
La norma di nuovo conio, contenuta nell’art. 581-quater cod. proc. pen., viene a stravolgere l’assetto delle impugnazioni per le sentenze a carico di imputati assenti, svuotando la difesa tecnica in un momento cruciale per l’esito del giudizio per problemi formali e non assicurando la continuità della difesa tecnica e la parità effettiva tra le parti in materia di impugnazionep provocando un’irragionevole differenziazione delle modalità di accesso all’impugnazione dell’imputato assente rispetto all’imputato presente.
Irragionevole è anche l’altro onere imposto a pena di inammissibilità all’impugnante (l’elezione di domicilio) in funzione delle difficoltà di notifica, anche in presenza di una domiciliazione già presente in atti.
Irragionevole sarebbe la norma di diritto intertemporale riguardante il mandato ad impugnare del difensore dell’imputato assente. Il legislatore ha inteso affermare l’applicabilità dell’art. 581, comma 1quater f cod. proc. pen. anche nei confronti degli imputati che fossero stati dichiarati assenti sulla base della preg ressa disciplina, individuando quale unico parametro la data della sentenza.
L’evidente lesione del diritto di difesa prodotta da una tale disciplina ha indotto il legislatore ad estendere l’applicazione delle disposizioni dell’art. 175, con la introduzione del comma 2.1, a parziale compensazione del maggior onere ora previsto per l’impugnazione ordinaria, mediante il possibile ricorso ad un rimedio post iudicatum: si tratta, tuttavia, di rimedio che può attivarsi solo in un momento in cui si sono già verificati gravi danni per effetto del passaggio in giudicato della sentenza e del conseguente inizio di esecuzione della pena detentiva.
Ai fini della rilevanza della questione, si fa presente che, nel caso in esame, il ricorrente era destinatario di un decreto di espulsione dal territorio dello Stato e poi trattenuto presso il centro di permanenza per rimpatri. La difesa aveva eccepito l’impedimento a comparire sia in primo che secondo grado.
La difesa non ha avuto più contatto con il proprio assistito, determinando quindi l’impossibilità di far rilasciare la procura ad impugnare e formalizzare una nuova elezione di domicilio.
2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 178, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
Il ricorrente era destinatario, nelle more tra il decreto di citazione a giudizio e l’udienza di comparizione, di un decreto di espulsione dal territorio dello Stato e
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poi trattenuto presso il centro di permanenza per rimpatri. La difesa aveva eccepito l’impedimento a comparire sia in primo che secondo grado / ma senza esito.
Si richiamano i principi in materia di effettività del diritto di difesa e sentenza della Corte costituzione). 270 del 2019 e la giurisprudenza della Corte EDU. (k)
2.3. Vizio di motivazione in relazione alla continuazione.
La Corte di appello, con motivazione illogica, non ha riconosciuto la continuazione – come richiesta dalla difesa con motivi di appello – tra i fatti del presente procedimento e il pregresso analogo episodio di evasione che riguardava lo stesso titolo cautelare, lo stesso periodo di tempo e aveva motivazioni analoghe, ovvero in presenza di quelle circostanze che la giurisprudenza anche a Sezioni Unite ha ravvisato essere indici sintomatici dell’unità del disegno criminoso.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e il difensor hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, in quanto in via assorbente, come lo stesso difensore ha rilevato, non è stata allegata all’atto di impugnazione la procura ad impugnare la sentenza di appello, rilasciata dall’imputato.
Nel giudizio di appello, infatti, celebrato con le forme orali, l’imputato è risultato assente.
L’inammissibilità del ricorso viene ad assorbire le eventuali nullità anche assolute denunciate dal ricorrente, impedendo la corretta instaurazione del rapporto processuale (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266).
In particolare, le nullità assolute ed insanabili derivanti, in giudizio celebrat in assenza, dall’omessa citazione dell’imputato, possono infatti essere fatte valere, attraverso la richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629-bis cod. proc. pen., con cui si deduca l’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo che si assuma derivata dalle nullità stesse (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, Lovric, Rv. 280931).
Quanto alla questione di costituzionalità relativa alla norma che impone tale incombente alla difesa dell’imputato assente, è appena il caso di constatare che analoga eccezione (formulata cioè nei medesimi termini) è stata già esaminata più volte da questa Corte, che ha escluso possibili profili di frizione costituzionale
Sin dall’arresto, Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Rv. 285324 (in senso ad esso conforme, tra tante, Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, Rv. 285900), questa Corte ha affermato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1-quater, cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 111 Cost. e art. 6 CEDU, nella parte in cui richiedono, a pena di inammissibilità dell’impugnazione, che, nel caso in cui si sia proceduto in assenza dell’imputato, unitamente all’atto di appello, sia depositato lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, trattandosi di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un’opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi “in limine impugnationis” ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione della restituzione nel termine.
Lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comporta alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regola le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né con presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge.
Si è inoltre osservato che tale conclusione non è contraddetta dall’affermazione, contenuta in una sentenza della Corte costituzionale, con la quale si è sostenuto che alla “persona giudicata in sua assenza” vanno riconosciuti gli stessi poteri di impugnazione il cui esercizio le sarebbe stato consentito “qualora fosse stata presente” (così in Corte cost., sent. n. 317 del 2009). Ed infatti, tenuto a mente che il giudizio in assenza (la cui disciplina ha oramai sostituito quella del giudizio contumaciale) è consentito solamente laddove il giudice abbia acquisito la certezza che l’imputato abbia «avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo» a suo carico, sicché «la sua assenza (…) è dovuta ad una scelta volontaria e consapevole» (art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen.), non comporta la lesione del principio di uguaglianza né si traduce in una soluzione normativa irragionevole la decisione del legislatore della Riforma di negare l’ammissibilità dell’atto di impugnazione presentato dal difensore dell’imputato in assenza del più volte richiamato apposito mandato ad impugnare rilasciato dal proprio cliente.
D’altro canto, le modifiche che il d.lgs. n. 150 del 2022 ha introdotto alla disciplina dell’assenza dell’imputato, hanno “codificato” i principi già enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione all’esegesi della disposizione dettata dall’art. 420-bis cod. proc. pen. nella sua previgente formulazione. Il che permett
di giudicare manifestamente infondata anche l’ultima questione di legittimità costituzionale prospettata dal difensore dell’odierno ricorrente, col :iferimento alla norma transitoria prevista dall’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 150 del 2022. Ed invero, la scelta del legislatore della Riforma di prevedere che la nuova disposizione contenuta nel comma 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen. sia applicabile nei soli procedimenti in cui la sentenza sia stata pronunciata dopo la data di entrata in vigore di quel decreto legislativo, risponde alla esigenza di «favorire una graduale applicazione nel tempo della nuova disciplina processuale» ed appare improntata a criteri di ragionevolezza nel momento di «calibrare il passaggio tra due modelli processuali difformi» (in questo senso, Corte cost., sent. n. 64 del 2003; Corte cost., sent. n. 381 del 2001). (4)
Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a favore della Cassa delle ammende della somma a titolo di sanzione pecuniaria, che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
Così deciso il 1 /06/2024.