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Appello archiviazione: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19196/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un provvedimento di archiviazione. La decisione chiarisce che l’appello archiviazione non è il rimedio corretto per contestare la decisione del GIP che rigetta l’opposizione della parte offesa. La Corte sottolinea che, in base all’art. 410-bis del codice di procedura penale, lo strumento corretto per far valere specifiche nullità è il reclamo al tribunale in composizione monocratica, non il ricorso per cassazione.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello archiviazione: la Cassazione chiarisce quando è inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 19196/2025) fornisce un importante chiarimento sui rimedi esperibili contro un provvedimento di archiviazione. La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso presentato da una parte offesa, stabilendo che l’appello archiviazione (tecnicamente, il ricorso per cassazione) non è la via corretta per contestare la decisione del GIP che respinge un’opposizione. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia e le sue implicazioni pratiche.

I fatti del caso: dall’opposizione al ricorso

Il caso ha origine da un procedimento penale in cui la persona offesa si era opposta alla richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Sondrio, tuttavia, rigettava l’opposizione e disponeva l’archiviazione del procedimento. Insoddisfatto della decisione, il difensore della parte offesa decideva di presentare ricorso direttamente alla Corte di Cassazione, lamentando una serie numerosa di presunte violazioni procedurali e di legge.

I motivi del ricorso: un ventaglio di presunte violazioni

Il ricorrente aveva sollevato ben dieci motivi di doglianza, che spaziavano da vizi procedurali a errori di valutazione nel merito. Tra questi, si contestavano:

* La mancata comunicazione della richiesta di archiviazione a una società di assicurazioni.
* L’incompetenza territoriale del giudice.
* Questioni relative al deposito telematico degli atti.
* L’errata affermazione che il termine per l’opposizione fosse perentorio.
* Una motivazione ritenuta apparente sulla prevedibile assoluzione degli indagati, senza un’adeguata valutazione delle prove fornite.

Nonostante la pluralità delle censure, la Corte di Cassazione ha ritenuto di non poter entrare nel merito di nessuna di esse, fermandosi a una valutazione preliminare sulla stessa ammissibilità del ricorso.

La decisione sull’appello archiviazione della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su un principio consolidato, rafforzato dalla normativa introdotta con la Legge n. 103/2017.

La regola generale: quando non si può ricorrere

I giudici hanno ribadito che l’ordinanza di archiviazione emessa a seguito del rigetto dell’opposizione non è, di norma, impugnabile con ricorso per cassazione. L’unica eccezione riguarda i casi di provvedimenti “abnormi”, cioè affetti da anomalie strutturali o funzionali talmente gravi da renderli non inquadrabili nel sistema processuale. Nel caso di specie, l’ordinanza del GIP non presentava tali caratteristiche.

Il rimedio corretto: il reclamo ex art. 410-bis c.p.p.

La Corte ha evidenziato che il legislatore ha previsto uno strumento specifico per contestare le nullità dell’ordinanza di archiviazione: il reclamo dinanzi al tribunale in composizione monocratica, come disciplinato dall’art. 410-bis, comma 3, del codice di procedura penale. Questo reclamo può essere proposto entro quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento e solo per i casi di nullità previsti dall’art. 127, comma 5, c.p.p., che tutelano essenzialmente la violazione del contraddittorio, ossia il diritto delle parti a essere citate e a partecipare all’udienza.

Le motivazioni dell’inammissibilità

La Corte ha motivato la sua decisione spiegando che il ricorso proposto era lo strumento sbagliato. Invece di presentare un reclamo al tribunale, il ricorrente aveva adito direttamente la Cassazione. Inoltre, anche volendo analizzare le doglianze, la Corte ha notato come il ricorrente lamentasse la violazione del contraddittorio non nei propri confronti, ma nei confronti di un’altra parte (la compagnia assicurativa), rispetto alla quale non aveva un interesse giuridicamente tutelato a sollevare la questione. Poiché il ricorso non contestava una violazione del proprio diritto a partecipare al procedimento e poiché il mezzo di impugnazione scelto era errato, l’unica conclusione possibile era la dichiarazione di inammissibilità. Come conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza conferma un indirizzo giurisprudenziale chiaro: la strada per contestare un’ordinanza di archiviazione è strettamente definita dalla legge. La parte che si ritiene lesa da vizi procedurali, in particolare legati alla violazione del diritto di difesa e del contraddittorio, non deve proporre un appello archiviazione (ricorso per cassazione), bensì un reclamo al tribunale secondo le modalità dell’art. 410-bis c.p.p. La scelta del rimedio corretto è fondamentale per evitare una declaratoria di inammissibilità, che preclude ogni esame del merito e comporta la condanna alle spese e a una sanzione.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro un’ordinanza che rigetta l’opposizione all’archiviazione?
No, non è possibile. Il ricorso per cassazione è ammesso solo in casi eccezionali di provvedimento “abnorme”, cioè con vizi talmente gravi da renderlo estraneo al sistema processuale. Negli altri casi, il ricorso è inammissibile.

Qual è il rimedio corretto contro un’ordinanza di archiviazione viziata da nullità?
Il rimedio corretto è il reclamo al tribunale in composizione monocratica, da proporre entro 15 giorni dalla conoscenza del provvedimento, come previsto dall’art. 410-bis del codice di procedura penale. Questo strumento è utilizzabile solo per le nullità relative alla violazione del contraddittorio, indicate nell’art. 127, comma 5, c.p.p.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso specifico?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: in primo luogo, perché il ricorrente ha utilizzato uno strumento errato (il ricorso per cassazione anziché il reclamo); in secondo luogo, perché le nullità lamentate non riguardavano una violazione del proprio diritto al contraddittorio, ma quello di un’altra parte, per cui il ricorrente non aveva interesse ad agire.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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