Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5044 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5044 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE;
avverso la ordinanza del Tribunale di Taranto del 04/11/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con istanza di ammissione al passivo, presentata in data 31 luglio 2024 al Tribunale di Taranto sezione misure di prevenzione, la RAGIONE_SOCIALE premetteva che con contratto di cessione di crediti del 12 dicembre 2023 la Banca Intesa San Paolo S.p.A. (incorporante il Banco di Napoli S.p.A.) le aveva ceduto il credito di euro 985.507,08 (relativo ad un contratto di mutuo fondiario stipulato tra la RAGIONE_SOCIALE.lRAGIONE_SOCIALE e la stessa Banca Intesa San Paolo S.p.A. 1’11 gennaio 2008) ed il credito di euro 574.679,74 (relativo ad un contratto di mutuo fondiario del 13 maggio 2010 concluso tra la RAGIONE_SOCIALE ed il Banco di Napoli S.p.A.) vantati dalla cedente in ragione del riconoscimento dei crediti disposto con decreto del Tribunale di Taranto del 28-31 ottobre 2013. Con tale provvedimento NOME COGNOME era stato sottoposto alla misura della sorveglianza speciale di p.s. per la durata di anni cinque e con obbligo di soggiorno, era stata disposta la confisca degli immobili intestati al predetto ed alla RAGIONE_SOCIALE e, infine, era stata accertata la buona fede dei citati istituti bancari e riconosciuto a favore della Banca Intesa San Paolo S.p.A. il credito di euro 739.178,89 e quello di euro 421.416,92 a favore del Banco di Napoli S.p.A..
La RAGIONE_SOCIALE alla stregua di tali premessa, chiedeva l’ammissione del credito privilegiato vantato da essa cessionaria specificando che, con avviso del 28 febbraio 2024, l’Agenzia nazionale dei beni confiscati (Ansbc) aveva rappresentato la decorrenza del termine di 180 giorni a decorrere dalla pubblicazione per la presentazione di detta richiesta.
1.1. Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Taranto dichiarava inammissibile l’istanza in quanto proposta tardivamente e, in particolare, oltre il termine di 180 giorni di cui all’art. 1, comma 199, legge 228/2012 (pacificamente applicabile alla fattispecie), decorrente dalla data di esecutività della confisca (2 febbraio 2023) ed in quanto l’avvenuto riconoscimento della buona fede dei creditori non esonera il terzo dall’agire ai sensi della citata disposizione normativa. Inoltre, detto termine non poteva essere considerato spostato dalla tardività della comunicazione da parte della Ansbc dato che esso, ,in ogni caso, era spirato il 10 agosto 2023 (180 giorno successivo alla entrata in vigore della I. 228/2012) e che la società istante non aveva comunque indicato (né tanto meno
provato) alcuna causa per quale non aveva potuto presentare la domanda tempestivamente.
1.2. Per tali ragioni, quindi, il Tribunale di Taranto ha dichiarato inammissibile la richiesta di ammissione al passivo in oggetto.
Avverso la sopra indicata ordinanza la RAGIONE_SOCIALE per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insisten per l’annullamento del provvedimento impugnato.
2.1. Con il primo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) , cod. proc. pen., la violazione dell’art. 1, commi 199, 200 e 205, I. 228/2012 e del d.lgs. 159/2011 ed il relativo vizio di motivazione per avere ritenuto applicabile la citata normativa anche ai beni per i quali la confisca è divenuta irrevocabile in epoca precedente alla sua entrata in vigore come avvenuto nel caso di specie. In ogni caso, a parere della società cessionaria dei crediti, anche a volere ritenere applicabile il comma 205 della sopra indicata disposizione di legge, la domanda sarebbe comunque tempestiva tenuto conto della domanda di ammissione del credito presentata, all’epoca, dalle due banche creditrici prima ancora della definitività della confisca.
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) , cod. proc. pen., la violazione dell’art. 52, comma 2, d.lgs. 159/2011 (nel testo vigente sino al 18 novembre 2017) richiamato dall’art. 1, comma 200, I. 228/2012 e degli art. 57, 58 e 59 del medesimo decreto legislativo, nonché il relativo vizio di motivazione per avere il Tribunale di Taranto dichiarato la inammissibilità della istanza senza fissare l’udienza di verifica delle domande di ammissione.
Inoltre, la RAGIONE_SOCIALE osserva che l’istanza non è tardiva anche perché soltanto con la p.e.c. inviata dalla Ansbc, in data 28 febbraio 2024, era venuta a conoscenza della definitività della confisca e che, quindi, l’istanza del 30 luglio 2024 era tempestiva in quanto presentata entro i 180 giorni successivi alla sopra indicata p.e.c. In ogni caso, secondo la ricorrente, la domanda era valida in quanto la sua tardività non era a lei imputabile dato che, prima della citata p.e.c., non era a conoscenza della definitività della confisca dei beni immobili.
L’Avvocatura generale dello Stato, in data 10 gennaio 2024, ha provveduto al deposito telematico di documentazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
Anzitutto è circostanza pacifica che le due banche creditrici (i cui crediti sono infine stati ceduti all’odierna ricorrente) avevano presentato una richiesta di ammissione che era stata accolta con decreto del Tribunale di Taranto del 28-31 ottobre 2013 (quindi successivamente al 10 gennaio 2013, data di entrata in vigore della I. 228/2012), con il quale venivano riconosciuti come privilegiati i loro crediti per l’ammontare sopra indicato, riservandone la soddisfazione alla successiva fase esecutiva; pertanto, non può essere messa in discussione la buona fede delle cedenti.
2.1. La giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 39608 del 22/02/2018, RAGIONE_SOCIALE.p.A., Rv. 273660 – 01), prima ancora dell’entrata in vigore del d.l. 4 febbraio 2010, n. 4, aveva riconosciuto: a) l’opponibilità dei diritti reali di garanzia sui beni oggetto del provvedimento di confisca, a condizione che fossero stati costituiti (l’ipoteca mediante iscrizione nei registri immobiliari) prima del sequestro ex art. 2-ter I. n. 575 del 1965, e che sussistessero la buona fede e l’affidamento incolpevole del creditore ipotecario, la cui prova doveva essere fornita da quest’ultimo nel procedimento di prevenzione (Sez. 1, n. 8015 del 06/02/2007, Servizi Immobiliari Banche S.i.b. S.p.a., Rv. 236364; Sez. 1, n. 2501 del 14/01/2009, San Paolo Imi S.p.a, Rv. 242817; Sez. 1, n. 44515 del 27/04/2012, Intesa San 15 Paolo S.p.a. e altri, Rv. 253827); b) che, alla luce della nozione di “appartenenza” utilizzata dal legislatore all’art. 2-ter I. n. 575 del 1965, già ai sensi del quinto comma di detta disposizione, ai titolari di tali diritti dovesse estendersi la legittimazione a partecipare al procedimento di prevenzione volto alla confisca (Sez. 1, n. 22157 del 10/05/2005, Virga, Rv. 232102, sulla scorta dei principi affermati da Sez. U, n. 9 del 28/04/1999, COGNOME, Rv. 213511, e Sez. U, n. 9 del 18/05/1994, Comit leasing s.p.a., Rv. 199174).
2.2. Con il d.l. 4 febbraio 2010, n. 4rc – onvertito, con modificazioni, dalla legge
31 marzo 2010, n. 50, veniva espressamente riconosciuta ai titolari di diritti reali
di garanzia, unitamente ai titolari di diritti reali di godimento o di quote indivise sui beni immobili sequestrati, la facoltà di intervenire nel procedimento di prevenzione, fornendo la prova “della loro buona fede e dell’inconsapevole affidamento” nell’acquisizione dei predetti diritti.
È proprio in relazione a tale normativa, che sostanzialmente codifica la precedente ricordata interpretazione giurisprudenziale, che le Banche danti causa dell’odierna ricorrente sono intervenute nel procedimento di prevenzione in oggetto, conseguendo, contestualmente alla disposta confisca, il riconoscimento dei propri crediti ipotecari in misura puntualmente indicata; in particolare, il decreto del Tribunale di Taranto in data 28 – 31 ottobre 2013 contiene un riferimento, nel dispositivo, ai crediti privilegiati che deve essere inteso, alla stregua della motivazione, come concernente crediti dotati di diritto di prelazione per effetto della garanzia ipotecaria.
3.1. A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, la cui disciplina, ai sensi del successivo art. 117, comma 1, era destinata ad operare solo in relazione ai procedimenti di prevenzione instaurati dopo l’entrata in vigore dello stesso d.lgs. (13 ottobre 2011), il legislatore ha ritenuto di dover dettare, con l’art. 1, commi da 194 a 206, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, una specifica disciplina della materia anche per i procedimenti di prevenzione sottratti all’applicazione delle disposizioni del libro I del d.lgs. n. 159 del 2011, in quanto già pendenti al momento dell’entrata in vigore di quest’ultimo.
3.2. Nello specifico, e per quanto rilevante in questa sede, la disciplina intertemporale prevede che, nell’ipotesi, infine, in cui alla data del 10 gennaio 2013, i beni ipotecati non siano ancora stati confiscati, si applicheranno le stesse misure previste per quelli che alla medesima data siano già stati confiscati, ma non ancora aggiudicati (disciplina della quale si dirà infra), con l’unica differenza che il termine di decadenza di 180 giorni, entro il quale i creditori debbono presentare la domanda di ammissione del credito, decorrerà dal momento in cui il provvedimento che dispone la confisca diviene definitivo (art. 1, comma 205). In questi casi, come chiarisce il secondo periodo dell’art. 1, comma 205, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata provvede alle operazioni liquidatorie di cui ai commi 201, 202 e 203, decorsi dodici mesi dalla scadenza del predetto termine.
3.4. Orbene, la disciplina prevista per i beni confiscati ma non ancora aggiudicati (e questo è un punto fondamentale sul piano del ragionevole componimento degli interessi, in quanto coordina la fase dell’accertamento con quella esecutiva, considerando il carattere di acquisto a titolo originario che il legislatore ha attribuito alla confisca) si articola, come ricordato dalle citate Sez. U Sez. U, n. 39608 del 22/02/2018, RAGIONE_SOCIALE.p.a., nei seguenti punti: 1) nessuna azione esecutiva potrà essere iniziata o proseguita, a pena di nullità, sui beni suddetti (comma 194); 2) gli oneri e i pesi iscritti o trascrit anteriormente alla confisca si estinguono di diritto (comma 197); in considerazione del contenuto precettivo di tale disposizione, Sez. U civ., n. 10532 del 2013, ha evidenziato che lo Stato, per effetto della confisca e dell’estinzione di diritto di pesi ed oneri iscritti o trascritti prima della confisca, «acquista un bene non più a titolo derivativo, ma libero dai pesi e dagli oneri, pur iscritti o trascrit anteriormente alla misura di prevenzione. In sostanza, superando la condivisa opinione della giurisprudenza civile e penale sulla natura derivativa del titolo di acquisto del bene immobile da parte dello Stato a seguito della confisca, il legislatore ha inteso ricomprendere questa misura nel solco delle cause di estinzione dell’ipoteca disciplinate dall’art. 2878 cod. civ.»; 3) i soggetti legittimati all’azione sono individuati nei creditori ipotecari, pignoranti od intervenuti nell’esecuzione (comma 198), ai quali, a seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 94 del 2015, sono da aggiungere i titolari di crediti derivanti da prestazioni di lavoro in regime di subordinazione nei confronti del destinatario della misura di prevenzione: costoro possono far valere le proprie ragioni nei confronti dell’Agenzia ed essere soddisfatti, nei limiti e con le modalità di cui ai commi da 194 a 206, a determinate condizioni e secondo le precise cadenze individuate dal legislatore. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ciò posto, si osserva che il contenuto dell’accertamento demandato, ai sensi dell’art. 1, comma 199, al giudice dell’esecuzione presso il Tribunale che ha disposto la confisca è individuato dal successivo comma 200 nell’accertamento della sussistenza e dell’ammontare del credito, nonché della sussistenza delle condizioni di cui all’art. 52 del d.lgs. n. 159 del 2011. Si tratta esattamente dell’accertamento ormai operato, per effetto della disciplina esattamente applicata nel 2013 dal Tribunale di Taranto, con il ricordato decreto del 28 – 31 ottobre 2013, che, sul punto, non risulta essere stato impugnato.
4.1. Ne discende che, pur considerando le esigenze di tempestiva attivazione dell’interessato per sollecitare le verifiche occorrenti per l’ammissione del credito, non può essere opposta una decadenza che presuppone, logicamente, prima ancora che giuridicamente, l’assenza dell’accertamento giurisdizionale, nella specie, ormai compiuto.
Rispetto alle situazioni intertemporali scaturite da una successione di leggi originate dall’insufficienza degli strumenti assicurati ai terzi di buona fede, appare paradossale il risultato applicativo che pregiudichi l’affidamento generato in questi ultimi dall’esistenza di un provvedimento giurisdizionale incontestato e colora di irrazionalità la ricostruzione della portata della norma che voglia collegare un termine di decadenza per l’esercizio di una pretesa che è già stata azionata ed accolta da una autorità giudiziaria.
4.2. Del resto, questa Corte ha già attribuito rilievo, sia pure in ipotesi diversa, alla domanda proposta prima che la confisca venisse disposta (Sez. 1, n. 36626 del 12/04/2016, Banca Monte Dei Paschi Di Siena S.p.A., Rv. 267609), così come, in ipotesi reciproca, ha ribadito che, in tema di misure di prevenzione, l’istanza di ammissione al pagamento del credito proposta, a norma della I. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 199, dal terzo creditore assistito da garanzia reale sul bene oggetto di confisca è preclusa dalla intervenuta definitività del precedente provvedimento di rigetto della domanda di riconoscimento della buona fede anche quando vi sia stato un mutamento giurisprudenziale in materia, favorevole all’istante, poiché tale vicenda non può essere ritenuta “fatto nuovo” idoneo a rimuovere l’effetto preclusivo correlato all’esaurimento dei mezzi d’impugnazione nell’ambito di procedura incidentale vertente su aspetti di carattere patrimoniale (Sez. 1, n. 47598 del 09/10/2014, Rv. 261442; Sez. 5, n. 14577 del 15/12/2014, dep. 2015, Rv. 263673 – 0).
4.3. Peraltro, nella prospettiva dell’ordinato svolgimento della procedura di soddisfacimento delle ragioni dei creditori nella fase liquidatoria, se non può essere ritenuta tardiva la domanda, è ragionevole ritenere che il giudice, investito della richiesta sollecitata dall’avviso dell’Agenzia nazionale, debba provvedere, sia pure sulla base dell’accertamento ormai operato, all’ammissione al pagamento; ciò si armonizza con la riserva, contenuta nell’originario
provvedimento del Tribunale di Taranto del 2013, secondo cui il soddisfacimento delle ragioni creditorie era riservato alla successiva fase esecutiva.
In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Taranto per i provvedimenti strumentali ai successivi adempimenti liquidatori di cui all’art. 1, commi 199 e ss., legge 228/2012.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Taranto.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2025.