Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30786 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30786 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
RAGIONE_SOCIALE.cons. p.a.
RAGIONE_SOCIALE
The Ventura group
avverso il decreto del 27/1/2025 emesso dalla Corte di appello di Lecce visti gli atti, il decreto impugnato e i ricorsi; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi; letta la memoria depositata dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, difensori del RAGIONE_SOCIALE, che hanno concluso p l’accoglimento del ricorso; letta la memoria depositata dall’Avvocato NOME COGNOME difensore de RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE il quale conclude
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Lecce confermava il decreto con il quale era stata disposta l’amministrazione giudiziaria, ex art. 34 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, nei confronti delle società RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE
Tale misura veniva applicata all’esito della precedente sottoposizione delle suddette società al controllo giudiziario volontario ex art. 34-bis d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159 (a seguito di informativa antimbfia), protrattosi per il periodo massimo consentito di tre anni.
Nel provvedimento impugnato, integralmente confermativo di quello di primo grado, si dava atto che, a seguito del periodo di controllo giudiziario, emergeva il rischio concreto di interferenza e agevolazione mafiosa, con particolare riferimento all’attività svolta dalla RAGIONE_SOCIALE, inoltre, si riteneva che, nel corso triennio di sottoposizione al controllo giudiziario, non erano state compiutamente rispettate tutte le direttive impartite dai controllori e permanevano carenze organizzative.
Con specifico riguardo al RAGIONE_SOCIALE, i giudici di merito ritenevano che la partecipazione allo stesso della RAGIONE_SOCIALE (nella misura del 37,5% del capitale sociale) e l’assenza di autonomia rispetto alla partecipante, rendevano sussistenti i presupposti per la sottoposizione all’amministrazione giudiziaria.
La società RAGIONE_SOCIALE pur non rettamente attinta dalla misura, interveniva quale terza titolare delle quote della RAGIONE_SOCIALE
Avverso tale pronuncia, sia pur con tre distinti ricorsi, le ricorrenti hanno proposto motivi sostanzialmente comuni, con i quali si deduce la violazione degli artt. 34 e 34-bis d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, che pertanto possono essere unitariamente riassunti.
2.1. I ricorrenti hanno ripercorso l’iter procedimentale sottolineando che nell’aprile del 2021 le società RAGIONE_SOCIALE e Fersalento ;venivano attinte da informativa antimafia, a fronte della quale proponevano · ildhiesta di controllo giudiziario volontario, ex art. 34-bis, comma 6, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, disposto (con decreto del 23/7/2021) in considerazione della ritenuta occasionalità dell’agevolazione.
La fase del controllo giudiziario si protraeva per il termine massimo di tre anni e, approssimandosi la scadenza, le ricorrenti chiedevano la revoca della misura,
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con conseguente fissazione dell’udienza anche per la valutazione della relazione conclusiva degli amministratori giudiziari.
Nel corso di tale procedura, a seguito di richiesta con la quale il Procuratore generale chiedeva che venisse disposta l’amministrazione giudiziaria, il Tribunale di Lecce rivalutava tutti gli elementi fattuali, anche quelli già considerati ne disporre il controllo giudiziario, ritenendo che fosse intervenuto un aggravamento del rischio di infiltrazione mafiosa, nonché l’omessa ottemperanza ad alcune delle indicazioni di adeguamento organizzativo.
Sostengono i ricorrenti che i giudici di merito avrebbero dovuto pronunciarsi esclusivamente in ordine all’esito del controllo giudiziario, non potendo adottare una misura – peraltro più invasiva quale quella dell’amministrazione giudiziaria la cui richiesta veniva introdotta, per la prima volta, nel corso della discussione del Procuratore generale.
La procedura adottata risulterebbe illegittima, in quanto il Tribunale, anziché limitarsi a valutare l’esito del controllo giudiziario, aveva adottato una diversa e più grave misura, in tal modo violando la previsione di cui all’art.34-bis, comma 6, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
Si sostiene, infatti, che l’unica ipotesi in cui è consentita l’adozione dell’amministrazione giudiziaria, all’esito della vérifica sul controllo giudiziario, costituita dall’ipotesi in cui venga accertata la violazione di una o più prescrizione.
Nel caso di specie, non solo non veniva espressamente rappresentata dagli amministratori la violazione delle prescrizioni imposte, ma questi ultimi attestavano anche che, nel corso del lungo periodo in cui le società erano state sottoposte a controllo, non erano emersi elementi idonei a far ritenere la sussistenza del rischio di infiltrazioni mafiose.
2.2. GLYPH L’alterazione GLYPH del GLYPH procedimento,.conseguito GLYPH alla GLYPH pronuncia sull’amministrazione nella fase deputata alla ·verifica sull’esito del controllo giudiziario, avrebbe comportato anche una lesione del diritto di difesa, non consentendo il contraddittorio sui diversi presupposti richiesti dall’art.34 e, al contempo, risulterebbe omessa una pronuncia termioativa sul controllo giudiziario.
2.3. Accanto alla violazione sul piano strettamente processuale, i ricorrenti deducono la violazione di legge anche in relazione alla insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’amministraziorie giudiziaria.
Sia pur con diverse formulazioni, il dato cori -dine che viene denunciato attiene al fatto che il Tribunale e, poi, la Corte di appello, avrebbero valorizzato elementi fattuali (essenzialmente procedimenti penali pendenti a carico dei legali rappresentanti delle società coinvolte) già valutati nel 2021 e ritenuti non dimostrativi di un grado di infiltrazione non occasionale, tant’è che era stata
accolta la richiesta di sottoposizione al controllo git.idiziario.
Si censura, inoltre, il fatto che i giudici di merito non avrebbero tenuto conto dell’esito positivo di molti dei procedimenti penali richiamati in motivazione a sostegno del rischio di infiltrazione mafiosa, come pure sarebbe stata immotivatamente disatteso quanto riferito nella relazione degli amministratori giudiziari e, in particolare, del dott.COGNOME il quale riferiva sia dei miglioramenti sul piano organizzativo e della vigilanza interna, sia dell’assenza di episodi riconducibili a tentativi di infiltrazione mafiosa.
Il mancato raffronto della Corte di appello con le specifiche censure, nel merito, dedotte in sede di impugnazione, renderebbe la motivazione meramente apparente, difettando una risposta specifica sui singoli punti segnalati come rilevanti.
Parimenti veniva contesta la pretesa insufficienza delle misure di “selfcleanig” adottate dalle società interessate, non rilevando il mero ritardo nell’adozione di alcune di esse, come pure la riteLta inidoneità della costituzione della holding denominata RAGIONE_SOCIALE espressamente deputata a realizzare un cambio generazionale nell’amministrazione delle società del gruppo. Peraltro, si evidenzia come la predetta holding veniva amministrata da un soggetto terzo rispetto alla famiglia RAGIONE_SOCIALE e sicuramente estraneo a possibili ipotesi di continuità con contesti illeciti, il che avrebbe dovuto costituire di per sé una garanzia idonea circa il risanamento della società.
A fronte delle richiamate tematiche co.rni, deve aggiungersi che, nel ricorso a firma dell’Avvocato de NOME COGNOME per la Fersalento, è stata dedotta un’ulteriore ipotesi di violazione di legge.
Si assume, infatti, che i giudici di merito – anziché disporre l’amministrazione giudiziaria – ben avrebbero potuto disporre il controllo giudiziario d’ufficio, ex art 34-bis, comma 1, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, ritenendo quest’ultima ipotesi ulteriore e diversa rispetto a quella del controllo t giudiziario volontario, introdotto a richiesta di parte a seguito dell’interdittiva antinnpfia.
Ove si fosse acceduto a tale soluzione, sarebbé venuto meno il limite di durata massima triennale previsto per il controllo giudiziario, con la conseguente possibilità di far proseguire la medesima misura, meno afflittiva rispetto a quella dell’amministrazione giudiziaria.
Nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE oltre alla proposizione delle doglianze relative ai richiamato motivo comun e , si è anche dedotto il vizio di violazione di legge relativamente alla ritenuta Selssistenza dei presupposti per
l’amministrazione giudiziaria, nonostante l’accertamento di un rischio di infiltrazione mafiosa limitato essenzialmente alla RAGIONE_SOCIALE
Si evidenzia come la società abbia scrupolosamente seguito quel percorso di “bonifica” insito nel controllo giudiziario, ripltando peraltro estranea a compimento di attività illecite potenzialmente indicOve di un’infiltrazione mafiosa.
Del resto, lo stesso provvedimento impugnató, ricalcando il decreto di primo grado, ha sostenuto la necessità di sottoporre il Consorzio all’amministrazione giudiziaria essenzialmente per effetto di quanto emerso a carico della RAGIONE_SOCIALE e delle altre due società consorziate, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE
Contesta la ricorrente che, in mancanza di elementi direttamente a carico del Consorzio, non assumerebbero rilevanza i rischi ;rilevati con riguardo alle società consorziate.
Il ricorso è stato trattato nelle forme della procedura camerale non partecipata, nel corso delle quali le parti depositavano le memorie in epigrafe richiamate.
CONSIDERATO IN IRITTO
I.
I ricorsi sono infondati.
Il provvedimento impugnato si fonda sulla positiva valutazione dei presupposti per l’applicazione dell’amministrazione giudiziaria ai sensi dell’art. 34, comma 1, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
In relazione a tale aspetto, deve dichiararsi l’inammissibilità dei motivi r variamente declinati dalle società ricorrenti – volt a confutare la sussistenza del rischio di agevolazione di persone sottoposte o destinatarie di richieste di applicazione di misure di prevenzioni, ovvero sottoposte a procedimento penale per uno dei reati di cui all’art.4, lett.a), b) d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
Sul punto, il Tribunale – con motivazione integralmente confermata in appello – ha dato ampiamente conto delle ragioni per cui deve ritenersi che la RAGIONE_SOCIALE per il tramite delle sorelle NOME e NOME COGNOME ha stabili rapport con società sottoposte a interdittiva antimafia g con soggetti, in particolare NOME COGNOME, sottoposto a misura di prevenzione e a procedimento penale per il reato di cui all’art. 416 cod. pen. aggravato dall’art. 416-bis.1 cod. pen. (s veda pg.15-16).
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2.1. Deve ulteriormente evidenziarsi come gli elementi di valutazione posti a fondamento del decreto impugnato non sono meramente reiterativi di quelli che, in occasione dell’ammissione al controllo giudiziario, erano stati già ritenuti idonei a fondare il meno grave rischio di un’agevolazione occasionale, ex art. 34-bis d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
Invero, i giudici di merito hanno avuto cura di’ distinguere tra gli elementi già in precedenza valutati e quelli nuovi, sopravvenuti nel corso del periodo di sottoposizione al controllo giudiziario, in tal modo fornendo un giudizio complessivo e basato su un quadro arricchito di ulteriori elementi indizianti.
2.2. Nel merito e con riferimento alle plurime cénsure sollevate dai ricorrenti circa la corretta valutazione degli elementi fattuali sui quali si è fondato il giudizi di non occasionalità, se ne deve rilevare l’inamnnis’sibilità in questa sede, in quanto si tratta di questioni che attingono al vizio di nnotiriazione, insuscettibile di essere dedotto con il ricorso in cassazione, trovando applicazione il disposto degli artt. 10 e 27 del d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
I ricorrenti hanno ritenuto che il Tribunale non avrebbe potuto disporre l’amministrazione giudiziaria, posto che il perimetro del giudizio riguardava esclusivamente la valutazione conclusiva del trierrio di sottoposizione al controllo giudiziario.
Si. assume, in buona sostanza, che le uniche alternative possibili erano quelle di ritenere positivamente adempiute le prescrizioni imposte, con la conseguente eliminazione dei presupposti che avevano condotto all’applicazione del controllo giudiziario, ovvero, in caso di esito negativo, il Tribunale si sarebbe dovuto limitato a dichiararlo, con conseguente riespansione dell’interdittiva antimafia.
3.1. Deve premettersi che, nel caso di specie, non viene in rilievo la questione, relativa alla perdurante efficacia dell’interdittiva :antimafia anche nel caso di esito positivo del controllo giudiziario, sottoposta allo scrutinio della Corte costituzionale, problematica che pure è stata evocata, nel senso di ritenere che la sottoposizione all’amministrazione giudiziaria, pur apparentemente contraria all’interesse delle ricorrenti, ha garantito la prosecuzione dell’attività che viceversa, si sarebbe interrotta nel caso in cui fosse divenuta nuovamente efficace l’interdittiva antimafia.
3.2. Il quesito posto dai ricorrenti, invece) attiene alla possibilità che nel giudizio volto alla verifica dell’esito del controllogiudiziario, il Tribunale poss disporre, nell’ambito della medesima procedura, l’adozione della misura maggiormente afflittiva dell’amministrazione giudiziaria.
Si è anche eccepito che in tal modo si determinerebbe una lesione del diritto
di difesa, non instaurandosi il contraddittorio sui presupposti della misura di cui all’art. 34 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
3.3. La tesi difensiva è infondata.
Invero, l’art.34-bis, comma 2, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, prevede espressamente che il Tribunale, nel verificare il corretto adempimento degli obblighi imposti alla società sottoposta a controllo, possa disporre l’amministrazione giudiziaria nel caso in cui riscontri delle violazioni alle prescrizioni, ovvero, qualora ricorrano i presupposti di cui all’art. 34, comma 1, d.lgs. cit.
Né è condivisibile la tesi difensiva secon& cui la suddetta facoltà di “aggravamento” sarebbe contemplata esclusivamente in presenza di violazioni delle prescrizioni, posto che la norma indica le due ipotesi della violazione e della sussistenza dei presupposti di cui all’art.34, comma 1, cit., con l’utilizzo della congiunzione disgiuntiva, a dimostrazione dell’6Iternatività dei presupposti normativi richiamati.
Peraltro, nel caso di specie, il Tribunale non solo ha evidenziato la sussistenza dei presupposti per l’autonoma applicabilità dell’ahrtministrazione giudiziale, ma ha . GLYPH , anche dato conto – con motivazione non sindacabile in questa sede – del mancato rispetto delle direttive impartite dai controllori giudiziari (così pg.22 decret appello).
Una conferma della legittimità del procedimento seguito è desumibile anche dai rapporti tra le misure in questione delineata dalle Sezioni Unite.
Si è affermato, infatti, che a seguito dell’informazione antimafia interdittiva del prefetto è data facoltà, alla stessa impresa ‘destinataria di interdittiva – che contesti con impugnazione in sede amministrativa la legittimità di tale provvedimento – di richiedere l’ammissione al controllo giudiziario che può «se accolta, dare poi luogo alla revoca per le stesse ragioni sopravvenute e refluire nella applicazione di altra, e più gravosa misura di prevenzione patrimoniale» (così, Sez.U, n. 46898 del 26/9/2019, COGNOME Rv.277156, in motivazione pg.8).
In buona sostanza, la disciplina dettata dagli artt. 34 e 34-bis d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159 dà luogo ad un sistema di; prevenzione basato sul principio di proporzionalità, nell’ambito del quale l’applicazione di forme di controllo e gestione della società risponde ad un criterio di invasività crescente nella vita societaria, passandosi dall’ipotesi più lieve del controllo, a quella più penetrante dell’amministrazione, comportante lo spossessamento della gestione in capo alla società attinta dalla misura.
È bene evidenziare che il sistema in esame presuppone una reciproca interconnessione tra le misure di cui agli artt. 34 4 34-bis d. Igs. 6 settembre 2011,
n. 159, così che da un lato si consente di passare dal controllo all’amministrazione giudiziaria, nel caso in cui si riconosca la non occasionalità delle infiltrazioni dall’altro, qualora sia stata preventivamente disposta l’amministrazione giudiziaria, si prevede la revoca di tale misura e’la “contestuale” applicazione del controllo giudiziario (art.34, comma 6).
In quest’ultima ipotesi, quindi, è la norma stessa che specifica l’unitarietà del contesto procedimentale nell’ambito del quale è consentito il passaggio dalla misura più invasiva a quella del mero controllo.
Pur in mancanza di un’analoga previsione espressa, la formulazione dell’art. 34-bis, comma 4, sulla base del dato letterale e della ratio di sistema, deve essere necessariamente interpretato nel senso che il Fribunale può disporre d’ufficio l’amministrazione giudiziaria nell’ambito del p . r9,cedimento volto alla verifica dell’esito del controllo giudiziario e, quindi, anche a prescindere dall’accertamento della mancata ottemperanza a una delle prescrizioni impartite in sede di controllo.
3.4. Le considerazioni sopra svolte consentono anche di escludere la pretesa lesione del contraddittorio, dato che, se il passaggio dal controllo all’amministrazione giudiziaria è insito nel sistema, deve ritenersi che le parti possono interloquire su tale alternativa decisoria. ,
Nel caso di specie, peraltro, il Procuratore generale aveva espressamente . COGNOME , chiesto che venisse disposta l’amministrazione giudiziaria, sicchè le società erano rese edotte di tale evenienza e ben potevano controdedurre sul punto come, del resto, è avvenuto.
La RAGIONE_SOCIALE ha posto la questione relativa alla possibilità che il Tribunale, a fronte di un quadro sostanzialmente immutato rispetto a quello valutato in occasione della sottoposizione al cantrollo volontario, ben avrebbe potuto disporre il controllo giudiziario d’ufficio ex . r’Art. 34-bis, comma 1, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
Tale soluzione è ritenuta non in contrasto con la previsione del termine massimo di tre anni di durata del controllo giudiziario.
Si tratta di una soluzione non condivisibile, poSto che la norma in questione, al comma 2, prevede una disciplina generale e comune alle due possibili forme di controllo giudiziario che, nell’indicare il termine massimo di durata, fa implicitamente alla tipologia di misura e non alle alternative modalità di attivazione della stessa e, cioè, d’ufficio o su richiesta di parte.
4.1. Del resto, la soluzione prospettata dalla difesa si pone in contrasto anche con quelli che sono gli esiti del controllo giudiziario, posto che la norma in esame prevede che tale misura possa cessare o con la revoca, o con l’applicazione di altre
misure di prevenzione patrimoniali, per tale do4endosi intendere una misura di natura diversa dal controllo giudiziario.
In conclusione, quindi, deve affermarsi che il controllo giudiziario, sia disposto d’ufficio che su richiesta a seguito di interdittiva antimafia, integra una unitari misura di prevenzione, avente sostanzialmente la medesima disciplina, anche sotto il profilo della durata temporale.
Ne consegue che non è consentito disporre, dopo la scadenza del termine massimo di durata del controllo volontario, la prosecuzione della medesima misura sia pur disposta d’ufficio ai sensi dell’art. 34-bis, , t cr – inma 1.
4.2. Nel caso di specie, peraltro, è stato riconosciuto il presupposto per l’applicazione dell’amministrazione giudiziaria sicchè, ove pure si ritenesse in diritto superabile il termine massimo di tre anni previsto per il controllo volontario, l’esito del giudizio non sarebbe ugualmente mutato.
Resta da esaminare la posizione del RAGIONE_SOCIALE in relazione al quale il decreto impugnato individua i p’ resupposti per la sottoposizione all’amministrazione giudiziaria essenzialmente in via derivata, desumendoli dalla valutazione negativa resa nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
Il decreto impugnato, pur dando atto che dalla relazione dei controllori giudiziari non emergono specifiche criticità nei riguardi del Consorzio (così pg.21), ritiene ugualmente sussistente la necessità di disporre l’amministrazione giudiziaria, in considerazione del fatto che la Fersalento continua a far parte del Consorzio e, in tal modo, potrebbe avvalersi dllo stesso per il compimento di condotte illecite.
Al contempo, si è stigmatizzato il fatto che il Consorzio non ha intrapreso alcuna azione volta alla sua liquidazione o, quanto meno, alla fuoriuscita di RAGIONE_SOCIALE lento.
Il decreto impugnato deve essere letto congiuntamente a quello emesso in primo grado, nel quale si motivava ampiamente in ordine al coinvolgimento non solo della RAGIONE_SOCIALE ma anche delle ulteriori due società consorziate (RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, le cui qtkriote venivano cedute alla RAGIONE_SOCIALEa sua volta coinvolta in indagini penali) in operazioni di somministrazione circolare di manodopera in favore delle imprese calabresi, riconducibili ad gruppo COGNOME (soggetto attinto dai presupposti di pericolosità).
Sulla base di tali elementi, il Consorzio, in quanto interamente partecipato da società nei cui confronti sono emersi concreti elementi a sostegno dell’esistenza di condotte rientranti tra quelle che danno luogo all’amministrazione giudiziaria, deve necessariamente estendersi la medesima misurai
Se da un lato, infatti, l’autonomia giuridica tra il Consorzio e le società
consorziate consentirebbe, in linea astratta, la diversificazione delle valutazioni, tale possibilità viene meno nella misura in cui tutte le consorziate sono attinte dal
giudizio di “pericolosità” richiesto dall’art. 34 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
6. Alla luce di tali considerazioni, i ricorst devono essere rigettati con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24 giugno 2025
Il Consigliere estensore