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Amministratore formale: Omesso versamento IVA, la difesa

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per omesso versamento IVA. La difesa basata sulla figura di amministratore formale è stata respinta, in quanto non sollevata nei precedenti gradi di giudizio e perché la carica comporta precisi doveri di controllo fiscale, indipendentemente dalla gestione di fatto.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Amministratore Formale e Omesso Versamento IVA: la Cassazione Conferma la Responsabilità

Recentemente, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di grande interesse per chiunque ricopra cariche societarie, chiarendo i confini della responsabilità penale per omesso versamento dell’IVA. La vicenda riguarda un amministratore formale di una S.r.l., condannato per non aver versato l’imposta relativa all’anno 2016. La sua difesa, incentrata sul non essere il gestore di fatto della società, non ha trovato accoglimento, portando a una pronuncia di inammissibilità del ricorso.

I Fatti di Causa

Il legale rappresentante di una società a responsabilità limitata è stato condannato sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’art. 10 ter del D.Lgs. 74/2000, ovvero l’omesso versamento di IVA dovuta. L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la sua posizione era meramente quella di un amministratore formale, un prestanome, mentre la gestione effettiva della società era in mano a un altro soggetto. Secondo il ricorrente, questa circostanza avrebbe dovuto escludere la sua responsabilità penale.

La Questione dell’Amministratore Formale in Cassazione

La difesa del ricorrente si è scontrata con un ostacolo procedurale e sostanziale. La Corte Suprema ha innanzitutto rilevato che la tesi dell’amministratore formale non era mai stata sollevata né durante le indagini preliminari, né nel corso del processo di primo grado, né con i motivi di appello. Introdurre tale argomentazione per la prima volta in sede di legittimità equivale a richiedere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività preclusa alla Corte di Cassazione, che può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso, confermando la condanna. Le motivazioni della decisione si fondano su principi consolidati:

1. Completezza della Motivazione d’Appello: I giudici di secondo grado avevano già condotto un’analisi completa e approfondita delle risultanze processuali. La loro decisione era logica, coerente e non presentava vizi tali da poter essere censurata in Cassazione.

2. Doveri del Rappresentante Legale: La Corte ha ribadito che la carica di rappresentante legale comporta doveri specifici e ineludibili. Tra questi, vi è l’obbligo di esercitare i dovuti controlli sul puntuale adempimento degli obblighi fiscali. Accettare la carica significa assumersi la responsabilità di vigilare sulla corretta gestione fiscale della società.

3. Irrilevanza degli Elementi Esterni: Ai fini della configurabilità del dolo, ovvero della coscienza e volontà del reato, i giudici hanno considerato irrilevanti le giustificazioni addotte, come la variabilità delle commesse, la crisi del settore di mercato o le condizioni di disagio economico della società. Tali elementi non sono idonei a escludere la volontarietà dell’omissione del versamento dell’IVA.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione lancia un messaggio chiaro a chiunque accetti di ricoprire il ruolo di amministratore, anche solo formalmente. La posizione di legale rappresentante non è una mera formalità, ma comporta responsabilità civili e penali precise, in particolare in ambito fiscale. Affermare di essere un semplice prestanome non è una difesa sufficiente, specialmente se tale argomento viene introdotto tardivamente nel procedimento. La legge presume che chi accetta una carica ne conosca e ne accetti anche i doveri, primo fra tutti quello di garantire la legalità della gestione societaria, inclusa la correttezza degli adempimenti fiscali.

Può un amministratore difendersi sostenendo di essere solo un prestanome per l’omesso versamento dell’IVA?
No. Secondo la Corte, questa difesa non può essere accolta, soprattutto se sollevata per la prima volta in Cassazione. La carica di legale rappresentante implica il dovere di controllare il corretto adempimento degli obblighi fiscali, e la posizione di mero ‘amministratore formale’ non esclude di per sé la responsabilità penale.

La crisi economica della società o del mercato può giustificare il mancato pagamento dell’IVA?
No. La Corte ha stabilito che la variabilità delle commesse, la crisi del settore di mercato o le condizioni di disagio economico in cui si trovava la società non sono fattori idonei a escludere il dolo, ovvero l’intenzionalità del reato di omesso versamento.

Perché il ricorso dell’amministratore è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la doglianza sollevata (essere un amministratore solo formale) non rientra tra i motivi per cui si può ricorrere in Cassazione. Si trattava di una valutazione del fatto e della prova, riservata ai giudici di merito (primo grado e appello), la cui decisione è stata ritenuta congrua, esauriente e logicamente motivata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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