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Amministratore formale: la responsabilità penale

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta di un amministratore di diritto, sottolineando come la sua posizione non fosse meramente formale. La sentenza chiarisce che la responsabilità penale dell’amministratore formale sussiste anche in presenza di un amministratore di fatto, qualora vi sia una consapevolezza generica delle attività illecite gestite da quest’ultimo. Il caso riguardava distrazione di fondi, omesso pagamento di debiti fiscali e contributivi e occultamento delle scritture contabili.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

La Responsabilità Penale dell’Amministratore Formale: Quando la ‘Testa di Legno’ Risponde

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 33758/2025, affronta un tema cruciale nel diritto penale societario: la responsabilità penale dell’amministratore formale (o ‘testa di legno’) per i reati di bancarotta commessi in concorso con l’amministratore di fatto. Questo provvedimento ribadisce che la semplice qualifica formale non esonera da colpe, soprattutto quando si è consapevoli delle attività illecite che portano al dissesto della società.

I Fatti del Caso: Un Ruolo non solo Formale

Il caso esaminato riguarda il ricorso presentato dall’amministratore unico e successivo liquidatore di una S.r.l., dichiarata fallita. L’imputato era stato condannato in primo e secondo grado a tre anni di reclusione per bancarotta patrimoniale, documentale e impropria, in concorso con l’amministratore di fatto della stessa società.

Le accuse erano gravi:
Bancarotta patrimoniale: per aver distratto fondi verso altre società riconducibili all’amministratore di fatto e per aver effettuato prelievi ingiustificati dai conti aziendali.
Bancarotta impropria: per aver cagionato il dissesto della società attraverso operazioni dolose, consistenti nel sistematico mancato pagamento di imposte e contributi, accumulando un ingente debito tributario.
Bancarotta documentale: per aver omesso di consegnare le scritture contabili al curatore fallimentare.

La difesa del ricorrente si basava sull’assunto di aver ricoperto un ruolo puramente subordinato rispetto all’amministratore di fatto, negando quindi una piena consapevolezza e volontà rispetto alle condotte illecite.

La Decisione della Cassazione e la Responsabilità Penale dell’Amministratore Formale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno stabilito che il ruolo dell’amministratore formale non era affatto passivo. Dalle testimonianze era emerso che egli era un “principale collaboratore” e il “braccio destro” dell’amministratore di fatto, pienamente inserito nella gestione aziendale.

Questa collaborazione attiva è stata ritenuta decisiva per affermare la sua piena corresponsabilità. La Corte ha sottolineato un principio giuridico consolidato: per integrare il dolo nei reati fallimentari, è sufficiente la “generica consapevolezza” da parte dell’amministratore formale delle attività illecite compiute tramite la società. Non è necessario dimostrare che fosse a conoscenza di ogni singola operazione distrattiva.

Il Dolo nella Bancarotta

La Suprema Corte chiarisce che il dolo, ovvero l’elemento soggettivo del reato, può essere anche solo eventuale. L’amministratore di diritto che accetta la carica e omette i dovuti controlli, pur potendo immaginare che l’amministratore di fatto stia conducendo la società in modo illecito, accetta il rischio che si verifichino reati fallimentari. Nel caso di specie, la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali e il conseguente accumulo di debiti erano fatti che non potevano sfuggire all’amministratore formalmente in carica, il quale aveva precisi doveri di vigilanza.

La Responsabilità per la Bancarotta Documentale

Anche per la bancarotta documentale, la responsabilità dell’amministratore formale è stata considerata evidente. Su di lui incombeva l’obbligo legale di tenere e consegnare al curatore le scritture contabili. La sua omissione, unita alla consapevolezza dell’irregolare gestione fiscale, dimostrava la sua piena partecipazione al piano criminoso.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano sulla distinzione tra un prestanome inconsapevole e un collaboratore attivo. L’amministratore formale non può invocare la sua subordinazione all’amministratore di fatto per sfuggire alla responsabilità penale quando le prove dimostrano una sua concreta ingerenza e partecipazione alla gestione societaria. La sua consapevolezza dell’emissione di fatture per importi significativi e la sua conoscenza della gestione finanziaria irregolare sono state considerate prove sufficienti a dimostrare la sua piena compartecipazione, sia materiale che psicologica, ai reati contestati. La Corte ha ribadito che il pieno concorso nelle condotte consumate dall’amministratore di fatto chiarisce la piena compartecipazione anche in ordine all’elemento soggettivo del reato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rappresenta un monito importante per chi accetta di ricoprire cariche sociali in modo puramente formale. La responsabilità penale dell’amministratore formale non è esclusa dalla presenza di un dominus di fatto. Al contrario, chi accetta la carica di amministratore assume doveri di vigilanza e controllo che non possono essere disattesi. La “generica consapevolezza” di una gestione illecita è sufficiente per essere chiamati a rispondere penalmente del dissesto societario. È fondamentale, quindi, esercitare attivamente i propri poteri-doveri di controllo per non incorrere in gravi conseguenze penali.

Un amministratore formale può essere ritenuto responsabile per i reati di bancarotta commessi da un amministratore di fatto?
Sì. La Corte di Cassazione afferma che l’amministratore formale è corresponsabile se, pur non compiendo materialmente ogni atto, agisce come collaboratore dell’amministratore di fatto ed è genericamente consapevole delle attività illecite che portano al dissesto della società.

Quale livello di consapevolezza è necessario per provare il dolo dell’amministratore formale?
È sufficiente una ‘generica consapevolezza’ delle attività illecite. Non è richiesta la prova della conoscenza di ogni singola operazione fraudolenta. L’accettazione del rischio che la gestione dell’amministratore di fatto possa portare al fallimento integra l’elemento soggettivo del dolo, anche in forma eventuale.

Quali sono gli obblighi specifici dell’amministratore formale riguardo alla contabilità?
L’amministratore formale ha l’obbligo legale di tenere correttamente le scritture contabili e di consegnarle al curatore in caso di fallimento. L’omissione di tale dovere, specialmente se unita ad altre irregolarità come la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali, costituisce prova della sua partecipazione alla bancarotta documentale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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