Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33758 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33758 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Data Udienza: 19/09/2025
COGNOME
Sent. n. sez. 1319/2025
– Relatore –
NOME COGNOME SESSA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
inoltre come parte civile:
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 marzo 2025, la Corte di appello di Torino confermava la sentenza del locale Tribunale che aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole dei delitti di bancarotta patrimoniale, documentale ed impropria, al medesimo ascritti quale amministratore unico (dal 17/9/2010 al 1/6/2012) e poi liquidatore (dal 1/6/2012 al fallimento) della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 29 marzo 2018, in concorso con l’amministratore di fatto NOME COGNOME (ritenuto anch’egli colpevole ma non ricorrente), irrogando la pena di anni tre di reclusione.
quanto alla bancarotta patrimoniale, l’erogazione di somme in favore di altre società (a RAGIONE_SOCIALE per euro 110.602, ad RAGIONE_SOCIALE per 10.029), per scopi estranei all’oggetto sociale; e per avere effettuato prelievi ingiustificati dai conti bancari per complessivi euro 38.880;
quanto alla bancarotta impropria, per avere compiuto operazioni dolose che avevano
La fallita RAGIONE_SOCIALE non aveva presentato mai alcuna dichiarazione fiscale ed aveva pertanto accumulato il conseguente ingente debito tributario e contributivo. Era in liquidazione dal 2012 ma il fallimento era stato dichiarato solo nel 2018.
Avevano deposto in tal senso il commercialista della fallita, che aveva anche indicato come COGNOME fosse un amico personale del COGNOME, ed alcuni dipendenti della stessa che avevano riferito come COGNOME si fosse effettivamente ingerito nell’amministrazione della fallita (nella quale era anche inquadrato come dipendente), come principale collaboratore del COGNOME, tanto da essere definito il ‘braccio destro’.
Fermo pertanto il ruolo di COGNOME come amministratore di fatto della fallita (anche considerando che le condotte distrattive erano state consumate a favore suo o di altre società al medesimo riferibili), evidente era la corresponsabilità del COGNOME nelle condotte di bancarotta qui contestate.
Evidenti era anche la corresponsabilità del prevenuto in relazione alla commissione delle operazioni dolose che avevano contribuito a cagionare il dissesto, il sistematico mancato pagamento delle imposte e dei contributi, visto che tali adempimenti competevano proprio allo stesso, quale amministratore di diritto della società.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando le proprie censure in tre motivi.
2.1. Con il primo deduce il vizio di motivazione in relazione al ruolo che il ricorrente avrebbe ricoperto nell’amministrazione della fallita.
E tuttavia, quanto al trattamento sanzionatorio, lo stesso era stato parificato (anche al COGNOME erano stati inflitti anni tre di reclusione).
A fronte di tali circostanze non poteva considerarsi decisivo il fatto, ricordato dalla Corte, secondo cui il ricorrente era consapevole dell’emissione di fatture per importi
Quanto alla bancarotta patrimoniale, l’elemento soggettivo era stato dedotto da mere presunzioni o indizi e non da prove certe.
Nulla poteva essersi rappresentato l’imputato circa l’irregolarità delle scritture contabili posto che egli era subordinato al COGNOME.
2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge per il mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla aggravante contestata.
Si Ł, infatti, affermato che, in tema di reati fallimentari, Ł sufficiente ad integrare il dolo, in forma diretta o eventuale, dell’amministratore formale la generica consapevolezza, pur non riferita alle singole operazioni, delle attività illecite compiute dalla società per il tramite dell’amministratore di fatto (Sez. 5, n. 32413 del 24/09/2020, Loda, Rv. 279831 – 01; Sez. 5, n. 50348 del 22/10/2014, Rv. 263225-01).
E questo perchØ il pieno concorso nelle condotte consumate dall’amministratore di fatto ne chiariva la piena compartecipazione anche in ordine all’elemento soggettivo del reato.
Quanto alla bancarotta documentale (qui contestata nella prima ipotesi, che prevede il dolo specifico), Ł evidente come anche il prevenuto, quale amministratore di diritto e diretto collaboratore dell’amministratore di fatto, abbia concorso con quest’ultimo nell’omettere la consegna al curatore dell’intero compendio contabile, nonostante tale onere incombesse proprio sull’imputato. Del resto, neppure aveva presentato le dichiarazioni fiscali annuali, così da essere, anche sotto questo profilo, pienamente consapevole e compartecipe della irregolare gestione della società.
Peraltro, rispetto al coimputato doveva considerarsi che questi, diversamente dal ricorrente, aveva versato una non indifferente somma di denaro alla curatela.
Non vengono liquidate le spese a favore della parte civile sia per la tardività dell’istanza sia perchØ la medesima non aveva offerto argomenti utili alla decisione sui motivi di ricorso (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 12/01/2023, COGNOME, in motivazione).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma il 19 settembre 2025.
NOME COGNOME
NOME COGNOME