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Amministratore di fatto: responsabilità per bancarotta

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta di un soggetto ritenuto amministratore di fatto di una società. La sentenza chiarisce che l’esercizio continuativo e significativo di poteri gestionali, anche in assenza di una carica formale, è sufficiente per fondare la piena responsabilità penale per i reati fallimentari, inclusa la bancarotta documentale. Il ruolo di amministratore di fatto è stato provato attraverso un insieme di elementi, tra cui una procura quasi illimitata e condotte gestionali concrete.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Amministratore di Fatto e Bancarotta: La Cassazione Chiarisce la Responsabilità

Nel diritto penale societario, la figura dell’amministratore di fatto assume un’importanza cruciale. Si tratta di chi, pur senza un’investitura ufficiale, gestisce un’impresa come se ne fosse il legale rappresentante. Ma quali sono i confini della sua responsabilità in caso di fallimento? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 787/2024, ha fornito chiarimenti decisivi, confermando che la sostanza del potere gestionale prevale sulla forma, con piene conseguenze in termini di responsabilità per i reati di bancarotta.

I Fatti del Caso: Oltre la Veste Formale

Il caso esaminato riguarda un imprenditore condannato in primo e secondo grado per diversi reati di bancarotta fraudolenta (distrattiva e documentale) commessi in qualità di amministratore di fatto di una società poi fallita. La difesa dell’imputato sosteneva che il suo ruolo fosse meramente tecnico e di consulenza, subordinato alle decisioni dell’amministratore di diritto, e che quindi non potessero essergli addebitate le condotte illecite.

Secondo la tesi difensiva, le sue attività erano limitate al settore tecnico-produttivo e ogni sua azione era soggetta a previa approvazione. Tuttavia, le corti di merito avevano raggiunto una conclusione opposta, basandosi su una serie di elementi che delineavano un quadro di gestione effettiva e non meramente formale.

La Figura dell’Amministratore di Fatto secondo la Cassazione

Il ricorso in Cassazione è stato rigettato. La Suprema Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello logica e coerente, confermando l’attribuzione del ruolo di amministratore di fatto all’imputato. I giudici hanno sottolineato che tale qualifica non deriva solo dal conferimento di una procura generale, ma richiede la prova di un esercizio concreto e continuativo di funzioni direttive.

Nel caso specifico, gli elementi che hanno dimostrato il suo ruolo dominante sono stati molteplici:

* Esercizio di funzioni gestionali concrete, incluse le attività distrattive a proprio vantaggio personale, come il pagamento di un canone di locazione per un immobile ad uso abitativo con fondi della società.
Testimonianze e documenti, come una lettera di dimissioni di un consigliere che criticava il modus operandi* della società, di fatto gestita dall’imputato.
* Un ruolo centrale nella vita della società, dalla sua costituzione fino all’indicazione dei soggetti a cui cedere le quote.
* Una procura amplissima che gli conferiva un potere gestionale quasi illimitato, consentendogli di stipulare contratti, determinare prezzi, effettuare incassi e pagamenti, e rappresentare la società di fronte a qualsiasi ufficio.

La Responsabilità per la Bancarotta Documentale

Un punto cruciale del ricorso riguardava la bancarotta documentale. La difesa sosteneva l’estraneità dell’imputato alla gestione contabile. La Cassazione ha respinto anche questa tesi, ribadendo un principio consolidato: l’amministratore di fatto è gravato dell’intera gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore di diritto. Ciò include la responsabilità penale per la tenuta irregolare o la falsificazione delle scritture contabili, poiché tali condotte sono idonee a ingannare i terzi e a contribuire al dissesto della società.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, evidenziando che le censure sollevate dall’imputato non vertevano su vizi di legittimità (errata applicazione della legge o illogicità della motivazione), ma miravano a una nuova e diversa valutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità. La Corte territoriale aveva correttamente applicato i principi giuridici, individuando con motivazione congrua le condotte che rivelavano in modo univoco il ruolo di gestore di fatto. La decisione si fonda sul principio che chi esercita il potere deve anche assumerne le responsabilità. L’imputato, gestendo la società in modo continuativo e pervasivo, ha assunto su di sé tutti gli obblighi, inclusi quelli di corretta gestione contabile e di tutela del patrimonio sociale a garanzia dei creditori.

Le Conclusioni

La sentenza n. 787/2024 ribadisce un messaggio chiaro: nel diritto penale dell’impresa, la realtà prevale sull’apparenza. Chiunque agisca come dominus di una società, prendendo le decisioni cruciali e gestendone le risorse, sarà considerato un amministratore di fatto e risponderà penalmente per le conseguenze delle sue azioni, inclusi i gravi reati di bancarotta fraudolenta. Questa decisione serve da monito per chi crede di potersi schermare dietro nomine formali altrui, confermando che il sistema giuridico è attrezzato per individuare e punire chi esercita effettivamente il potere gestorio in modo illecito.

Chi è considerato amministratore di fatto ai fini della responsabilità penale?
È considerato amministratore di fatto chi, pur senza una carica formale, esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici di un amministratore, come stipulare contratti, gestire le finanze e rappresentare la società. La prova di tale ruolo si basa su elementi concreti, come procure ampie e l’effettivo compimento di atti di gestione.

Un amministratore di fatto risponde dei reati di bancarotta documentale anche se non si occupa direttamente della contabilità?
Sì. Secondo la sentenza, l’amministratore di fatto assume l’intera gamma di doveri dell’amministratore di diritto, compresa la responsabilità per la corretta tenuta delle scritture contabili. Pertanto, risponde penalmente per falso in bilancio o altre irregolarità contabili che danneggiano i creditori.

Il possesso di una procura generale è sufficiente per essere qualificato come amministratore di fatto?
Da sola, una procura generale potrebbe non essere sufficiente. Tuttavia, la sentenza chiarisce che una procura con poteri gestionali praticamente illimitati, unita alla prova che tali poteri sono stati concretamente e ampiamente esercitati, costituisce un elemento fondamentale per dimostrare l’esistenza di un ruolo di amministratore di fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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