Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 787 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 787 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 27/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il 02/06/1965
avverso la sentenza del 18/11/2022 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 18 novembre 2022 la Corte di appello di Torino, in riforma della pronuncia del 3 luglio 2013 nei confronti di NOME COGNOME Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale della stessa città, a seguito di giudizio abbreviato, ha escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 2:19 comma secondo n.2 legge fallimentare, riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, rideterminando la pena e riducendo le pene accessorie con applicazione del beneficio della sospensione condizionale e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, confermando nel resto.
La sentenza di primo grado aveva condannato il ricorrente (in concorso con COGNOME Giorgio per cui si è proceduto separatamente) alla pena di giustizia:
-per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, nella qualità di amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE, dic:hiarata fallita sentenza del Tribunale di Torino in data 23 settembre 2013 (capo A);
per il reato di bancarotta fraudolenta documentale cd. generica (capo B);
-per il reato di bancarotta documentale impropria derivante da falso in bilancio, essendo indicati nel bilancio 2011 crediti per fatture ancora daenettere pari ad euro 250.000,00(capo C).
Con l’aggravante di avere commesso più fatti di bancarotta e di avere esercitato un’impresa commerciale essendogli vietato per legge (aggravante quest’ultima esclusa dalla sentenza impugnata).
Avverso la decisione della Corte di Appello ha proposto ricorso l’imputato, attraverso il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME articolando i motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Con il primo motivo, è stato dedotto vizio di motivazione quanto alla attribuzione al ricorrente del ruolo di amministratore di fatto.
La sentenza impugnata non ha individuato gli elementi in base ai quali il ricorrente possa essere considerato amministratore di fatto alla luce delle indicazioni della giurisprudenza di questa Corte, pur richiamata.
Il ricorrente si occupava esclusivamente del settore tecnico dell’attività avente ad oggetto il recupero integrale di scorie di fonderia di alluminio e aveva sottoscritto un contratto di opera per tutte le attività di sistemazione degli impianti e un licenza di uso per la tecnologia brevettata.
La nomina quale amministratore del Ravera, a seguito delle dimissioni del precedente, era stata dal ricorrente semplicemente proposta su esplicita richiesta, senza alcuna forma di ingerenza.
Dunque, tutta l’attività svolta dall’Ameno era sottoposta alla previa approvazione e decisione dell’amministratore di diritto al quale era fornito unicamente un supporto di natura tecnica; peraltro, nel corso di un sopralluogo Arpa, il ricorrente era stato definito dallo stesso amministratore quale responsabile tecnico della società.
Inoltre, la sua attività era cessata formalmente nel gennaio 2013 essendosi di fatto resa impossibile la prosecuzione del lavoro.
La motivazione della sentenza appare illogica nella parte in cui opera una valutazione della lettera del 5 maggio 2013 inviata all’Ameno dal Ravera, interpretandola erroneamente quale prova della sua qualifica di amministratore di fatto, così come è stata trascurata la comunicazione inviata nel marzo 2013 da uno dei componenti del precedente consiglio di amministrazione, COGNOME al ricorrente quanto alla possibilità di una prosecuzione dell’attività attraverso una
I
cessione di quote della società con il conferimento all’imputato della qualifica di direttore di produzione , incompatibile con il ruolo contestato all’Ameno.
Né può essere riconosciuto rilievo alla generica affermazione del curatore fallimentare secondo cui l’Ameno poteva essere “ragionevolmente” considerato l’amministratore di fatto.
2.2.Con il secondo motivo, è stato dedotto vizio di motivazione quanto alla attribuibilità delle condotte contestate al ricorrente.
2.2.1Quanto alla condotta distrattiva di cui al capo A) la sentenza si limita a richiamare:
una presunta violazione delle condizioni contrattuali previste al punto 8) del contratto di assunzione, dal momento che l’Ameno avrebbe beneficiato di pagamenti per spese indicate come relative a prestazioni tecnico commerciali, in alcun modo documentate;
le transazioni a favore di COGNOME e COGNOME e la mancata insinuazione della RAGIONE_SOCIALE al fallimento senza spiegare il collegamento tra tali accadimenti e la condotta del ricorrente.
COGNOME ha peraltro chiarito le motivazioni per le quali sono state dallo stesso incamerate le somme relative ai canoni di locazione dell’immobile di Torino e al pagamento della vettura: sarebbero compensazioni di crediti vantati nei confronti della società e, comunque, preventivamente concordate.
2.2.2. Quanto alla bancarotta fraudolenta’ documentale, la responsabilità del ricorrente si è fondata su di una automatica estensione di colpevolezza alla sua persona, una volta riconosciuta la sua qualifica di amministratore di fatto, nonostante l’Ameno fosse del tutto estraneo alla gestione contabile della società.
2.2.3. Quanto alla contestazione della bancarotta documentale impropria derivante dal falso in bilancio, la difesa evidenza che la procura rilasciata al ricorrente dal COGNOME era relativa unicamente alle interlocuzioni in sede di sopralluogo nei cantieri e al contatto con clienti e fornitori, ma non era relativa ad alcuna iniziativa di carattere negoziale, riservata esclusivamente agli amministratori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato per le ragioni di cui in seguito.
1.11 primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. La sentenza impugnata ha correttamente tenuto in conto i principi affermati da questa Corte secondo i quali in tema di bancarotta fraudolenta la qualifica di amministratore di fatto di una società non può trarsi solo dal conferimento di una procura generale “ad negotia”, ma richiede l’individuazione di prove significative e concludenti dello svolgimento delle funzioni direttive in
qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività imprenditoriale, anche a mezzo dell’attivazione dei poteri conferiti con la procura stessa. (Sez. 5, n. 4865 del 25/11/2021, (2022), Rv. 282775).
La Corte territoriale (p.8), nel condividere le valutazioni espresse dal giudice di primo grado, ha evidenziato le condotte univocamente rivelatrici del ruolo svolto dal ricorrente, sebbene lo stesso risultasse formalmente un consulente della società in virtù di un contratto d’opera:
-le concrete funzioni esercitate tradottesi, peraltro, anche nelle specifiche attività distrattive in favore di sé stesso;
la nota che accompagnava le dimissioni del Consigliere COGNOME nel luglio 2012 in cui si criticava il modus operandi della società che di fatto era gestita dal ricorrente;
le indicazioni testimoniali che lo individuano come colui che aveva promosso la costituzione della società, aveva dato ordine di smantellare il vecchio impianto per realizzarne uno nuovo, aveva indicato al momento della cessione delle quote, la persona a cui cederle;
la continua attività gestoria svolta sia in base al richiamato contratto, sia in ragione della procura ampia a firma dell’amministratore di diritto Ravera del 13 febbraio 2012 dalla quale risulta un potere gestionale praticamente illimitato potendo quest’ultimo stipulare qualsiasi contratto, determinare prezzi e corrispettivi, effettuare incassi e pagamenti, rinunciare a ipoteche, procedere ad ogni operazioni bancaria intervenire in nome e per conto della società dinanzi a qualsiasi ufficio, provvedere al pagamento di imposte, tasse e tributi.
1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato non confrontandosi con la sentenza impugnata e con la giurisprudenza di questa Corte,
Le censure del ricorrente attengono esclusivamente al merito, in quanto dirette a sovrapporre all’interpretazione delle risultanze probatorie operata dal giudice una diversa valutazione dello stesso materiale probatorio per arrivare ad una decisione diversa, e come tali si pongono all’esterno dei limiti del sindacato di legittimità.
La decisione del giudice di merito non può essere invalidata da ricostruzioni alternative che si risolvano in una rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati da giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015,
Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148; SeZ. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507).
La sentenza impugnata (p.7 e ss.) con motivazione immune da vizi logici:
ha evidenziato, quanto alla bancarotta distrattiva, che le specifiche condotte realizzate erano per lo più dirette in favore dell’imputato e per il soddisfacimento di suoi bisogni personali, compreso il pagamento disposto dal conto corrente della società di un canone di locazione di un immobile ad uso abitativo;
ha valorizzato, quanto alla condotta di bancarotta fraudolenta documentale e impropria derivante da falso in bilancio, richiamando alla luce degli elementi in fatto descritti la giurisprudenza di questa Corte, le carenze nella tenuta della contabilità (voce “crediti verso clienti” per significativi importi senza alcuna documentazione a supporto delle fatture da emettere) tali da indurre in errore i terzi e a concorrere nel cagionare il dissesto della società fallita.
La sentenza ha operato buon governo dei principi fissati da questa Corte con orientamento consolidato secondo cui in tema di reati fallimentari, l’amministratore “di fatto” della società fallita è da ritenere gravato dell’inte gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore “di diritto”, per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili. (Fattispecie in tema di bancarotta fraudolenta documentale). (Sez. 5, n. 39593 del 20/05/2011, Rv. 250844).
3.AI rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 27 settembre 2023 Il Consi liere estensore