Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7466 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7466 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME NOME il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a PENNE il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/03/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Sostituto Procuratore generale, dott. ssa NOME COGNOME, la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 27 marzo 2023 la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado che aveva condanNOME alla pena di giustizia NOME COGNOME (1), NOME COGNOME (2), NOME COGNOME (3) e NOME COGNOME (4) in relazione ai seguenti delitti fallimentari: capo la) bancarotta fraudolenta distrattiva del comples aziendale della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 27 marzo 2012, favore della RAGIONE_SOCIALE, attribuito al 1°, quale s accomandatario della prima società, la 2′ e il 3°, marito di quest’ultima, quali amministratori di fatto della medesima società, il 4°, fratello del 3°, quale so accomandante della stessa società e amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE; capo lb) bancarotta fraudolenta distrattiva della somma 125.333,81, attribuito al 1 0 , alla 2 a e al 3°, nelle indicate qualità; capo 1c) bancarotta distrattiva della somma non inferiore a 503.000 euro; capo 1d) cagionamento o aggravamento della dissesto per effetto di operazioni dolose, attribuito al 1°, alla 2 a e al 3°, nelle indicate qualità; capo le) bancarotta fraudolenta documentale, attribuito al 1°, alla 2 a e al 3°, nelle indicate qualità; capo 2a) bancarotta fraudolenta distrattiva del complesso aziendale della RAGIONE_SOCIALE (con l’eccezione della cessione del negozio macelleria, per la quale è intervenuta assoluzione), dichiarata fallita in data aprile 2013, attribuiti alla 2a e al 3°, quali amministratori di fatto, e al 4°, quale amministratore di diritto della società; capo 2b), cagionamento o aggravamento del dissesto, per effetto di operazioni dolose e capo 2c), bancarotta fraudolen documentale attribuiti alla 2 a e al 3°, quali amministratori di fatto, e al 4°, quale amministratore di diritto della società. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Nell’interesse degli imputati è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 dis cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, rilevando che l’affermazione di responsabilità del 1° e del 4° imputato, p il reato di bancarotta documentale in relazione alle società delle quali era amministratori di diritto non era stata fondata su una puntuale disamina dell’elemento soggettivo necessario (la Corte territoriale aveva ritenuto ravvisare tanto il dolo specifico che quello generico) e non aveva approfondito i tema della consapevolezza, da parte degli amministratori di diritto, dell esistenza di indici di allarme, percepiti come tali e idonei a giustifi l’attribuzione del reato a titolo di dolo e non di colpa.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione all’affermazione di responsabilità degli amministratori di diritto meramente apparenti per il delitto di bancarotta distrattiva, sottolineando che la pur consapevole accettazione della carica non implica la consapevolezza dei disegni criminosi dell’amministratore di fatto.
2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione all’attribuzione della qualifica di amministratore di fatto al 30 imputato, fondata sull’assenza di indici rivelatori di un ruolo gestorio significativo e continuo, che poteva essere attribuito, alla stregua delle risultanze istruttorie, soltanto alla 2 a imputata.
2.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali in relazione all’attribuzione alla 2 a imputata dei delitto di bancarotta documentale di cui ai capi le) e 2e) per difetto del necessario elemento soggettivo.
2.5. Con il quinto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al diniego, nei confronti della 2 a imputata e del 3° imputato, delle circostanze attenuanti generiche.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, conclusioni scritte nell’interesse dei ricorrenti, con le quali si insiste per l’accoglimento del ricorso
All’udienza del 19 gennaio 2024 si è svolta la discussione orale.
Considerato in diritto
Il primo e il secondo motivo sono privi di specificità dal momento che non viene in discussione il principio generale per il quale l’attribuzione agli amministratori di diritto privi di reali poteri gestori sia della bancarotta fraudolenta documentale che di quella patrimoniale richiede profili di consapevolezza degli illeciti dei reali amministratori. Anche di recente è stato ribadito che, in tema di reati fallimentari, è sufficiente ad integrare il dolo, in forma diretta o eventuale, dell’amministratore formale la generica consapevolezza, pur non riferita alle singole operazioni, delle attività illecite compiute dalla società per il tramite dell’amministratore di fatto (v. ex multis, Sez. 5, n. 32413 del 24/09/2020, Loda, Rv. 279831 – 01).
Il punto è che i giudici di merito (al riguardo, va ribadito che, essendosi in presenza di una doppia pronuncia conforme in punto di penale responsabilità dell’imputato, le motivazioni delle due sentenze di merito vanno ad integrarsi
reciprocamente, saldandosi in un unico complesso argomentativo: v. ad es., in motivazione, Sez. 2, n. 46273 del 15/11/2011, Battaglia, Rv. 251550) hanno fondato siffatta consapevolezza sulla ristretta compagine delle società coinvolte, sull’assunzione del ruolo amministrativo su indicazione di prossimi congiunti, ma soprattutto sulla vorticosa costituzione di società operanti nel medesimo ambito e con il medesimo compendio di beni, al fine approdato ad una ulteriore società.
Siffatto apparato argomentativo, pur riferito esplicitamente dalla sentenza impugnata all’attribuzione della bancarotta documentale, concerne l’intera gestione delle vicende sociali e non presenta alcun profilo di illogicità. Esso ruota attorno all’evidente carattere distrattivo delle operazioni, quale confermato dal fatto che, sia pure con riguardo alla posizione della COGNOME, che ha inteso non mettere in discussione il proprio ruolo gestorio, l’unica contestazione sull’affermazione di responsabilità riguarda l’invocata riqualificazione del delitto di bancarotta documentale (quarto motivo del ricorso). La bancarotta documentale è, coerentemente, ricostruita dai giudici di merito come strumentale all’occultamento della condotta distrattiva.
In tale contesto non si colgono censure specifiche, insistendo i ricorrenti sulla insufficienza della mera accettazione della carica e su considerazioni di carattere generale che non si confrontano con l’indicata ratio decidendi.
2. Il terzo motivo è privo di specificità, poiché, limitandosi a valorizzare le risultanze concernenti la COGNOME, svilisce genericamente i plurimi indici rivelatori, proprio nella loro globalità, di un continuativo e concreto ruolo gestorio del COGNOME NOME (si vedano, a titolo esemplificativo, le dichiarazioni del fornitore COGNOME, riferite dal curatore, le dichiarazioni del maresciallo COGNOME, quanto all’utilizzo dell’autovettura in leasing intestato alla RAGIONE_SOCIALE, le dichiarazioni del teste COGNOME, che, con il COGNOME del quale si parla e con la moglie di quest’ultimo, aveva concordato un piano di rientro, le dichiarazioni del fornitore COGNOME) quali ampiamente sottolineati dalla sentenza impugnata: ciò con riguardo non solo all’attività di sala, ma anche alla gestione di incassi e pagamenti. E ciò senza dire dei rapporti con il curatore intrattenuti appunto – e, in termini anche minacciosi – da NOME COGNOME. Del resto anche la COGNOME ebbe a dichiarare che il marito (nella sentenza impugnata, per mero errore materiale, si legge “il merito”) si occupava di organizzare i dipendenti, delle loro mansioni, degli acquisti, della cucina e di servire i clienti.
Al riguardo, va ribadito che la mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non
potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio indicato, conducente, a mente dell’art. 591 comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, COGNOME, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, COGNOME, Rv. 237596).
Ciò posto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’attribuzione della qualifica di amministratore “di fatto” è necessaria la presenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, Bonelli, Rv. 277540 – 01).
Alla stregua dei superiori rilievi, la ripartizione dei compiti tra la COGNOME e il marito non vale a concentrare sulla prima il ruolo di amministratore, sia perché l’istruttoria ha restituito, secondo il razionale apprezzamento dei giudici di merito, il continuativo ed autonomo coinvolgimento del secondo nell’intero ciclo dell’attività imprenditoriale, sia perché, sul piano logico, non si ravvisa alcun ostacolo alla configurabilità di due amministratori.
Il quarto motivo è inammissibile perché, formulato in termini assertivi, omette di confrontarsi con la razionale considerazione della sentenza impugnata, secondo la quale l’illecito contabile era strumentale a impedire l’individuazione dei cespiti attivi e l’esposizione debitoria e, in ultima analisi, ad occultare le condotte distrattive.
Si tratta di un accertamento razionale che colloca la condotta al di fuori dello spettro applicativo della bancarotta semplice documentale.
Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, infatti, la bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma secondo, I. fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma primo, n. 2), I. fall., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle
vicende del patrimonio dell’imprenditore (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630 – 01)
Il quinto motivo è formulato in termini di assoluta genericità e non si confronta con l’apparato motivazionale della sentenza impugnata che aveva già sottolineato l’inammissibilità, anche in questo caso per genericità, del motivo d’appello concernente la COGNOME e l’infondatezza della doglianza di NOME COGNOME per carenza di elementi positivi idonei a giustificare il riconoscimento delle attenuanti invocate.
Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 19/01/2024