Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26129 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26129 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/06/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito -il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME 9,1;r6 . ha concluso chiedendo GLYPH r–,sc,c)
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RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pescara – che ha condanNOME NOME COGNOME, n.q. di amministratore di diritto della RAGIONE_SOCIALE dal 10 febbraio 2017 al 22 maggio 2017, in concorso con COGNOME NOME, qui non ricorrente, quale amministratore di diritto della società dal 29 giugno 2016 al 1° febbraio 2017 e dal 22 maggio 2017 al fallimento, dichiarato il 28 settembre 2017, per il reato di bancarotta fraudolenta documentale e il solo COGNOME, n.q. di amministratore di fatto, anche per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale – ha ridétermiNOME, solo per quest’ultimo, la pena in anni quattro di reclusione, ha elimiNOME la pena accessoria dell’interdizione legale e trasformato, da perpetua in temporanea, per anni cinque, la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e ha ridotto ad anni quattro la durata delle ulteriori pene accessorie.
NOME COGNOME, con il primo motivo di ricorso, lamenta la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ha ritenuto integrate le fattispecie delittuose a lui imputate sulla sola bas della qualifica di amministratore di fatto della società.
2.1. Col secondo motivo lamenta la violazione delle disposizioni di cui all’art. 62-bis cod. pen. per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche nonostante il comportamento tenuto durante il dibattimento
NOME COGNOME, con il primo motivo, lamenta la violazione di legge, la mancanza della motivazione e il travisamento delle prove con riferimento alla asserita sottrazione dei documenti contabili. Deduce il difetto del dolo specifico necessario per la configurabilità del delitto sottolineando di avere ricoperto la carica per un solo trimestre e unicamente per la promessa dello COGNOME di ricevere un compenso mensile di euro 1500,00. Ribadisce che l’attività gestoria era appannaggio del solo COGNOME e che la documentazione contabile era gestita internamente alla società per il tramite di un software installato in un computer all’interno di un punto vendita nella sola disponibilità dello COGNOME. Evidenzia, ancora, che la Corte d’appello gli avrebbe attribuito la condotta di aver sottratto il computer all’interno del quale era contenuta la documentazione contabile, ma nessuna motivazione sarebbe stata fornita sul punto; deduce, infine, che, dopo la cessazione dell’incarico, l’amministrazione era stata assunta dal coimputato COGNOMECOGNOME amministratore di diritto nell’ultima fase di vita dalla società e tenut quindi, alla consegna della documentazione.
3.1. Con il secondo motivo lamenta il vizio di motivazione in relazione sia alla mancata riqualificazione dei fatti nell’ipotesi prevista dall’art. 224 legge f
in riferimento all’articolo 217 I. cit., sia in ordine alla omessa declaratoria de causa di non punibilità per tenuità del fatto.
3.2. Con il terzo motivo lamenta il vizio di motivazione con riferimento alla asserita entità del danno derivante dall’omessa tenuta delle scritture contabili e la violazione di legge in relazione alla denegata concessione dell’attenuante prevista dall’arti. 219, comma 5, I. fall..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è inammissibile attesa la sostanziale genericità e inidoneità critica delle doglianze del ricorrente.
1.1. Il prevenuto è stato chiamato a rispondere dei reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale nella qualità di amministratore di fatto della società fallita. Come ben evidenzia la sentenza impugnata, tale qualifica non è stata contestata per cui è pacificamente riferibile allo COGNOME per tutto i periodo indicato nell’imputazione.
Orbene, è univoco in giurisprudenza l’orientamento secondo cui, atteso il disposto di cui all’art. 2639 cod. civ., l’amministratore di fatto è da ritener gravato dell’intera gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore di diritto, per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili. (Sez. 5, n. 39593 del 20/05/2011, Asselli, Rv. 250844-01; Sez. 5, n. 15065 del 02/03/2011, COGNOME, Rv. 250094-01; Sez. 5, n. 7203 del 11/01/2008, COGNOME, Rv. 239040-01). Nel caso di specie, dunque, il ricorrente è stato chiamato a rispondere in una veste perfettamente equiparata a quella dell’amministratore di diritto della società fallita. Non risponde al ver che la Corte territoriale abbia fondato il proprio giudizio solo sull’astratta bas della qualifica ricoperta dal ricorrente; completo e coerente è lo sviluppo argomentativo posto a base della sentenza di condanna là dove, con riferimento alla bancarotta fraudolenta patrimoniale, si evidenzia che i beni della società, non rinvenuti dalla curatrice, erano addirittura sottoposti a sequestro conservativo e che custode degli stessi era proprio NOME COGNOME, unica persona in possesso delle chiavi di accesso ai locali in cui erano collocati i beni e unica persona a poter prelevare somme di danaro dalla cassa del locale commerciale.
Sicuramente sufficiente è poi la motivazione fornita in ordine a responsabilità dell’imputato per il delitto di bancarotta fraudolenta document
Il ricorso si sofferma solo su passaggi frammentati della più artico argomentazione della Corte di appello, senza prenderne in considerazione
significato determinante ad essi attribuito in quanto collegati a un elemento centrale, qual è quello dell’assunzione, da parte dell’imputato, della funzione gestionale di fatto nella società, in pregiudizio di quella formalmente rivestita dai vari amministratori di diritto che si erano succeduti, per brevi periodi nell’amministrazione formale; su tale elemento, si ripete, nessuna specifica deduzione è stata proposta. La Corte frifeva poi che lo COGNOME, in quanto amministratore di fatto ed effettivo gestore degli affari della società, certo non poteva considerarsi esonerato dall’obbligo di tenuta della documentazione e sottolinea, poi, che egli, più di ogni altro, poteva trarre vantaggio del impossibilità o comunque dalla difficoltà di ricostruzione del patrimonio della società e del movimento degli affari della stessa essendo stato accusato anche della distrazione dei beni sociali. Tale motivazione, non confutata con specifiche e costruttive censure, è corretta, chiara e priva di manifeste illogicità. Di q l’inammissibilità del motivo di ricorso.
1.2. Parimenti inammissibile è il secondo motivo in quanto implica la valutazione di una questione prettamente di merito, insindacabile in questa sede di legittimità a fronte di compiuta motivazione che ha ben spiegato perché non potevano essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche dovendosi considerare sia la personalità negativa dell’imputato, gravato da diversi procedimenti penali, sia l’assenza di «situazioni con connotazioni tanto rilevanti e speciali, tali da esigere una più incisiva considerazione ai fini dell quantificazione della pena».
E’ fondato il ricorso di NOME COGNOME e va accolto nei seguenti termini.
Il COGNOME ha rivestito la carica di amministratore formale per poco più di un solo trimestre (dal 1° febbraio 2017 al 22 maggio 2017).
Il capo d’imputazione ascrive all’imputato il reato di bancarotta documentale, per avere sottratto, distrutto od occultato le scritture contabili, a titolo di concorso con COGNOME NOME, ultimo amministratore della società prima del fallimento e con COGNOME NOME, amministratore di fatto della società dalla costituzione al fallimento.
Il fatto, dunque, avrebbe dovuto essere inquadrato nell’ambito della responsabilità dell’extraneus per concorso nel reato proprio individuando conseguentemente nella condotta dell’imputato un contributo causale rispetto al fatto addebitato. Tale ricostruzione non è stata operata nelle sentenze di merito e la motivazione della sentenza impugnata è del tutto silente sul punto. Ed invero, la Corte d’appello, dopo aver precisato innanzitutto che «l’obbligo di regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili incombe in ogni caso direttamente e personalmente su colui che riveste la carica di amministratore
della società», ha aggiunto che «il COGNOME, quando rivestiva la carica di amministratore di diritto, ha sgomberato il locale sito in Pescara di INDIRIZZO, ove si trovava il computer nella cui memoria erano archiviate le scritture contabili, trasferendole altrove, ed il COGNOME, quando è succeduto al COGNOME nel rivestire l’incarico di amministratore in data 22 maggio 2017 non le ha consegnate al curatore fallimentare». La Corte ha quindi concluso che per tali ragioni doveva ritenersi che «entrambi erano consapevoli che, non mettendo le scritture contabili a disposizione del curatore, non avrebbero consentito al predetto di ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari della società cos recando pregiudizio ai creditori essendo gli imputati bene a conoscenza dello stato di insolvenza della società e concorrendo a recare vantaggio allo COGNOME amministratore effettivo della società».
Tale motivazione è del tutto apodittica e monca. Ed invero, non solo non viene ricostruita la posizione del COGNOME quale extraneus, ma dalla motivazione non emerge alcun dato che consenta di ritenere con certezza che il COGNOME aveva asportato il computer al cui interno era contenuta la documentazione contabile e l’affermazione della Corte parrebbe essere contraddetta non solo dal fatto che il predetto è stato assolto dalla bancarotta patrimoniale distrattiva, ma soprattutto da quanto è dato leggere nella conforme sentenza di primo grado là dove si afferma (pagg. 18 e 19) «quanto al COGNOME, alla data del 6 maggio 2017 in cui accede forzatamente al negozio di INDIRIZZO, non è chiaro cosa vi fosse ancora contenuto e le testimonianze sul punto sono state del tutto generiche oltre che contraddittorie tra loro». L’affermazione della Corte d’appello, dunque, come sopra riportata, è perentoria, ma priva di ogni oggettivo riscontro.
Carente è poi la motivazione con riferimento all’elemento soggettivo del reato. La bancarotta fraudolenta documentale per occultamento delle scritture contabili (a cui è parificata l’ipotesi di omessa tenuta), richiede per la su sussistenza il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari.
Trattasi di una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), I. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scrittur quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, COGNOME, Rv. 269904-01; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650-01; Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838-01). Per integrare tale forma di bancarotta fraudolenta documentale specifica, non si richiede, dunque, un effettivo pregiudizio delle ragioni del ceto creditorio, ma solo che la condotta del
osservarsi che gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo speci nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica non posso coincidere con la scomparsa o con l’omessa tenuta dei libri contabili po trattasi semplicemente di eventi fenomenici, dal cui verificarsi dip l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato. Devono dunque consistere circostanze di fatto ulteriori, in grado di illuminare la ratio dei menzionati eventi alla luce della finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto recare pregiudizio ai creditori con l’ulteriore precisazione che va dimostr volontarietà della condotta dell’extraneus in sostegno a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori (Sez.5 n.1706 del 12/11/13, dep. 2014, Barb Rv.258950-01).
Anche sotto tale profilo, la motivazione della sentenza impugnata gravemente carente e non replica alle censure del ricorrente mosse nell’appell nuovamente introdotte nel primo motivo di ricorso.
Il primo motivo di ricorso di NOME COGNOME è dunque fondato. Restano assorbiti gli ulteriori motivi.
La sentenza, per le ragioni esposte ed in riferimento ai punti evidenzi deve dunque essere annullata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Perugia. Dichiara inammissibil ricorso di COGNOME NOME NOME condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente