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Amministratore di fatto: la Cassazione sui reati fiscali

La Corte di Cassazione conferma la condanna per due imputati per reati fiscali legati all’emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. La sentenza chiarisce i criteri per identificare la figura dell’amministratore di fatto, soprattutto quando si utilizzano società “cartiere” create al solo scopo di commettere illeciti. Viene affermato che, in questi contesti, la prova della gestione di fatto si concentra sul ruolo di ideatore e organizzatore del sistema fraudolento, rendendo inammissibili i ricorsi degli imputati.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Amministratore di Fatto e Società Cartiere: La Cassazione Chiarisce la Responsabilità Penale

La figura dell’amministratore di fatto è centrale in molte vicende di diritto penale tributario. Si tratta di colui che, pur senza un’investitura formale, gestisce una società prendendone le decisioni cruciali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 26091/2025) ha ribadito i principi per accertarne la responsabilità, specialmente in contesti fraudolenti che vedono l’impiego di società “cartiere”.

I Fatti del Caso: Un Complesso Schema Fraudolento

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda due imputati condannati in primo e secondo grado per reati fiscali. Le accuse erano relative alla partecipazione, in concorso, all’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di una società (la “società emittente”) e al successivo utilizzo di tali fatture in un’altra azienda (la “società utilizzatrice”) per evadere le imposte negli anni 2015 e 2016.

Secondo l’accusa, confermata nei gradi di merito, uno degli imputati agiva come amministratore di fatto della società emittente, una classica “cartiera” priva di reale operatività, mentre l’altro, pur ricoprendo il ruolo di institore nella società utilizzatrice, era pienamente coinvolto nell’ideazione e gestione del meccanismo illecito. I ricorsi in Cassazione degli imputati miravano a smontare la qualifica di amministratore di fatto e, di conseguenza, la loro responsabilità penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi, confermando integralmente la sentenza di condanna della Corte d’Appello. I giudici hanno ritenuto le argomentazioni difensive manifestamente infondate, basandosi su un consolidato orientamento giurisprudenziale.

La Corte ha sottolineato che, in presenza di sentenze conformi nei primi due gradi di giudizio, i motivi di ricorso non possono limitarsi a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte, ma devono evidenziare vizi specifici della decisione impugnata, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

L’Amministratore di Fatto in una Società “Schermo”

Un punto cruciale della sentenza riguarda come si accerta la figura dell’amministratore di fatto quando la società è una mera “cartiera”. La Cassazione chiarisce che i criteri tradizionali, basati sulla prova di un inserimento organico e continuativo nella gestione aziendale, non sono pienamente applicabili. In questi casi, la società è solo uno “schermo” per commettere reati. Pertanto, la dimostrazione della qualifica di amministratore di fatto si traduce nella prova del suo ruolo di ideatore e organizzatore del sistema fraudolento.

Nel caso specifico, elementi come il rinvenimento delle fatture presso lo studio di consulenza di uno degli imputati e le comunicazioni via mail che lo vedevano coinvolto sono stati ritenuti sufficienti a dimostrare il suo ruolo direttivo nell’operazione illecita.

Inapplicabilità della Deroga sul Concorso di Persone

La difesa aveva anche sollevato questioni relative all’applicazione dell’art. 9 del D.Lgs. 74/2000, che prevede una deroga al concorso di persone nei reati fiscali. La norma stabilisce che chi utilizza le fatture false non concorre nel reato di chi le emette, e viceversa. Tuttavia, la Cassazione ha ribadito che questa deroga non si applica quando la stessa persona (o lo stesso gruppo di persone) è coinvolta sia nell’emissione che nell’utilizzo, anche se attraverso due società distinte. Nel caso di specie, essendo gli imputati gli ideatori dell’intero schema, la loro responsabilità è stata affermata per entrambi i reati.

le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione sulla manifesta infondatezza dei motivi di ricorso. In primo luogo, ha evidenziato come le sentenze di primo e secondo grado fossero conformi e avessero già ampiamente e logicamente respinto le argomentazioni difensive. L’identificazione degli imputati come amministratori di fatto non era basata su mere congetture, ma su prove concrete come dichiarazioni testimoniali, acquisizioni documentali (fatture rinvenute presso lo studio di uno degli imputati) e corrispondenza elettronica. La Corte ha chiarito che, nel contesto di una società “cartiera”, la prova della gestione di fatto si concentra sulla dimostrazione del ruolo di ideatore del meccanismo fraudolento, un ruolo che i giudici di merito avevano adeguatamente attribuito agli imputati. Inoltre, la Corte ha respinto l’eccezione sulla prescrizione, calcolando i termini a partire dalla data dell’ultima fattura emessa per ogni periodo d’imposta e tenendo conto dei periodi di sospensione, concludendo che i reati non erano estinti.

le conclusioni

La sentenza ribadisce principi fondamentali in materia di reati fiscali. Anzitutto, la qualifica di amministratore di fatto non richiede necessariamente prove di gestione ordinaria (come assunzione di dipendenti o gestione commerciale), specialmente quando si opera attraverso società “schermo”. In tali contesti fraudolenti, è sufficiente dimostrare che il soggetto è la mente dietro l’operazione illecita. In secondo luogo, la pronuncia conferma che la deroga al concorso di persone tra emittente e utilizzatore di fatture false non opera se i soggetti agenti sono, di fatto, i medesimi o agiscono in un accordo unitario per realizzare l’intero disegno criminoso. Questa decisione consolida un approccio sostanzialistico, volto a colpire i veri responsabili delle frodi fiscali, al di là delle schermature formali.

Come si identifica la figura dell’amministratore di fatto in una società “cartiera”?
Secondo la sentenza, quando una società è una mera “cartiera” utilizzata come schermo per commettere reati, la prova della qualifica di amministratore di fatto non si basa sull’accertamento di un inserimento organico nella gestione aziendale, ma si traduce nella dimostrazione del ruolo di ideatore e organizzatore del sistema fraudolento.

La deroga al concorso di persone nei reati fiscali (art. 9, D.Lgs. 74/2000) si applica sempre?
No. La sentenza chiarisce che la disciplina in deroga, che esclude il concorso tra chi emette e chi utilizza le fatture false, non si applica quando la medesima persona (o gruppo di persone) è coinvolta in entrambe le condotte, anche se agisce attraverso due entità giuridiche distinte (una emittente e una utilizzatrice). In questi casi, si risponde di entrambi i reati.

Da quando inizia a decorrere la prescrizione per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti?
La Corte ribadisce che, data la natura unitaria del reato previsto dall’art. 8 del D.Lgs. 74/2000, il termine di prescrizione non decorre dalla data di ogni singola fattura, ma dalla data di commissione dell’ultimo episodio, ovvero dall’emissione dell’ultima fattura falsa all’interno del medesimo periodo di imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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