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Amministratore di fatto: la Cassazione chiarisce i criteri

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta di un imputato ritenuto amministratore di fatto di una società fallita. Il ricorso si basava sull’assunto che non potesse esistere un amministratore di fatto data la piena operatività dell’amministratore di diritto. La Corte ha rigettato tale tesi, chiarendo che la qualifica di amministratore di fatto non richiede che quello di diritto sia una mera ‘testa di legno’. È sufficiente la prova di un esercizio continuativo e significativo di poteri gestionali, che possono anche essere condivisi con l’amministratore formalmente in carica.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Amministratore di fatto: quando si è responsabili anche senza carica formale

La figura dell’amministratore di fatto è cruciale nel diritto penale societario, specialmente nei reati di bancarotta. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3432/2024) ha fornito importanti chiarimenti sui criteri per identificarlo, specificando che la sua esistenza non è esclusa dalla presenza di un amministratore di diritto pienamente operativo. Questa decisione sottolinea che la responsabilità penale deriva dall’esercizio effettivo del potere gestorio, a prescindere dalle nomine formali.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. Secondo l’accusa, egli aveva agito come amministratore di fatto di una S.r.l., poi fallita, pur non ricoprendo alcuna carica ufficiale. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un’errata valutazione delle prove. L’argomentazione principale era che la società aveva un’amministratrice di diritto pienamente attiva e che il ruolo dell’imputato era stato unicamente quello di legale di fiducia, svolgendo solo attività specifiche su incarico di quest’ultima. Inoltre, la difesa ha evidenziato che per riconoscere un amministratore di fatto sarebbe necessario dimostrare una sua posizione di preminenza rispetto a quello di diritto, il quale dovrebbe risultare un mero prestanome (la cosiddetta ‘testa di legno’).

I Criteri della Cassazione per l’Amministratore di Fatto

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, cogliendo l’occasione per ribadire e precisare i principi giurisprudenziali in materia. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, i giudici hanno affermato che la qualifica di amministratore di fatto non richiede affatto che l’amministratore di diritto sia inattivo o un semplice prestanome. È pienamente possibile che la gestione societaria sia condivisa tra più soggetti, alcuni con carica formale e altri senza.

Il criterio dirimente, secondo la Corte, non è la ‘preponderanza’ o l’esclusività del potere, ma l’esercizio in modo continuativo e significativo di poteri tipici della funzione gestoria. La previsione dell’art. 2639 del Codice Civile non esclude che l’esercizio dei poteri gestionali possa avvenire in concomitanza con l’attività di altri soggetti, anche dell’amministratore di diritto. In sostanza, si può essere co-gestori di fatto, condividendo le responsabilità penali che ne derivano.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente applicato questi principi. La qualifica di amministratore di fatto non era stata desunta dal semplice rilascio di procure, ma da un quadro probatorio più ampio e solido. Le testimonianze dei dipendenti della società fallita sono state decisive: essi hanno dichiarato di ricevere disposizioni lavorative direttamente dall’imputato e che quest’ultimo gestiva gli incassi giornalieri. Tali attività, secondo la Corte, trascendono palesemente i compiti di un mero consulente legale e configurano un vero e proprio coinvolgimento nella gestione operativa.

La Corte ha inoltre specificato che la ricostruzione dell’intera vicenda, compresi i fatti antecedenti all’assunzione della carica da parte dell’amministratrice di diritto, era funzionale a dimostrare la genesi del rapporto e la costante partecipazione dell’imputato alle scelte imprenditoriali. L’imputato era stato presente fin dall’inizio, affiancando l’amministratrice in ogni fase, svolgendo compiti che andavano ben oltre la mera assistenza legale. Pertanto, la sua condanna è stata confermata in via definitiva.

Conclusioni

Questa sentenza consolida un importante principio: ai fini della responsabilità penale per i reati societari, ciò che conta è la sostanza e non la forma. Chiunque si ingerisca in modo significativo e continuativo nella gestione di una società, esercitando poteri decisionali e direttivi, può essere considerato amministratore di fatto e, di conseguenza, essere chiamato a rispondere penalmente per la sua condotta. La presenza di un amministratore di diritto attivo e partecipe non costituisce uno schermo protettivo, ma può al più delineare un’ipotesi di amministrazione congiunta, in cui le responsabilità vengono condivise.

È possibile essere considerati ‘amministratore di fatto’ se l’amministratore di diritto è attivo e operativo?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la qualifica di amministratore di fatto può coesistere con quella di un amministratore di diritto pienamente attivo. Non è necessario che quest’ultimo sia una mera ‘testa di legno’, potendo la gestione essere condivisa tra più soggetti, formalmente incaricati o meno.

Quali prove sono sufficienti per attribuire la qualifica di amministratore di fatto?
La qualifica non deriva dal semplice possesso di procure, ma dalla prova dell’esercizio continuativo e significativo di poteri gestionali tipici. Nel caso esaminato, sono state decisive le testimonianze dei dipendenti che ricevevano istruzioni lavorative e consegnavano gli incassi giornalieri all’imputato, dimostrando il suo ruolo operativo e decisionale.

Svolgere il ruolo di legale per una società esclude la responsabilità come amministratore di fatto?
No. Se le attività svolte superano i confini della mera assistenza legale e si traducono in un coinvolgimento diretto e costante nelle scelte imprenditoriali e nella gestione operativa, si può essere ritenuti amministratori di fatto. La qualifica dipende dalla natura sostanziale delle funzioni esercitate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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