Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3432 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3432 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 21/01/2022 della CORTE APPELLO di BAR] visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi per l’imputato l’AVV_NOTAIO e l’AVV_NOTAIO, che hanno concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN Farro
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bari ha confermato la condanna di COGNOME NOME, pronunziata a seguito di giudizio abbreviato, per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, commessi nella sua qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, fallita nell’ottobre del 2011.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando tre motivi.
2.1 Con i primi due deduce erronea applicazione della legge penale, violazione delle regole di valutazione della prova e di quella di giudizio e vizi di motivazione in merito alla ritenuta assunzione di fatto da parte del COGNOME della gestione della fallita. In proposito il ricorrente lamenta come dalle dichiarazioni dei tesi COGNOME, COGNOME e COGNOME, tutti dipendenti della fallita, non emergerebbe, contrariamente a quanto sostenuto apoditticamente dalla Corte territoriale, la prova dell’esercizio in modo continuativo e significativo da parte dell’imputato dei poteri tipici dell’amministratore come del resto negato non solo dallo stesso, ma altresì dalla coimputata COGNOMECOGNOME amministratrice di diritto della società. La Corte territoriale avrebbe poi, altrettant apoditticamente, svalutato quanto riferito dal COGNOME e dalla citata COGNOME, ossia che il primo, nella sua qualità di legale di fiducia, aveva solo svolto alcune attività nell’interesse della NOME su incarico della stessa COGNOME. Infine la sentenza d’appello avrebbe immotivatamente trascurato il fatto che né nella relazione del curatore fallimentare, né nella comunicazione della notizia di reato, è stato mosso alcun rilievo nei confronti dell’imputato.
2.2 Analoghi vizi vengono svolti con il terzo motivo, sempre con riferimento all’attribuzione all’imputato della qualifica di amministratore di fatto della fallit ricorrente lamenta come la Corte non abbia fatto buon governo dei principi giurisprudenziali relativi alla sussistenza delle condizioni di operatività dell’art. 263 c.c. In tal senso osserva che per il giudice di legittimità possa ritenersi amministratore di fatto solo colui che compie atti di gestione in posizione di preminenza su quello di diritto e come la qualifica non possa essere desunta puramente e semplicemente dal rilascio in suo favore di una procura AVV_NOTAIO, essendo necessaria la prova dell’effettivo svolgimento di attività gestionale. Il che porterebbe ad escludere la responsabilità del COGNOME, posto che nel caso di specie alcun dubbio sussiste circa il fatto che la COGNOME abbia esercitato fattivamente i poteri discendenti dalla sua carica formale. Infine la Corte territoriale avrebbe illogicamente valorizzato anche fatti compiuti nell’interesse della coimputata antecedentemente all’assunzione da parte della medesima della carica di amministratrice della fallita.
Il 9 ottobre 2023 la difesa ha depositato motivi nuovi con i quali ha ulteriormente sviluppato il terzo motivo del ricorso principale. In tal senso viene evidenziato come, sempre nell’ottica dell’attribuzione della qualifica di amministratore di fatto, possa ritenersi essere stata svolta attività gestoria anziché meramente esecutiva solo se l’agente ha assunto poteri decisionali e deliberativi tipici della ciestione apicale e d rappresentanza della volontà sociale. Ingiustificata sarebbe poi l’attribuzione all’imputato della qualifica di datore di lavoro, dalla quale è stata tratta quella amministratore di fatto, anziché di mero preposto in difetto di alcun riferimento alle disposizioni di cui all’art. 299 del d.lgs. n. 81/2008. Non di meno non sarebbe sufficiente l’affermazione dell’assunzione della qualifica di amministratore di fatto per provare che l’imputato abbia svolto un concreto ruolo nella consumazione dei fatti contestati, mentre la Corte territoriale avrebbe ingiustificatamente trascurato il fatto che la fallita era formalmente ed effettivamente gestita da un amministratore di diritto, il che di per sé escluderebbe residuare spazio giuridico e fattuale per l’operatività di un amministratore di fatto. Erroneamente poi la Corte territoriale, ai fini della prova dell’attribuzione della qualifica all’imputato, avrebbe preso in considerazione fatti anteriori a quelli oggetto dell’imputazione di cui al capo D), l’unica contestata al COGNOME. Immotivatamente infine i giudici del merito avrebbero ignorato le dichiarazioni dell’amministratore di diritto e quelle dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve pertanto essere rigettato.
Pregiudiziale è l’esame della doglianza formulata nella prima parte del terzo motivo e ripresa con i motivi nuovi, che è peraltro infondata. Contrariamente a quanto eccepito, questa Corte non ha mai affermato il principio secondo cui la qualifica di amministratore di fatto sarebbe attribuibile a chi risulti coinvolto attivamente nella gestione societaria solo qualora la sua attività risulti preponderante rispetto a quella dell’amministratore di diritto ovvero quando quest’ultimo sia addirittura rimasto estraneo alla gestione sociale, come abitualmente avviene nel c:aso in cui la carica formale venga assunta dalla c.d. “testa di legno”.
In tal senso va osservato che Sez. 5, n. 2714 del 19/11/2019, cep. 2020, Allegrino, n.m. e le pronunzie della Cassazione civile citate dal ricorrente si limitano a ribadire che amministratore di fatto è colui che esercita in maniera non occasionale poteri tipici della carica formale e che gli elementi addotti a sostegno dell’attribuzione della qualifica devono essere effettivamente sintomatici dell’assunzione dell’attività gestionale. Analoghi principi si rinvengono nella motivazione di Sez. 5, n. 4865 del 21/11/2021,
dep. 2022, Capece, Rv. 282775, la quale in aggiunta si limita ad escludere che il mero rilascio di una procura AVV_NOTAIO da parte dell’amministratore di diritto sia sufficiente ad integrare la prova dell’assunzione di fatto da parte del procuratore della gestione societaria. Principio questo tanto condivisibile, quanto inconferente, atteso che i giudici del merito non hanno mai inteso affermare il contrario, visto che nel caso di specie è contestato al COGNOME di avere avuto alcune procure speciali per il compimento di determinate attività, poi effettivamente poste in essere dall’imputato, mentre tale circostanza ha costituito solo uno degli elementi da cui la sentenza impugnata ha desunto la sua qualifica di amministratore di fatto.
Venendo all’ultima pronunzia citata nel ricorso – ossia Sez. 5, n. 27264 del 10/7/2020, Fontani, Rv. 279497 – è appena il caso di evidenziare come la Corte abbia fatto riferimento alla posizione di assoluta preminenza assunta dall’amministratore di fatto su quello di diritto nella fattispecie concreta e non già come principio AVV_NOTAIO. Anzi la stessa sentenza ha ribadito quello che è il costante orientamento del giudice di legittimità, ossia che la previsione di cui all’art. 2639 c.c. non esclude che l’esercizio de poteri o delle funzioni dell’amministratore di fatto possa verificarsi in concomitanza con l’esplicazione dell’attività di altri soggetti di diritto, i quali – in tempi successivi o contemporaneamente – esercitino anch’essi in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione (ex multis Sez. 5, n. 12912 del 06/02/2020, COGNOME, Rv. 279040; Sez. 5, n. 46962 del 22/11/2007, COGNOME, Rv. 238893). Ed infatti, mal si comprende perché, se l’organo gestionale può assumere formalmente struttura plurisoggettiva, ciò non possa avvenire anche in maniera occulta, quando l’unico amministratore di diritto venga affiancato da soggetti che ne condividano le attività gestionali in maniera non occasionale, senza però assumersi formalmente la responsabilità delle stesse. Ed in tal caso per l’attribuzione della qualifica d amministratore di fatto non è necessario che chi la assume e l’amministratore formale esercitino i medesimi poteri, ben potendo gli stessi essere ripartiti tra i soggett coinvolti nella gestione societaria. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Venendo alle censure proposte con i primi due motivi e nella seconda parte del terzo e ancora una volta riprese nei motivi nuovi, deve rilevarsi come le stesse siano complessivamente infondate, ancorchè in parte inammissibili perché prive del compiuto confronto con la motivazione della sentenza ovvero versate in fatto.
La Corte territoriale non ha voluto attribuire all’imputato la qualifica di datore di lavor ma ha semplicemente evidenziato come nei rapporti con i dipendenti della fallita, per come testimoniato dai medesimi, si comportava come tale, affermazione che in maniera tutt’altro che illogica i giudici del merito – peraltro non facendo riferiment
esclusivamente alla vicenda relativa al ritiro degli incassi giornalieri – hann interpretato nel senso che il COGNOME si comportava come contitolare della gestione della società. Ed in tal senso va evidenziato come il ricorrente si sia ben guardato dal riportare le dichiarazioni del COGNOME, che la sentenza ha invece sottolineato aver dichiarato che dal COGNOME non si limitava a consegnare l’incasso di giornata, ma che dallo stesso era solito ricevere le disposizioni relative alla sua attività lavorativa.
La sentenza non ha peraltro fondato esclusivamente su tali dichiarazioni la prova del coinvolgimento gestionale dell’imputato, ma ha ricostruito l’intera vicenda che ha portato la RAGIONE_SOCIALE ad acquisire e gestire la fallita, osservando come il COGNOME le sia stata accanto in ogni fase del suo progressivo avvicinamento ad NOME, svolgendo compiti e ricoprendo ruoli ritenuti, in maniera tutt’altro che illogica, trascendere quelli di mer assistenza legale, come invece sostenuto dalla difesa. Ed in tal senso la Corte ha dunque fornito una più che adeguata giustificazione della svalutazione compiuta delle dichiarazioni rese in proposito dalla COGNOME e dallo stesso imputato. Quanto infine alla valorizzazione da parte dei giudici del merito di alcuni fatti antecedenti a quelli oggetto dell’imputazione di cui deve rispondere il COGNOME, le censure del ricorrente sono manifestamente infondate. La Corte, infatti, ha trattato delle vicende anteriori all’acquisizione di RAGIONE_SOCIALE al solo fine di evidenziare la genesi del rapporto instauratosi con la COGNOME e la costante partecipazione dell’imputato alle scelte imprenditoriali della medesima, ritenuta pienamente coerente con il suo successivo coinvolgimento nella gestione della fallita.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 25/10/2023