Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35818 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35818 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a ACIREALE il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a SESTO SAN GIOVANNI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/11/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente all’art. 219 comma 2 LE. per la posizione di COGNOME; annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzioNOMErio e dichiarare inammissibile nel resto il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME; dichiarare inammissibile il ricorso proposto dal difensore del ricorrente COGNOME.
uditi i difensori:
L’AVV_NOTAIO COGNOME per la posizione della ricorrente COGNOME NOME, si associa parzialmente alle conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale; insiste per l’integrale accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 25 novembre 2024, la Corte d’appello di Milano ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, con cui NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati ritenuti responsabili dei reati di bancarotta distrattiva, di cui al capo 2) dell’imputazione, e bancarotta fraudolenta documentale, di cui al capo 3), commessi in qualità di liquidatore, per quel che ha riguardo al COGNOME, e di amministratori di fatto, per quel che concerne la COGNOME e il COGNOME, della RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 16 marzo 2017.
La Corte territoriale ha riqualificato il fatto di cui al capo 3) della rubrica come fatto di bancarotta documentale semplice, dichiarando il non doversi procedere nei confronti di COGNOME e COGNOME per intervenuta prescrizione del reato e assolvendo COGNOME per non aver commesso il fatto; ha inoltre ridetermiNOME la pena nei confronti dei tre imputati in relazione al delitto di bancarotta distrattiva, di cui al capo 2) dell’imputazione, ritenuto dalla Corte d’appello provato in relazione a importi minori -e diversificati per ciascuna delle tre posizioni- rispetto a quanto stabilito del giudice di primo grado. Della COGNOME, la Corte territoriale ha escluso il ruolo di amministratore di fatto, definendo il ruolo della stessa nei termini di concorrente extraneus nel delitto di bancarotta distrattiva. Ridotta anche la provvisionale, i giudici d’appello hanno, per il resto, confermato la sentenza di primo grado, anche con riguardo alla circostanza aggravante dei più fatti di bancarotta di cui all’art. 219, secondo comma, n. 2, I. fai’.
Avverso la sentenza, hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, con tre distinti atti, per il tramite dei propri difensori, affidando le proprie censure ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc pen.
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME presenta due motivi, col primo dei quali si contesta la violazione di legge in relazione al ruolo di amministratore di fatto della fallita asseritamente svolto dall’imputato. La società era amministrata, in realtà, dal coimputato COGNOME, il quale si era rivolto al ricorrente, più esperto nel campo dell’immobiliare, al solo fine di confrontarsi su talune operazioni di acquisti immobiliari. Anche le conversazioni intercettate dimostrerebbero l’assenza di incarichi, deleghe o ingerenze da parte dell’imputato, o di qualsivoglia elemento sintomatico di un suo inserimento nella gestione della fallita. La difesa contesta anche l’illogica valorizzazione, operata dalla Corte, delle dichiarazioni del AVV_NOTAIO, che avrebbe indicato il ricorrente come colui che gestiva le operazioni relative all’immobile di cui al capo a): a tal proposito, il
ricorrente osserva che la distrazione di tale immobile, di cui al capo a), non è stata ritenuta fondata dai giudici di merito.
3.1 Col secondo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato ascritto, per avere i giudici dell’appello asserito che l’imputato, in quanto proprietario della controllante RAGIONE_SOCIALE, avrebbe gestito di fatto tutte le operazioni della fallita, senza considerare che 1) egli era soltanto socio e non anche proprietario della RAGIONE_SOCIALE e che l’unico impegno profuso dal ricorrente è stato quello di cercare le condizioni più vantaggiose per la cessione di un credito ipotecario vantato dalla banca “Credito valtellinese” e ciò, peraltro, al fine di realizzare maggiori liquidità per i creditori della fallita.
Il ricorso nell’interesse di di NOME COGNOME consta di quattro motivi, col primo dei quali si contesta l’asserita qualità di extraneus, concorrente con l’amministratore di diritto nel reato di bancarotta distrattiva, argomentata dalla Corte d’appello in maniera asseverativa, soprattutto in relazione al dolo. La Corte avrebbe attribuito alla ricorrente una responsabilità da posizione, legata al suo ruolo di procuratrice speciale della società RAGIONE_SOCIALE; beneficiaria della somma asseritamente distratta dall’imputata, pari a euro 8000, era in realtà la predetta società, non già la COGNOME. Lo stesso vale per l’importo asseritamente distratto di euro 10.000, che corrisponderebbe, secondo la difesa, a servizi prestati dalla ricorrente alla società RAGIONE_SOCIALE, di cui era rappresentante, certificati da regolare fattura. L’esiguità dell’importo rispetto all’ingente ammontare dei debiti al momento del fallimento è in palese contrasto con l’assenta volontà distrattiva in concorso con l’intraneus e con la volontà di provocare il dissesto della società.
4.1 Col secondo motivo si duole di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della attenuante della speciale tenutità del danno, giustificato soltNOME con il mero riferimento all’importo asseritannente distratto di euro 18.000.
4.2 Col terzo motivo, si contesta violazione di legge in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, erroneamente giustificata sulla base dell’asserita esistenza di un precedente penale ostativo; trattasi, invece, di condanna a mera contravvenzione.
4.3 Col quarto motivo, si duole di violazione di lege e vizio di motivazione per aver la Corte omesso di rendere ragioni in merito all’invocata concessione di pena sostitutiva.
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME espone un unico motivo, con cui si lamenta violazione di legge in relazione alla ritenuta circostanza aggravante dei più fatti di bancarotta. L’imputato -osserva la difesa- è stato condanNOME per il solo delitto di bancarotta distrattiva, posto che, come ricordato, il reato di bancarotta documentale fraudolenta, riqualificato in secondo grado
come bancarotta documentale semplice, è stato dichiarato estinto per prescrizione. La ritenuta aggravante, che ha comportato un aumento della pena di mesi tre di detenzione, è stata, dunque, illegittimamente ritenuta,
In disparte ciò, si osserva che neppure avendo riguardo al reato di bancarotta distrattiva, per cui è invece contenuta condanna, può ritenersi legittimamente applicata la aggravante in parola. Infatti, le cinque condotte distrattive contestate nel capo a2) sono tra loro omogenee dal punto di vista naturalistico e materiale, trattandosi di pagamenti di somme di denaro, temporalmente ravvicinate, posto che risultano consumate tutte nel mese di dicembre 2016, e hanno a oggetto beni identici (denaro).
Sono pervenute le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, il quale ha chiesto: 1) l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente all’art. 219, comma 2, L.F.; 2) l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente al trattamento sanzioNOMErio e l’inammissibilità nel resto del ricorso; 3) l’inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME.
Considerato in diritto
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME è infondato e va, di conseguenza, rigettato.
1.1 Entrambi i motivi di ricorso -che possono congiuntamente esaminarsi in quanto logicamente connessi- sono infondati, per le ragioni di seguito illustrate. I giudici di merito, nelle due conformi sentenze di primo e secondo grado (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595, secondo cui, in presenza di decisioni di primo e secondo grado motivate con criteri omogenei e con un apparato logico uniforme, è possibile procedere all’integrazione delle due sentenze in modo da farle confluire in una struttura argomentativa unitaria da sottoporre al controllo in sede di legittimità), hanno adeguatamente evidenziato elementi rivelatori dell’inserimento organico del ricorrente nella gestione della società, con particolare riguardo, come si dirà, a scelte strategiche per gli interessi perseguiti dalla stessa. Si è illustrato, soprattutto, il suo ruolo nella scelta del liquidatore della società, nonché la diretta gestione di operazioni relative all’immobile di cui al capo a).
Le obiezioni difensive non riescono a contrastare efficacemente l’ordito motivazionale: che il ricorrente non abbia gestito, di fatto, tutte le attività sociali è argomento non decisivo, posto che, secondo la ferma e condivisa giurisprudenza
di questa Corte, significatività e continuità dello svolgimento di funzioni gestorie non comportano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono un’attività svolta in modo non episodico o occasionale (Sez. 5, n. 35346 del 20/06/2013, Tarantino, Rv. 256534 – 01).
E che l’attività svolta dal COGNOME sia stata svolta in modo non episodico o occasionale, è stato chiarito dai giudici di merito, là dove si sono indicati 1) il ruolo ricoperto dal ricorrente nel gestire la cessione del credito vantato dalla banca (Credito Valtellinese) nei confronti della fallita, operazione strategica, quest’ultima, per gli interessi della società 2) il modo in cui il ricorrente ha costantemente informato il liquidatore circa le informazioni da fornire al curatore fallimentare a proposito dei pagamenti e delle relative ragioni giustificatrici dei pagamenti effettuati; 3) il ruolo esercitato nella scelta del liquidatore COGNOME. Tali dati, lungi dal derivare da asserzioni immotivate dei giudici di merito, sono stati ritenuti provati, con congrua e logica motivazione, in base alle conversazioni intercettate, alle dichiarazioni dell’imputato stesso (che ha confermato di aver curato le operazioni in cui era coinvolta la L.D.M.), alle fonti testimoniali (segnatamente, le dichiarazioni del AVV_NOTAIO, il quale si era occupato di diverse operazioni poste in essere dagli imputati e che descriveva il ricorrente quale soggetto che gestiva tutte le operazioni: v. sentenza di primo grado, p. 11).
Che il ricorrente, come osserva la difesa, mai sia stato investito di deleghe o incarichi di sorta, è argomento inconducente, ove si consideri il principio secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, i destinatari delle norme di cui agli artt. 216 e 223 legge fall. vanno individuati sulla base delle concrete funzioni esercitate, non già rapportandosi alle mere qualifiche formali (v., ad es., Sez. 5, n. 27264 del 10/07/2020, Fontani, Rv. 279497 – 01, dove, in motivazione, la Corte ha ritenuto corretta l’individuazione dell’imputato – già consulente e creditore della società fallita – quale amministratore di fatto, sulla base di indici sintomatici espressivi dell’inserimento organico, con funzioni direttive, nella sequenza produttiva, organizzativa o commerciale dell’attività sociale, in posizione assolutamente preminente rispetto all’amministratore di diritto, privo di esperienze specifiche nel settore di operatività dell’ente).
Diversamente da quanto lamentato dalla difesa, acquisisce inoltre rilievo il dato, valorizzato dai giudici di merito, dell’essere il ricorrente proprietario della RAGIONE_SOCIALE, posto che, come indicato a p. 20-21 della sentenza impugnata- la distrazione, ritenuta provata, di somme di denaro è stata effettuata a beneficio della predetta società. E, a tal proposito, le censure sono del tutto sprovvise di efficaci argomentazioni, limitandosi il motivo a sottolineare il ruolo di mero socio, e non di proprietario, della RAGIONE_SOCIALE (obiezione comunque non decisiva), senza
ulteriori sollecitazioni utili a contrastare sia la ritenuta distrazione sia il ruolo d amministratore di fatto imputato al ricorrente.
Deve ricordarsi, a tal riguardo, il costante orientamento di legittimità (ex plur., v. Sez. 5, n. 20879 del 23/04/2021, COGNOME, Rv. 281181 – 01), secondo cui la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore (sia egli di fatto o di diritto), della destinazione dei suddetti beni (Sez. 5, n. 8260/16 del 22 settembre 2015, COGNOME, Rv. 267710; Sez. 5, n. 19896 del 7 marzo 2014, COGNOME, Rv. 259848; Sez. 5, n. 11095 del 13 febbraio 2014, COGNOME, Rv. 262740; Sez. 5, n. 22894 del 17 aprile 2013, COGNOME, RV. 255385; Sez. 5, n. 7048/09 del 27 novembre 2008, COGNOME, Rv. 243295; Sez. 5, n. 4 3400/05 del 15 dicembre 2004, COGNOME, Rv. 231411), principio che la elaborazione giurisprudenziale ancora alla peculiarità della normativa concorsuale. E’ stato, difatti, rimarcato (Sez. 5, n. 22894 del 17/04/2013, COGNOME, Rv. 255385) come le condotte descritte all’art. 216, comma primo, n. 1 I. fall. abbiano (anche) diretto riferimento alla condotta infedele o sleale del fallito nel contesto della garanzia che sul medesimo grava in vista della conservazione delle ragioni creditorie. Ed è in funzione di siffatta garanzia che si spiega, del resto, l’onere dimostrativo posto a carico del fallito, nel caso di mancato rinvenimento di cespiti da parte della procedura. Trattasi, invero, di sollecitazione al diretto interessato perché fornisca la dimostrazione della concreta destinazione dei beni o del loro ricavato, risposta che (presumibilmente) soltanto egli, che è (oltre che il responsabile) l’artefice della gestione, può rendere (Sez. 5, n. 7588 del 2011 cit., in motivazione). In altri termini, a fronte del sicuro ingresso nel patrimonio dell’imprenditore di componenti attive e dell’assoluta impossibilità di ricostruire la destinazione delle stesse, del tutto ragionevolmente può desumersi che queste ultime siano state sottratte alla garanzia dei creditori, nella piena consapevolezza della concreta pericolosità di tali condotte in vista del soddisfacimento delle loro pretese. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Le censure difensive vanno, infine, disattese in un altro senso. Si è accenNOME al fatto che l’impegno profuso dal ricorrente nel rinegoziare il debito per l’operazione di cui al capo a) sia stato ritenuto dai giudici di merito uno dei principali indicatori della gestione di fatto dell’imputato. Ebbene, l’argomento rimarcato dal ricorrente a sostegno della propria tesi – vale a dire che per il capo a) non sia intervenuta condanna – non dispiega, ex se, alcuna disarticolazione dell’iter argomentativo della sentenza avversata, posto che, nel ritenere provato il ruolo di amministratore di fatto del ricorrente, i giudici di merito hanno correttamente valorizzato quella particolare attività di rinegoziazione del debito non già in quanto indicativa di attività distrattiva, bensì in quanto espressiva
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dell’inserimento organico del COGNOME con funzioni direttive in una cruciale – ai fini degli interessi della fallita- sequenza gestionale dell’attività della società (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 277540 – 01; Sez. 5, n. 8479 del 28/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269101-01, secondo cui, ai fini dell’attribuzione della qualifica di amministratore “di fatto”, è necessaria la presenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare e il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione).
2. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
2.1 D primo motivo di ricorso è fondato e assorbe le altre doglianze. È, infatti, oggetto di reiterata affermazione giurisprudenziale (Sez. 5, n. 9299 del 13 gennaio 2009, COGNOME Longostrevi, Rv. 243162; Sez. 5, n. 16579 del 24 marzo 2010, COGNOME, Rv. 246879; Sez. 5, n. 1706/14 del 12 novembre 2013, COGNOME, Rv. 258950; Sez. 5, n. 4710 del 14/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278156 – 02) il principio, non opportunamente considerato nella sentenza impugnata, secondo cui il dolo dell’extraneus si risolve nella consapevolezza di concorrere nella sottrazione dei beni alla funzione di garanzia delle ragioni dei creditori per scopi diversi da quelli inerenti all’attività di impresa, immediatamente percepibile dal concorrente esterno, così come dall’imprenditore con il quale lo stesso concorre, come produttivo del pericolo per l’effettività di tale garanzia nell’eventualità di una procedura concorsuale, a prescindere dalla conoscenza della condizione di insolvenza.
Colgono, allora, nel segno le censure difensive, là dove rimarcano la mancata indicazione, da parte della Corte d’appello, di specifici dati da cui desumere la consapevolezza, in capo all’imputata, di concorrere, nella qualità di extraneus, nella distrazione delle somme (euro 18.000) sottratte alla cassa della fallita. Invero, come lamentato dalla difesa, la Corte distrettuale ha ricollegato la responsabilità della ricorrente per l’ascritto reato al mero dato delle cariche rivestite dalla stessa in qualità di procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE e di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE. Va innanzitutto richiamato, sul piano più generale, il principio già ricordato supra, sub 1.1, alla luce del quale, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, i destinatari delle norme di cui agli artt. 216 e 223 legge fall. vanno individuati sulla base delle concrete funzioni esercitate,
non già rapportandosi alle mere qualifiche formali (Sez. 5, n. 27264 del 10/07/2020, Fontani, Rv. 279497 – 01).
Tanto premesso, e vendendo al più specifico tema del concorrente extraneus, deve rilevarsi la mancata considerazione, da parte della Corte d’appello, del costante insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui concorre, in qualità di extraneus, nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso (Sez. 5, n. 18677 dell’8/2/2021, COGNOME, Rv. 281042; Sez. 5, n. 8276 del 6/11/2015, dep. 2016, Curtopelle e altro, Rv. 267724).
Ora, nella sentenza gravata, alcuna di tali condotte “volte a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso” viene evidenziata. Ciò porta questo Collegio a condividere le doglianze difensive, secondo cui la Corte di merito, mancando di conformarsi al predetto insegnamento, ha addebitato alla ricorrente una sorta di responsabilità “da posizione” esclusivamente in forza dei ruoli formali prima ricordati (procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE e legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE), senza, tuttavia, specificare la consistenza causale del suo contributo concorsuale, ad esempio, in termini di “consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori” o di “assistenza nella conclusione dei negozi” o, ancora, di rafforzamento, “con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni”, dell’altrui progetto delittuoso (v. Sez. 1, n.01636 del 12 ottobre 2021, dep.2022, De Marco, n.m., correttamente valorizzata dalla difesa).
Dal che deriva l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
3. Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME è fondato.
3.1 Ove si considerino le determinazioni della Corte d’appello, che consentivano di ritenere integrata la continuazione fallimentare solo in riferimento a plurimi pagamenti considerati distrattivi, e si guardi alle peculiarità del caso di specie (in cui le distrazioni imputate al capo a2, per cui è intervenuta condanna, hanno a oggetto beni omogenei -somme di denaro- e sono temporalmente ravvicinate), dovrà convenirsi con la difesa a proposito dell’illegittimità della ritenuta circostanza aggravante dei più fatti di bancarotta. Ricorre, infatti, il profilo dell’omogeneità,
dal punto di vista naturalistico e materiale, delle singole condotte distrattive ascritte, trattandosi, appunto, di pagamenti di somme di denaro.
Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, «in tema di bancarotta fraudolenta distrattiva, si ha pluralità di reati laddove le singole condotte, riconducibili alle azioni tipiche previste dalle singole fattispecie incriminatrici, siano distinte sul piano ontologico, psicologico e funzionale e abbiano a oggetto beni specifici differenti» (Sez. 5, n. 17799 del 01/04/2022, Rizzo, Rv. 283253 – 02, dove, in motivazione, la Corte ha evidenziato che, diversamente, non si ha pluralità di reati nel caso in cui le condotte previste dall’art. 216 legge fall., realizzate con più atti, siano tra loro omogenee, perché lesive del medesimo bene giuridico e temporalmente contigue; in seguito, ex plur., Sez. 5, n. 41539 del 10/10/2024, Tafuro, Rv. 287170 – 01: «in tema di bancarotta fraudolenta distrattiva, non è configurabile l’aggravante di più fatti di bancarotta nel caso di una pluralità di condotte distrattive, temporalmente contigue e aventi tutte ad oggetto beni mobili, seppur differenti sul piano materiale, quali denaro e arredi»). Il reato ascritto all’imputato non può ritenersi aggravato dalla circostanza dei più fatti di bancarotta, atteso che, nel caso in esame, le condotte ascritte al capo a2), pur realizzate con più atti, risultano tra loro omogenee, perché lesive del medesimo bene giuridico e temporalmente contigue.
Come chiarito da questa Corte (v. Rv. 283253 – 02, già citata, in cui si riflette sulla natura peculiare ed sul regime giuridico specifico della continuazione fallimentare, sulla falsariga di pronuncia Sez. U, n. 21039 del 27/1/2011, COGNOME, Rv. 249665), «il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ha natura di reato a condotta eventualmente plurima, che può essere realizzato con uno o più atti, senza che la loro ripetizione, nell’ambito dello stesso fallimento, dia luogo ad una pluralità di reati in continuazione, non venendo meno il carattere unitario del reato quando le condotte previste dall’art. 216 legge fall. siano tra loro omogenee, perché lesive del medesimo bene giuridico, e temporalmente contigue (Sez. 5, n. 13382 del 03/11/2020 – dep. 09/04/2021, Verdini, Rv. 281031 – 01).
Da ciò discende l’annullamento senza rinvio della gravata sentenza sentenza nei confronti di NOME COGNOME in riferimento alla continuazione fallimentare, di cui all’art. 219, comma 2, n. 1, legge fallimentare, che deve escludersi, eliminando la relativa pena pari a mesi tre di reclusione.
Per le ragioni illustrate, il Collegio annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano; annulla senza rinvio la medesima sentenza nei confronti di NOME COGNOME in riferimento alla continuazione fallimentare, di cui all’art. 219, comma 2, n. 1, legge fallimentare, che esclude, ed elimina la relativa
pena pari a mesi tre di reclusione; rigetta il ricorso di NOME COGNOME, che condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano; annulla senza rinvio la medesima sentenza nei confronti di NOME COGNOME in riferimento alla continuazione fallimentare, di cui all’art. 219, comma 2, n. 1, legge fallimentare, che esclude, ed elimina la relativa pena pari a mesi tre di reclusione; rigetta il ricorso di NOME COGNOME, che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 08/07/2025 Il consigliere estensore
Il presidente