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Amministratore di fatto: la Cassazione chiarisce

La Cassazione interviene su un complesso caso di bancarotta, chiarendo i criteri per identificare la responsabilità penale di tre figure chiave: l’amministratore di fatto, il concorrente esterno al reato (‘extraneus’) e il liquidatore. La sentenza conferma che la qualifica di amministratore di fatto dipende dall’ingerenza continuativa nella gestione aziendale, non da nomine formali. Viene invece annullata con rinvio la condanna di un’imputata esterna per mancanza di prove sulla sua consapevole partecipazione al piano criminoso. Infine, viene annullata l’aggravante dei ‘più fatti di bancarotta’ per il liquidatore, poiché le condotte distrattive, essendo omogenee e ravvicinate, costituiscono un unico reato.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Amministratore di Fatto e Bancarotta: La Cassazione Traccia i Confini della Responsabilità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale offre importanti chiarimenti sui confini della responsabilità penale nei reati di bancarotta, analizzando tre figure cruciali: l’amministratore di fatto, il concorrente esterno al reato e l’amministratore di diritto. La pronuncia esamina con precisione i presupposti necessari per attribuire la responsabilità penale, distinguendo tra chi esercita un potere gestionale effettivo e chi, pur rivestendo cariche formali, non partecipa consapevolmente al disegno criminoso.

Il Caso: Tre Figure al Vaglio della Suprema Corte

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che aveva condannato tre soggetti per bancarotta distrattiva legata al fallimento di una società a responsabilità limitata. Le posizioni degli imputati erano distinte:

1. Un soggetto era accusato di essere stato l’amministratore di fatto della società fallita, pur non avendo cariche formali.
2. Un secondo imputato, il liquidatore della società, era stato condannato anche per l’aggravante dei più fatti di bancarotta.
3. Una terza imputata era stata ritenuta responsabile come ‘concorrente extraneus’, ovvero soggetto esterno che aveva contribuito al reato, in virtù dei suoi ruoli formali in altre società collegate.

Tutti e tre hanno proposto ricorso in Cassazione, contestando diversi aspetti delle loro condanne.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato separatamente i tre ricorsi, giungendo a conclusioni diverse per ciascun imputato, delineando principi di diritto di grande rilevanza pratica.

L’Amministratore di Fatto: Quando l’Ingerenza Diventa Reato

La Cassazione ha rigettato il ricorso dell’imputato accusato di essere l’amministratore di fatto. La Corte ha confermato che la responsabilità penale non dipende dalle qualifiche formali, ma dall’esercizio concreto di funzioni gestorie. Nel caso di specie, era stato provato che l’imputato aveva svolto un’attività non episodica ma continuativa, prendendo decisioni strategiche per la società, gestendo operazioni cruciali (come la cessione di un credito) e persino scegliendo il liquidatore. Secondo i giudici, questi elementi dimostrano un ‘inserimento organico’ nella gestione aziendale, sufficiente a fondare la sua responsabilità per il reato di bancarotta, a prescindere dall’assenza di deleghe o incarichi formali.

Il Concorrente Esterno: Non Basta la Carica Formale

Di segno opposto la decisione per l’imputata accusata di concorso esterno. La Corte ha annullato la sua condanna con rinvio ad un nuovo giudizio d’appello. La motivazione si fonda sulla carenza di prova del ‘dolo’, ovvero della consapevolezza di contribuire a un’operazione illecita. La Corte d’Appello aveva basato la condanna unicamente sulle cariche formali da lei ricoperte in altre società beneficiarie delle somme distratte. La Cassazione ha ribadito che, per un ‘extraneus’, non è sufficiente una responsabilità ‘da posizione’. È necessario dimostrare il suo contributo causale al reato, ad esempio attraverso consigli, suggerimenti o un’assistenza concreta volti a rafforzare il progetto criminoso dell’amministratore. Mancando questa prova, la condanna è stata annullata.

L’Aggravante dei ‘Più Fatti di Bancarotta’: Un Reato Unico

Infine, la Corte ha accolto il ricorso del liquidatore, annullando senza rinvio la sentenza limitatamente alla circostanza aggravante dei più fatti di bancarotta. L’aggravante era stata applicata perché l’imputato aveva compiuto cinque distinti pagamenti distrattivi. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che quando le condotte sono omogenee (in questo caso, pagamenti di somme di denaro), temporalmente ravvicinate e lesive del medesimo bene giuridico (il patrimonio della società), esse non costituiscono una pluralità di reati, ma un unico reato a condotta plurima. Di conseguenza, l’aggravante è stata illegittimamente applicata e la relativa pena eliminata.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su principi consolidati della giurisprudenza penale fallimentare. Per l’amministratore di fatto, il criterio dirimente è quello della ‘significatività e continuità’ delle funzioni gestorie esercitate, che devono andare oltre un intervento episodico. La prova di tale ruolo può derivare da intercettazioni, testimonianze e dal comportamento complessivo dell’imputato. Per il concorrente ‘extraneus’, la Corte sottolinea la necessità di un accertamento rigoroso dell’elemento psicologico: l’imputato esterno deve essere consapevole di concorrere alla sottrazione di beni dalla garanzia dei creditori. Un ruolo meramente formale, senza un apporto cosciente al piano illecito, non è sufficiente. Infine, riguardo all’aggravante, la sentenza riafferma la natura unitaria del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, che può manifestarsi attraverso più atti, i quali, se omogenei e contigui, confluiscono in un’unica violazione di legge.

Le Conclusioni

Questa sentenza è un’importante guida per distinguere i diversi livelli di responsabilità nei reati societari. Sottolinea che il diritto penale non si ferma alle apparenze formali, ma guarda alla sostanza dei comportamenti. Chiunque si ingerisca nella gestione di una società, pur senza nomine, può essere chiamato a rispondere come amministratore di fatto. Al contempo, la pronuncia pone un argine a facili automatismi, richiedendo una prova rigorosa del dolo per chi, dall’esterno, viene accusato di aver concorso in un reato fallimentare. Infine, offre un criterio chiaro per l’applicazione dell’aggravante dei più fatti di bancarotta, limitandola ai casi in cui le condotte siano eterogenee e non a quelli in cui rappresentino la mera ripetizione di un medesimo schema criminoso.

Quando una persona può essere considerata ‘amministratore di fatto’ e rispondere del reato di bancarotta?
Una persona è considerata amministratore di fatto quando, pur in assenza di una nomina formale, svolge in modo continuativo e significativo funzioni gestorie e direttive. Non è necessario che eserciti tutti i poteri dell’organo di gestione, ma è sufficiente un’attività non episodica o occasionale che dimostri un suo inserimento organico nelle decisioni strategiche della società.

Cosa è necessario dimostrare per condannare un soggetto esterno alla società (‘extraneus’) per concorso in bancarotta?
Per condannare un concorrente extraneus non è sufficiente provare che ricopriva cariche formali in altre società coinvolte. È indispensabile dimostrare il suo contributo causale e, soprattutto, il dolo, ovvero la consapevolezza di partecipare a un piano finalizzato a sottrarre beni alla garanzia dei creditori, fornendo un aiuto concreto (consigli, assistenza, etc.) al progetto delittuoso.

L’esecuzione di più pagamenti distrattivi configura sempre l’aggravante dei ‘più fatti di bancarotta’?
No. Secondo la sentenza, l’aggravante non si applica se le plurime condotte distrattive sono tra loro omogenee (ad esempio, diversi pagamenti in denaro), temporalmente ravvicinate e lesive dello stesso bene giuridico. In tal caso, si configura un unico reato di bancarotta a condotta plurima, e non una pluralità di reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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