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Amministratore di fatto: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per bancarotta fraudolenta in qualità di amministratore di fatto di una società. La sentenza chiarisce che per assumere tale qualifica non è necessario avere il controllo assoluto dell’impresa, ma è sufficiente esercitare in modo continuativo e significativo poteri gestionali, anche se l’amministratore di diritto mantiene il potere decisionale finale su alcuni aspetti.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Amministratore di fatto: quando la gestione sostanziale porta alla condanna

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 2514/2024 offre un’importante lezione sulla figura dell’amministratore di fatto e sulla sua responsabilità penale in caso di bancarotta fraudolenta. La Corte ha stabilito che per essere considerati responsabili non è necessario detenere il potere assoluto o avere ‘l’ultima parola’ su ogni decisione aziendale. È sufficiente un’ingerenza significativa e continuativa nella gestione della società. Questo principio, basato sulla prevalenza della sostanza sulla forma, riafferma che chiunque gestisca un’impresa, anche senza un incarico ufficiale, ne assume le piene responsabilità legali.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda la condanna per bancarotta fraudolenta documentale e per distrazione a carico di un soggetto ritenuto l’amministratore di fatto di una società edile, formalmente amministrata dalla moglie. La società, dichiarata fallita nel 2013, era stata privata di ingenti risorse economiche attraverso diverse operazioni illecite. Tra le accuse figuravano prelievi di cassa ingiustificati e qualificati come ‘spese vive’, pagamenti per lavori mai eseguiti a società terze e la registrazione di fittizi prestiti ai dipendenti.

La difesa dell’imputato sosteneva che il suo ruolo fosse marginale, evidenziando come la moglie, in qualità di amministratore di diritto, avesse sempre ‘l’ultima parola’ sulle decisioni amministrative. Pertanto, secondo la tesi difensiva, non poteva essere considerato responsabile per il dissesto della società.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile e confermando così la condanna inflitta nei gradi di merito. I giudici hanno ritenuto le argomentazioni della difesa generiche e volte a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La decisione si fonda su una chiara e consolidata interpretazione della figura dell’amministratore di fatto.

Le Motivazioni della Corte

Il nucleo della sentenza risiede nella dettagliata analisi dei criteri che definiscono la responsabilità penale dell’amministratore di fatto.

I Criteri per Identificare l’Amministratore di Fatto

La Corte ha ribadito che la qualifica di amministratore di fatto non deriva da un controllo totalitario e assoluto sull’azienda. Al contrario, essa si configura quando un soggetto si inserisce in modo organico e continuativo nella gestione aziendale, svolgendo funzioni gerarchiche e direttive. Gli elementi sintomatici possono includere:

* La gestione dei rapporti con clienti, fornitori e dipendenti.
* Il potere decisionale su assunzioni, licenziamenti e approvvigionamenti.
* La partecipazione attiva alle strategie d’impresa.

Nel caso specifico, le prove (incluse le testimonianze dei dipendenti) hanno dimostrato che l’imputato svolgeva un ruolo centrale nella vita della società, ben al di là di una semplice consulenza. Il fatto che la moglie avesse l’ultima parola nel settore puramente amministrativo non escludeva la sua ingerenza decisiva in tutti gli altri ambiti gestionali.

La Piena Responsabilità Penale dell’Amministratore di Fatto

Una volta accertato il ruolo di gestione sostanziale, la Corte ha sottolineato che l’amministratore di fatto è equiparato in tutto e per tutto a quello di diritto. Egli assume una ‘posizione di garanzia’ nei confronti del patrimonio sociale e dei creditori. Di conseguenza, è tenuto a impedire condotte illecite e risponde penalmente per tutti i comportamenti, attivi od omissivi, che danneggiano la società.

La responsabilità penale si estende quindi anche alle condotte di bancarotta, come la distrazione di fondi e la tenuta irregolare delle scritture contabili, a prescindere dal fatto che l’atto materiale sia stato compiuto dall’amministratore formale.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio fondamentale del diritto penale societario: la responsabilità penale segue l’effettivo esercizio del potere gestionale. Chi agisce come dominus di una società, prendendo decisioni cruciali e influenzandone l’andamento, non può nascondersi dietro uno schermo formale per sfuggire alle conseguenze delle proprie azioni. La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, invia un messaggio chiaro: nel diritto fallimentare, la sostanza prevale sempre sulla forma, e chi gestisce di fatto un’impresa ne risponde pienamente, anche in sede penale.

Per essere considerati ‘amministratore di fatto’ è necessario avere il controllo totale dell’azienda?
No, secondo la Corte non è necessario un controllo assoluto. È sufficiente un inserimento organico nella gestione, con l’esercizio continuativo e significativo di funzioni direttive, anche se l’amministratore di diritto mantiene il potere decisionale finale su alcuni aspetti.

Il fatto che un’altra persona, come l’amministratore formale, abbia ‘l’ultima parola’ esclude la qualifica di amministratore di fatto?
No, la sentenza chiarisce che tale circostanza non è di per sé sufficiente ad escludere la qualifica e la responsabilità dell’amministratore di fatto, se quest’ultimo ha comunque esercitato un ruolo di primo piano e poteri decisionali in ambiti nevralgici della gestione aziendale.

L’amministratore di fatto risponde penalmente anche per le condotte illecite commesse dall’amministratore di diritto?
Sì. Una volta accertata la sua qualifica, l’amministratore di fatto è gravato dell’intera gamma dei doveri propri dell’amministratore di diritto. Pertanto, assume la responsabilità penale per tutti i comportamenti penalmente rilevanti, anche in caso di inerzia colpevole di fronte ad atti illeciti posti in essere dall’amministratore formale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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