Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2514 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2514 Anno 2024
RITENUTO IN FATTO Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2023
1. Con la sentenza del 24 aprile 2023, la Corte di appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado emessa, in data 29 marzo 2019, dal G.U.P. presso il Tribunale di Piacenza nei confronti di NOME, che lo aveva condannato alla pena di anni tre di reclusione, oltre che al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile costit il reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 216 comma 1 n. 2 e 223 Legge fall. (capi A e B).
All’imputato è contestato di avere, in qualità di amministratore di fatto della so RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza dal Tribunale di Piacenza in da marzo 2013, in concorso con la moglie NOME, tenuto le scritture contabili in maniera tale da non consentire la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio, an mediante l’utilizzo di fatture false, nonché di avere distratto:
Euro 77.000 a mezzo prelievi effettuati anche presso RAGIONE_SOCIALE, qualificati dall’imputato come spese vive sostenute dall’amministratore e contabilizzate nei bilanci 2011 e 2012 pur in assenza di alcun verbale assembleare autorizzativo dei compensi e di alcuna riconciliazione con la contabilità societaria;
Euro 88.350 a mezzo prelevamenti indicati nel mastrino cassa, dì cui è risultata ignota la destinazione finale ed il loro utilizzo;
Euro 18.350 indicati quali prestiti erogati ai dipendenti nel corso del 2010 nella realtà mai corrisposti.
Euro 202.000, pagati in contati, alla società RAGIONE_SOCIALE, alla RAGIONE_SOCIALE ed alla RAGIONE_SOCIALE, per presunti l effettuati dalle stesse presso la fallita ma in realtà mai eseguiti.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore d’ufficio, articolando le proprie censure in sei motivi.
2.1. Con il primo motivo, si deduce vizio di motivazione in relazione all’art. 533 proc. pen., non essendo stata valutata la colpevolezza dell’imputato al di là di ogni ragione dubbio, con riferimento al presunto ruolo di amministratore di fatto in ordine all’accertame del reato di cui all’art. 2 D.Ivo. 74/2000 – contestato ed accertato fino al 2009 – posto del delitto di bancarotta fraudolenta documentale.
Si evidenzia la contraddittorietà della sentenza impugnata in quanto la sentenza d dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE è stata emessa in data 29 marzo 20 mentre la pronuncia del G.I.P. presso il Tribunale dì Lodi è del 20 novembre 2012 ed è divenuta definitiva a seguito della conferma della Corte di appello di Milano in data 7 ap 2016 e dunque, non è antecedente al fallimento predetto.
Si ribadisce come peraltro la sentenza per emissione di fatture false è stata emessa sol nei confronti di COGNOME NOME, quale amministratore della fallita. Pertanto, almeno fino 2009, si esclude, per accertamento giudiziale di cui alla predetta sentenza, che il ricor fosse amministratore di fatto della società.
2.2.Con il secondo motivo, si contesta vizio di motivazione in relazione all’art. 533 proc. pen., non essendo stata valutata la colpevolezza dell’imputato al di là di ogni ragione dubbio, in ordine al presunto ruolo di amministratore di fatto, con riferimento al fatto COGNOME aveva sempre l’ultima parola, nonché la mancanza di motivazione in ordine alla “sfera gestionale”.
La Corte territoriale non si confronta con lo specifico motivo di appello avanzato d difesa con riguardo all’attribuzione del ruolo di amministratore di fatto all’imputato. la prova di tale qualità implica l’accertamento di una serie di indici sintomatici tipizz prassi giurisprudenziale, dei quali i giudici di merito non hanno tenuto conto, pur riconosce che COGNOME NOME “aveva sempre l’ultima parola” in materia amministrativa, aggiungendo come tale circostanza non sia incompatibile con l’attribuzione all’imputato di un ruolo di p piano nella sfera gestionale dell’impresa. Sul punto, si contesta la mancata motivazione su precisazione di quali sarebbero stati i compiti asseritamente svolti dal ricorrent riferimento alla sfera gestionale che, ai fini della bancarotta contestata, non attiene, alla gestione del personale, quanto ad un potere di spesa (rilevante ai fini di una condott distrazione).
2.3. Con il terzo motivo, si contesta violazione di legge in relazione all’art. 53 proc. pen., per mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine al presunto ruolo amministratore di fatto per presunta assenza di disaccordi in ambito familiare.
Si evidenzia come la circostanza per cui non vi fosse disaccordo tra i membri dell famiglia dell’imputato non è di per sé sufficiente ad affermare, come ha fatto la C territoriale, che il ricorrente fosse l’amministratore di fatto della società.
Quanto all’estensione della punibilità dei fatti di bancarotta fraudolenta amministratori di fatto, si ribadisce nuovamente che la circostanza per cui la RAGIONE_SOCIALE avesse l’ultima parola, esclude un ruolo di preminenza assoluta nella gestione della socie da parte dell’imputato.
Né è emerso che fosse lui l’unico responsabile della contabilità, e che fosse dotato autonomia decisionale, non essendo questa a lui attribuibile neppure pensando alla figura dell’institore, in considerazione del potere decisionale che aveva invece la RAGIONE_SOCIALE.
2.4. Con il quarto motivo, si contesta vizio di motivazione in relazione all’elem soggettivo.
Si lamenta come la Corte d’appello, a fronte di uno specifico motivo d’appell relativamente alla mancanza di prove certe per affermare la sussistenza del coefficien psicologico atto ad integrare la fattispecie contestata, si sia limitata ad affermare –
dimostrare la volontarietà e la consapevolezza volta a determinare un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori – che la condotta dell’imputato è idonea a re pregiudizio ai creditori, rifacendosi genericamente alla definizione stessa del dolo speci richiesto per la bancarotta contestata.
2.5. Con il quinto motivo, si lamenta violazione di legge in relazione all’art. 539 proc. pen., con riferimento al risarcimento del danno.
Secondo il ricorrente è illegittima la condanna generica al risarcimento del danno, no avendo la Corte indicato in base a quali elementi si è ritenuta raggiunta la prova dei pre danni e dell’entità degli stessi, non dandosi prova nemmeno, come invece previsto dalla norma, della potenzialità del danno.
2.6. Con il sesto ed ultimo motivo, si contesta violazione di legge in relazion trattamento sanzionatorio inflitto, specie con riferimento alla riduzione per le atte generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen., in percentuale non uguale rispetto alla pronuncia di primo grado.
In particolare, il ricorrente rileva come la Corte territoriale abbia confermato la comminata dal giudice di primo grado, operando però un sistema di calcolo differente: a differenza del Tribunale, i giudici di secondo grado, partendo dalla pena base di anni quat di reclusione, aumentano subito per la continuazione ad anni cinque di reclusione e riducono poi per le attenuanti generiche ad anni quattro e mesi sei, operando così una reformatio in peius, ove non applicano la riduzione in percentuale pari ad 1/8, così come operata dal giudice di primo grado.
Il ricorso è stato trattato – ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d. I. n. 137 d convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, che continua ad applicarsi in virtù del comma secondo dell’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modifica dall’art. 17 d.l. 22 giugno 2023 n. 75, per le impugnazioni proposte sino al quindices giorno successivo al 31.12.2023 – senza l’intervento delle parti che hanno così concluso p iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
il difensore dell’imputato ha insistito nell’accoglimento del ricorso, contro-deducend rilievi del P.G.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1 primi tre motivi, che contestano la sussistenza della qualifica di amministrato fatto in capo al ricorrente, attraverso la deduzione dei vizi motivazionali e di violazione enunciati nel ritenuto in fatto, sono affetti da genericità estrinseca e sotto diversi aspe da genericità intrinseca.
Ed invero, leggendo il ricorso balza evidente che la contestazione principale in e contenuta passa attraverso la circostanza che dall’istruttoria dibattimentale sarebbe emer che la moglie del ricorrente, COGNOME COGNOME, alla quale i fatti sono contestati nella qual amministratrice formale della società fallita, avrebbe invece avuto “l’ultima parola”, os potere decisionale assorbente che avrebbe escluso la riconducibilità dell’amministrazione fatto – all’imputato, laddove secondo quanto si legge negli stessi motivi di ricorso tale ” parola” era relativa alla gestione amministrativa e non afferiva quindi a tutti gli ambiti g rispetto ai quali può dispiegarsi la gestione societaria, ambiti a cui la sentenza impugnat aveva mancato di fare riferimento.
Ed invero, i giudici di merito, nel ricostruire la qualifica attribuita al ricorre fatto espresso riferimento al ruolo centrale – come descritto dagli stessi dipendenti – che e rivestiva nella società, curando, lui, i rapporti con la clientela, coi dipendenti, ed esse riconducile, ad esempio, anche la decisione in merito al licenziamento di alcuni dipendenti scelta degli approvvigionamenti.
Evidente rimane quindi la genericità dei motivi che si aggrappano alla circostanza second cui l’amministratrice di diritto avrebbe avuto “l’ultima parola” nel settore amminist tralasciando tutti i molteplici aspetti decisionali che hanno connotato la gestione del rico come indicati congruamente nella sentenza impugnata, la cui motivazione risult assolutamente conforme ai principi elaborati in materia da questa Corte.
La posizione dell’amministratore di fatto, destinatario delle norme incriminatrici bancarotta fraudolenta, va invero determinata con riferimento alle disposizioni civilistich regolando l’attribuzione della qualifica di imprenditore e di amministratore di diritto, quella di amministratore di fatto mediante l’estensione delle qualifiche soggettive discip dall’art. 2639 cod. civ., costituiscono la parte precettiva di norme che sono sanzionate legge penale. La disciplina sostanziale si traduce, in via processuale, nell’accertamen elementi sintomatici di gestione o cogestione della società, risultanti dall’organico inser del soggetto, quale “intraneus” che svolge funzioni gerarchiche e direttive, in qua momento dell'”iter” di organizzazione, produzione e commercializzazione dei beni e serviz rapporti di lavoro con i dipendenti, rapporti materiali e negoziali con i finanziatori, clienti – in qualsiasi branca aziendale, produttiva, amministrativa, contrattuale, disciplin tra tante, Sez. 1, n. 18464 del 12/05/2006, Rv. 234254 – 01).
La ricostruzione del profilo di amministratore di fatto deve condursi, in ambito penali alla stregua di specifici indicatori, individuati non soltanto rapportandosi alle qualific ovvero alla mera rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica rico
(ex multis Sez. 5, n. 41793 del 17/06/2016, COGNOME, Rv. 268273) bensì sulla base dell concrete attività dispiegate in riferimento alla società oggetto d’analisi, riconducibili valídate massime di esperienza – ad indici sintomatici, quali la diretta partecipazion gestione della vita societaria, la generalizzata identificazione nelle funzioni amministrat parte dei dipendenti e dei terzi, l’intervento nella declinazione delle strategie d’impresa fasi nevralgiche dell’ente economico. Non si pone pertanto l’accento unicamente sulla formal assegnazione della qualifica di amministratore, ma anche sulla sostanziale allocazione inter all’organizzazione societaria delle competenze proprie di tale figura. Lo svolgimento di fa funzioni gestorie può derivare non solo dal caso in cui il soggetto eserciti, pur in assenza formale investitura, le funzioni ed i poteri tipici delle corrispondenti figure di diritto vi è anche quella dell’institore cui pure il ricorso fa genericamente ed inutilmente rife dal momento che ai sensi dell’art. 227 I.f. all’institore si applicano comunque le disposiz cui all’art. 216 l.f. – ma anche dalle ipotesi in cui l’atto di nomina sia per qualsia invalido (ad esempio perché adottato in presenza di cause di ineleggibilità) oppure revocato
Ai fini dell’attribuzione della qualifica di amministratore “di fatto” è dunque suffi presenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni diret in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunq gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contratt disciplinare, ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione d insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta – come nel caso di specie – da congrua logica motivazione (ex multis, Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, Rv. 277540 – 01).
Sicché – ed è ciò che maggiormente rileva ai fini del ragionamento nel caso di specie – a fini della attribuzione ad un soggetto della qualifica di amministratore “clí fatto” non oc così come per i casi di amministrazione formale – l’esercizio di “tutti” i poteri tipici d di gestione potendosi verificare ipotesi di cogestione, anche di fatto, ma è necessari sufficiente, una significativa e continua attività gestoria, svolta cioè in modo non episo occasionale, tale da fornire elementi sintomatici dell’organico inserimento del soggetto, q íntraneus, nell’assetto societario.
Vengono riconosciuti come indici dimostrativi di tale posizione di fatto, tra gl l’intervento nella declinazione delle strategie d’impresa e nelle fasi nevralgiche de economico, e tali sono da ritenere certamente proprio quelle attività – accertate nel caso specie in capo al ricorrente con una valutazione di fatto sostenuta da congrua e log motivazione, in quanto tale insindacabile nella presente sede di legittimità – involg gestione, con potere decisionale, dei dipendenti e delle commesse cui è conseguita l identificazione nelle funzioni amministrative da parte dei dipendenti e dei terzi.
Né, più in generale, può ritenersi estraneo a tale accertamento il contesto illecito in inseriscono i comportamenti di fatto assunti dall’agente, potendo assumere valenz
corroborativa, unitamente agli altri elementi, le stesse condotte criminose poste in ess dal soggetto agente che, per l’incidenza che esse possono avere sull’assetto e sulla stessa v della società, sono diretta esplicazione di un potere decisionale assoluto, proprio di chi attività quale dominus indiscusso delle stesse sorti della società.
In altri termini, l’apprezzamento in argomento, diversamente da quanto dedotto i ricorso, non può ritenersi limitato alla fisionomia delineata dal codice civile, che declina status di amministratore, anche di fatto, nella dimensione fisiologica dell’attività d’impresa, riguardato nel più ampio contesto delle ingerenze e degli interessi antigiuridici che pos contaminare il ruolo svolto e che finiscono con il colorarlo ulteriormente attraverso devianza illecita.
Tutto ciò, peraltro, senza considerare che le attività gestorie del ricorrente sono individuate anche proprio in relazione ad aspetti involgenti il “potere di spesa” e la tenut contabilità (come ricostruito dai giudici di merito nelle conformi pronunce di primo e se grado).
Né d’altronde ai fini della esclusione della qualifica di amministratore di fatto po assumere, di per sé, rilievo decisivo la circostanza che i poteri di fatto esercitati dal agente – nel caso di specie il NOME – non involgano direttamente le condotte criminose fallimentari, nel caso di specie quelle distrattive implicanti poteri di spesa che secondo la non sarebbero stati accertati in capo al ricorrente, dal momento che, una volta riconosciut qualifica di amministratore di fatto – come nel caso di specie – in base a plurimi elem convergenti in tal senso, va da sé: 1) che delle condotte distrattive – oltre che di documentali – ne debba rispondere l’amministratore di fatto, se del caso in concorso con quel formale, a prescindere dal fatto che esse siano direttamente collegabili o meno ai settori i si è esplicata l’attività gestoria dell’amministratore di fatto; 2) e che questi potrebb esente da responsabilità solo nel caso in cui dovesse risultare che la sottrazione dei ben avvenuta per evento del tutto imprevedibile a lui non imputabile; con la conseguenza che profilo della settorializzazione dell’amministrazione, circoscritta, cioè, solo a determinati potrebbe al più rilevare sul piano dell’integrazione, in concreto, della fattispecie crimin giammai di per sé ai fini della configurazione della qualifica di amministratore, che, come d si acquisisce anche nel caso in cui l’amministrazione si esplica solo in determinati set prescinde dal fatto che le condotte illecite interessino proprio quei settori o altri. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.1. Va, invero, ribadito che una volta appurato il ruolo di amministratore di fatto i ad un soggetto, sul versante della responsabilità penale, discende che questi, grav dell’intera gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore di diritto, assume, ricorren altre condizioni di ordine oggettivo o soggettivo, la penale responsabilità per comportamenti penalmente rilevanti a quest’ultimo addebitabili anche nel caso di colpevole consapevole inerzia a fronte di tali comportamenti, in applicazione della regola dettata dal 40, comma secondo, cod. pen. (sez. 5, sentenza n. 15065 del 02/03/2011, COGNOME e altri,
Rv. 250094; sez. 5, sentenza n. 39593 del 20/05/2011, COGNOME, Rv. 250844; sez. 5, sentenza n. 7203 del 11/01/2008, COGNOME, Rv. 239040); con la conseguenza che ove pure si dovesse ritenere riferibile all’amministratore di diritto la condotta illecita, quello di fatto, altre condizioni di ordine oggettivo o soggettivo, non andrebbe essente da responsabilità sensi dell’art. 40 citato; a lui una corresponsabilità può essere imputata in base alla pos di garanzia di cui agli artt. 2392 e 2394 cod. civ., in forza dei quali l’amministrat conservare il patrimonio sociale ed impedire che si verifichino danni per la società e per i
Il soggetto il quale abbia assunto, in base all’art. 2639 c.c., la qualifica di ammini di fatto, essendo tenuto ad impedire ai sensi art. 40, comma 2, c.p. le condotte il riguardanti la gestione della società o a pretendere l’esecuzione degli adempimenti prev dalla legge, è responsabile di tutti i comportamenti, sia omissivi che comnnissivi, posti in dall’amministratore di diritto, al quale è sostanzialmente equiparato ai sensi della disposizione del codice civile, come sostituita ai sensi dell’art. 1 dei D. Lgs 11 aprile 61, che peraltro ha prevalentemente natura interpretativa di precedenti, consolidati, app giurisprudenziali (Sez. 3, 5 luglio 2012, n. 33385); d’altronde, a parti invertite vale la m regola (fermo restando che si tratta poi in concreto di RAGIONE_SOCIALEre le effettive responsabilità ai parametri oggettivi e soggettivi che governano l’accertamento del reato).
1.2.Nel caso in esame, come preannunciato, la sentenza impugnata descrive gli indicatori dell’effettiva riconducibilità al ricorrente delle scelte gestionali ed operative relative a fallita, alla stregua delle prove acquisite, segnatamente, delle dichiarazioni dei dipendent fornitori delle società e della stessa figlia del ricorrente, oltre che della ricostruzione curatore nelle relazioni ex art. 33 I.f.; in particolare, individuando nel predetto il rea dominus dell’impresa all’epoca dei fatti, avendo tra l’altro il curatore evidenziato che le scelte g operative e finanziarie della società erano state assunte, dal 2007 al 2012, dal ricorrent comprese quelle sfociate nelle condotte illecite ascritte esclusivamente alla Rimmau nell’ambito del procedimento penale per reati tributari per false fatturazioni (ri nell’ambito del presente procedimento, in condotte penalmente rilevanti sul versante de tenuta delle scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del movim degli affari e del patrimonio, in aggiunta a tutte le altre parimenti individuate dai merito, come descritte nell’imputazione); a nulla rilevando che nell’ambito del procedime penale tributario, svoltosi contro la NOME, non si fosse accertata l’amministrazione di f del ricorrente – circostanza che parimenti il ricorso pone a fondamento della critica involg la ricostruzione della qualifica di amministratore di fatto – essendo stati i reati evidentemente accertati dalla G.d.F. nei confronti dell’amministratore formale che all’epoca la RAGIONE_SOCIALE.
13.In tale contesto, e alla luce di tutto quanto sopra argomentato anche in dir s’appalesano inconducenti i rilievi difensivi volti a screditare l’accertamento della qual amministratore di fatto in capo al ricorrente a cagione del ruolo che avrebbe anche di f
assunto l’amministratrice formale – che non esclude a rigore, come detto, il concorso nel re di chi si è ingerito nell’amministrazione societaria – giungendo a circoscriverlo ad irrilevanti, laddove esso non si è affatto esaurito – a differenza di quanto vorrebbe in part il terzo motivo di ricorso – nella constatazione del rapporto di coniugio tra il ric l’amministratrice di diritto NOME NOME dell’assenza di disaccordi in ambito familiare; e là del fatto che le censure difensive finiscono, per altro verso, con il richiedere una compl rivalutazione dei fatti e delle prove, preclusa nella presente sede di legittimità.
Il quarto motivo sull’elemento soggettivo ancora una volta fa erroneamente riferiment al dolo specifico laddove nessuna delle due ipotesi criminose contestate al ricorrent bancarotta distrattiva e bancarotta documentale cd. generica richiede la sussistenza del d specifico. In ogni caso la sentenza impugnata ha dato conto delle ragioni che militano per configurazione anche dell’elemento soggettivo.
Ampiamente argomentata risulta, innanzitutto, l’ascrivibilità al NOME del condotte distrattive contestate, della acclarata mancanza di giustificazione dei prelievi, mera apparenza delle disposizioni a favore di terzi e della piena consapevolezza da parte d medesimo della gravità e irreversibilità della crisi dell’impresa.
La iniziale apparenza della regolarità della documentazione societaria è stata supera dalle emergenze investigative, soprattutto con riferimento alla emissione di fattur operazioni inesistenti, funzionali anche alla copertura del consapevole drenaggio di liquidit patrimonio societario, e rispetto a tale evenienza non potrebbe assumere alcuna valenza decisiva, neppure ai fini della affermata sussistenza di vizi motivazionali, la circostanza sentenza che ebbe a condannare la COGNOME RAGIONE_SOCIALE per i reati di falsa fatturazione per operazioni inesistenti in fronde al fisco – per rimporti considerevoli – risulti passata in in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento e non antecedente ad esso come affermato nella sentenza impugnata, laddove appunto quella pronuncia di condanna riposa comunque su un accertamento della Guardia di finanza antecedente alla sentenza di fallimento, che h costituito la base dell’affermazione di responsabilità.
In ogni caso quanto alla bancarotta documentale il riferimento non è solo alle fatture operazioni inesistenti, perché a superare l’apparenza della regolarità contabile vi sono quelle operazioni non registrate o che riportano diciture non corrispondenti al reale, q prelievi annotati effettuati in assenza di alcun verbale di assemblea autorizzativo dei comp e di alcuna riconciliazione con la contabilità societaria, i diversi pagamenti che ri apparentemente eseguiti nei confronti di alcuni dipendenti (che erano poi restituiti al dat lavoro), i pagamenti in favore di società comunque inesistenti per il fisco riportati come pluriennali a fronte di lavori mai eseguiti e in un caso comunque non pagati.
Il quinto motivo è aspecifico perché la Corte di appello, a differenza di quanto si ass in ricorso, offre motivazione adeguata in ordine al profilo del danno per il quale vi condanna generica in primo grado, dando, anzi, conto, attraverso la motivazione svolta
proprio della sussistenza di quel danno potenziale che la difesa ha ritenuto non oggett valutazione, avendo fatto riferimento – sia pure nel valutare la congruità della provvision all’entità delle somme sottratte dalle casse sociali.
Del tutto privo di rilievo, e di interesse, è infine il sesto motivo tenuto cont Corte di appello si limita a riportare il calcolo effettuato dal Tribunale e che, di là di errori materiali nel descriverlo, non è giunta ad alcuna modifica del trattamento sanziona in precedenza determinato dal primo giudice, tant’è che conferma in toto la sentenza di primo grado; sicché non può in alcun modo ritenersi intervenuta quella reformatio in peius argomentata col motivo in scrutinio che si appalesa in definitiva inammissibile, oltre ch manifesta infondatezza, anche perché non supportato da un effettivo interesse.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata d profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore del cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 4/12/2023.