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Amministratore di fatto: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha confermato una condanna per bancarotta e appropriazione indebita, rigettando il ricorso di un imputato. La decisione chiarisce che per essere qualificato come amministratore di fatto non è necessario esercitare tutti i poteri gestori, ma è sufficiente un’attività manageriale significativa e continuativa, che dimostri un inserimento organico nella società. La Corte ha ribadito di non poter riesaminare nel merito le prove, confermando la valutazione logica e corretta del giudice precedente, basata su dichiarazioni testimoniali.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Amministratore di Fatto: Quando si Risponde dei Reati Societari?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sulla figura dell’amministratore di fatto e sulle connesse responsabilità penali in caso di reati societari come la bancarotta. La pronuncia ribadisce un principio consolidato: non è la carica formale a determinare la responsabilità, ma l’effettivo esercizio di poteri gestori all’interno dell’azienda. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne la portata.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato in appello per i reati di bancarotta e appropriazione indebita. La difesa sosteneva l’erroneità della sentenza, chiedendo una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione dei fatti. Secondo il ricorrente, non vi erano elementi sufficienti per attribuirgli la qualifica di gestore di fatto della società fallita, posizione che avrebbe invece dovuto essere esclusa.

La Qualifica di Amministratore di Fatto secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire i criteri per identificare un amministratore di fatto. I giudici hanno specificato che il ruolo di gestore di fatto non richiede l’esercizio di tutti i poteri tipici dell’organo amministrativo. Ciò che conta è lo svolgimento di un’attività gestoria o co-gestoria che sia:

* Significativa e continua: non deve trattarsi di interventi sporadici o occasionali.
Inserita organicamente: l’attività deve fornire indici sintomatici di un inserimento stabile del soggetto nell’assetto societario, qualificandolo come intraneus*.

In sostanza, chiunque influenzi in modo sistematico e decisivo le scelte strategiche e operative dell’impresa può essere considerato un amministratore di fatto, anche se formalmente privo di cariche.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello immune da vizi logici e giuridici. I giudici di merito avevano correttamente basato il loro convincimento su prove concrete, come le dichiarazioni testimoniali. In particolare, era emerso che l’amministratore di diritto (quello formalmente in carica) era in realtà un mero ‘prestanome’, mentre il ricorrente era la figura che effettivamente dirigeva la società.

La Cassazione ha sottolineato che il suo ruolo non è quello di sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito. Il compito della Corte, in sede di legittimità, è verificare la coerenza logica e la corretta applicazione della legge, non rimettere in discussione l’attendibilità di un testimone o la persuasività di una prova. Essendo la motivazione della corte territoriale completa e logica, il ricorso non poteva che essere respinto.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale del diritto penale societario: la responsabilità penale segue l’effettivo potere decisionale. Chi gestisce un’impresa ‘dietro le quinte’, utilizzando un prestanome per schermarsi, non può sottrarsi alle conseguenze delle proprie azioni. La decisione serve da monito: per la legge, conta chi agisce, non chi appare. Per le imprese e i professionisti, ciò significa che la valutazione delle responsabilità deve sempre guardare alla sostanza dei rapporti di gestione, al di là delle formalità.

Cosa si intende per amministratore di fatto?
Per amministratore di fatto si intende una persona che, pur senza una nomina formale, esercita in modo significativo e continuo poteri di gestione all’interno di una società, diventando un punto di riferimento organico nella sua struttura.

Per essere considerati amministratori di fatto è necessario esercitare tutti i poteri di gestione?
No, secondo la giurisprudenza consolidata richiamata dalla Corte, non è necessario l’esercizio di tutti i poteri. È sufficiente un’attività gestoria o cogestoria, anche in specifici settori, purché sia significativa, continua e non episodica.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità. Il suo ruolo non è quello di condurre una nuova valutazione delle prove o di ricostruire diversamente i fatti, ma di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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