Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26869 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26869 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Salerno il 13/06/1961
COGNOME NOME nata a Roma il 14/07/1973
avverso la sentenza del 06/02/2025 della Corte d’appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udita la requisitoria del l’Avvocato Generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito per la parte civile costituita l’a vv. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi, riportandosi alla comparsa conclusione depositata, e la liquidazione delle spese;
udito per i ricorrenti l’avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Roma ha confermato la pronuncia di condanna di primo grado dei ricorrenti per i delitti di bancarotta fraudolenta e documentale, commessi nella veste di amministratori di fatto della RAGIONE_SOCIALE
In particolare, secondo il capo di imputazione, ritenuto dalle decisioni di merito, il COGNOME e la COGNOME, al fine di arrecare pregiudizio ai creditori, falsificavano le scritture contabili obbligatorie per ostacolare la ricostruzione delle operazioni distrattive e distraevano crediti verso soci per euro 21.100, crediti verso clienti per euro 105.227, partecipazioni controllate per euro 500 e crediti verso controllante per euro 6.211.
Gli imputati hanno proposto ricorsi per cassazione, con il comune difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME affidandosi a quattro motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi entro i limiti strettamente necessari per la decisione.
2.1. Con il primo il solo COGNOME contesta violazione dell’art. 2639 cod. civ., del quale si sarebbe dovuto tener conto nell’applicazione degli artt. 216, comma 1, n. 1) e n. 2), e 219, comma 2, n. 2), l. fall., e vizio di motivazione, assumendo la carenza degli indici per ritenere integrata la qualifica di amministratore di fatto.
A fondamento della censura lamenta, infatti, che a detta conclusione le decisioni di merito sono pervenute solo sulla scorta delle dichiarazioni di alcune lavoratrici, le quali avevano riferito di essere state assunte nella cooperativa dal COGNOME, che aveva dato loro inizialmente anche le direttive sui lavori da svolgere (per poi essere in seguito sostituito dalla COGNOME) e di altre lavoratrici, le quali avevano affermato che gli aveva un ruolo di vertice nella fallita.
Deduce che, tuttavia, non era stato considerato che, come era emerso nel corso del dibattimento e dalle stesse emergenze istruttorie richiamate ai fini della decisione e da altre prove dichiarative, la sua presenza nella cooperativa, con un ruolo all’apparenza apicale, era giustificata dalla partecipazione a riunioni, talvolta alla presenza dei dipendenti, dovute al suo differente ruolo di Presidente del Consorzio del quale la cooperativa stessa faceva parte e che assegnava a questa i lavori a propria volta oggetto di appalto.
2.2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano manifesta illogicità della motivazione laddove non è stata vagliata la ricostruzione alternativa rispetto al contestato e ritenuto delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Assumono, al riguardo, che: era stata rettificata , in conformità ai criteri dell’OIC , una posta attiva derivante da una sovrafatturazione nei confronti del Consorzio correlata a un mero errore contabile; il credito d ell’importo di euro 21.000,00 nei confronti dei soci, fondato sulla circostanza che la RAGIONE_SOCIALE non chiedeva ai lavoratori al momento dell’assunzio ne il versamento della quota di partecipazione per poterne favorire l’ inserimento nel mercato del lavoro, non era recuperabile e quindi era stato inserito tra le sopravvenienze passive.
2.3. Mediante il terzo motivo gli imputati deducono, più in generale, che la correzione di una posta contabile, anche ove consti in un artificio che faccia apparire crediti esistenti in misura ridotta, non comporta una distrazione patrimoniale, per come riconosciuto nella stessa giurisprudenza di legittimità.
2.4. Con l’ultimo motivo i ricorrenti lamentano omessa motivazione sulla integrazione della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità ex art. 219 l.fall.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo di ricorso è fondato per quanto di seguito esposto.
1.1. Su un piano generale è opportuno ricordare che, come più volte affermato da questa Corte, la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’art. 2639 cod. civ., postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione. In particolare, la posizione dell’amministratore di fatto, destinatario delle norme incriminatrici della bancarotta fraudolenta, si traduce, in ambito processuale, nell’accertamento di elementi sintomatici di gestione o cogestione della società, risultanti dall’organico inserimento del soggetto, quale intraneus che svolge funzioni gerarchiche e direttive, in qualsiasi momento dell’ iter di organizzazione, produzione e commercializzazione dei beni e servizi – rapporti di lavoro con i dipendenti, rapporti materiali e negoziali con i finanziatori, fornitori e clienti – in ogni branca aziendale, produttiva, amministrativa, contrattuale, disciplinare. L’accertamento degli elementi sintomatici di tale gestione o cogestione societaria costituisce oggetto di apprezzamento di fatto che è insindacabile in sede di legittimità, se sostenuto da motivazione congrua e logica (tra le altre, Sez. 5 n. 35346 del 20/06/2013, COGNOME, Rv. 256534; Sez. 1, n. 18464 del 12/05/2006, COGNOME, Rv. 234254).
1.2. Le pronunce di merito, tuttavia, si sono limitate ad individuare lo svolgimento della carica di fatto in capo al Conforti fondandosi sulle dichiarazioni di alcune dipendenti che avevano riferito di aver fatto il colloquio con lui e che appariva avere un ruolo di vertice nella RAGIONE_SOCIALE.
Sennonché tale motivazione si palesa gravemente carente se si ha riguardo alla pacifica circostanza che l’imputato era il Presidente del Consorzio di cooperative delle quali la fallita faceva parte. Di qui, la prospettazione alternativa fondata, per l’appunto, sulla presenza del COGNOME nella cooperativa, anche nel corso di riunioni alle quali partecipavano i dipendenti della stessa, per espletare tale ruolo di coordinamento, non poteva ritenersi meramente congetturale come hanno fatto le decisioni di merito, vieppiù a fronte delle puntuali deduzioni, spiegate dalla difesa del ricorrente già avverso la pronuncia di primo grado e alle quali la Corte territoriale non ha fornito un’adeguata risposta, anche solo per confutarle.
In particolare, non è stato considerato che le dipendenti COGNOME (nelle sommarie informazioni acquisite con il consenso delle parti al fascicolo del dibattimento) e NOME COGNOME (almeno nelle sommarie informazioni, mentre in dibattimento aveva effettivamente fatto riferimento al COGNOME) hanno dichiarato di essere state assunte da tale NOME COGNOME. Soprattutto, non è stato chiarito, rispetto alla specifica censura formulata in sede di gravame, perché non siano stati vagliati i chiarimenti forniti dal teste COGNOME il quale ha riferito che talvolta il COGNOME era sì presente presso la sede della Cooperativa, ma per lo svolgimento di riunioni di coordinamento del Consorzio del quale era Presidente, Consorzio di cui la Cooperativa faceva parte e che ne era l’unico cliente (nel senso che distribuiva tra le Cooperative i propri appalti).
Inoltre, tutte le dipendenti hanno concordemente dichiarato di aver ricevuto direttive sullo svolgimento del rapporto di lavoro da NOME COGNOME: anche tale circostanza non è stata valorizzata nell’ascrivere il ruolo di amministratore di fatto anche all’imputato.
Il secondo e il terzo motivo, suscettibili di valutazione unitaria, sono parimenti fondati per le ragioni di seguito indicate.
2.1. Nella fattispecie in esame agli imputati è stato contestato di aver distratto crediti verso soci per l’importo di euro 21.100, crediti verso clienti per la somma di euro 105.227,00, partecipazioni in controllate per euro 500,00 e crediti verso controllate per euro 6.211,00, mediante un artifizio contabile, consistito nello stornare i medesimi a sopravvenienze passive.
Tale operazione, secondo la Corte territoriale, si sarebbe tradotta in una distrazione, costituita dall’annullamento di poste attive realmente esistenti, cui
sarebbe stata fornita ‘una sorta di copertura contabile per impedirne la rilevazione almeno ad un esame sommario’.
2.2. Tuttavia la decisione impugnata ha trascurato di considerare -fatta eccezione per l’importo di circa 11.000 euro che è stato oggetto di formale transazione con il Consorzio -che, come è stato già chiarito nella giurisprudenza di questa Corte, non integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale lo storno dall’attivo di poste contabili relative a crediti vantati nei confronti di altre società del gruppo e il trasferimento delle stesse nel conto “sopravvenienze passive” in quanto tale attività, in assenza di un formale atto di remissione del debito o di rinunzia ad esercitare i diritti sottostanti al credito, non si traduce in atto di disposizione patrimoniale, reale o simulato, da cui consegua la diminuzione, effettiva o apparente, della garanzia patrimoniale della fallita, rimanendo i crediti in questione parte integrante del patrimonio (Sez. 5, n. 11752 del 11/02/2020, COGNOME, Rv. 278930).
Alla stregua di quanto ulteriormente chiarito nella motivazione di tale decisione, nel solco della quale il collegio ritiene di porsi, infatti, proprio perché i crediti in questione rimangono parte integrante del patrimonio della fallita anche a fronte dell’operato artificio contabile, la curatela non ha perso per ciò solo la possibilità di riscuoterli (salvo a dimostrare la lesione della garanzia patrimoniale determinata dall’impossibilità di farlo per l’operare della prescrizione o per altre cause correlate al predetto artificio).
Lo spostamento dei crediti nel conto delle sopravvenienze passive, in sostanza, non ha ex se comportato un distacco degli stessi dal patrimonio in grado di integrare la ipotizzata distrazione, né un reale “azzeramento” del loro valore, eventualmente qualificabile come distruzione o dissipazione.
Inoltre, come è stato precisato dalla stessa sentenza ‘COGNOME‘, il fatto in esame neppure potrebbe essere ricondotto ad un occultamento della posta attiva, atteso che il verbo occultare, nel senso evocato dall’art. 216 legge fall., definisce sia il comportamento del fallito che nasconde materialmente i suoi beni in modo che il curatore non possa apprenderli, sia il comportamento del fallito che, mediante atti o contratti simulati, faccia apparire come non più suoi beni che continuano ad appartenergli, in modo da celare una situazione giuridica che consentirebbe di assoggettare detti beni all’azione esecutiva concorsuale ( ex multis , Sez. 5, n. 46921 del 15/11/2007, COGNOME, Rv. 237981; Sez. 5, n. 46692 del 03/10/2016, COGNOME, Rv. 268637).
Dovrà allora essere accertato dalla Corte di merito, nel solco dei principi richiamati, se sussista, o meno, altra fattispecie di reato correlata al fraudolento intervento sulle scritture contabili ovvero sul bilancio eventualmente rilevante ai
fini della configurabilità dei reati di bancarotta fraudolenta documentale o di bancarotta impropria da reato societario.
Il quarto motivo resta assorbito per l’accoglimento del precedente.
In definitiva la sentenza impugnata deve essere dunque annullata in relazione a COGNOME NOME con riguardo alla qualifica di amministratore di fatto e ad entrambi gli imputati limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale , con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.
Quanto alla bancarotta fraudolenta documentale, rispetto alla posizione di NOME COGNOME è invece ormai caduto il giudicato c.d. progressivo, in assenza di motivi di ricorso, sulla sussistenza del fatto e sulla responsabilità dell’imputata.
Le spese della parte civile, in ragione del disposto annullamento con rinvio, saranno liquidate al definitivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata in relazione a COGNOME NOME con riguardo alla qualifica di amministratore di fatto e ad entrambi gli imputati limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma;
Spese della parte civile a definitivo.
Così deciso in Roma il 9 luglio 2025