Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 37445 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 37445 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a ROSOLINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/11/2024 della Corte d’appello di Venezia Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 25 novembre 2024, la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Verona che aveva condannato a pena di giustizia COGNOME NOME per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva , ascritti nell’ambito di due procedimenti penali riuniti, commessi in qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dal 4 Febbraio 2014 al 9 febbraio 2015, e quale consigliere del Consiglio di Amministrazione, con delega ad operare sui conti correnti, della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE fallite rispettivamente in data 25 Marzo 2016 e il 26 maggio 2016.
Si contestava all’imputato , al capo 1), di avere distratto, nella qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ingenti somme di denaro, per un importo complessivo pari ad euro 376.945,96, ponendo in essere anticipi non dovuti agli amministratori e pagamenti per prestazioni inesistenti; al capo 2) si contestava di avere, nella qualità di consigliere del Consiglio di amministrazione, dal 29 maggio 2012 al 24 maggio 2014, della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, facente capo alla medesima suindicata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, distratto diverse somme di denaro, attraverso prelievi ingiustificati oltre che bonifici effettuati in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, la Corte territoriale, rilevava, con riferimento alla condotta distrattiva di cui al capo 1), che l’imputato aveva rivestito il ruolo di amministratore di diritto e l’insussistenza, comunque, di elementi da cui ritenere che non avesse avuto la minima consapevolezza delle attività illecite compiute dalla RAGIONE_SOCIALE per il tramite dell’amministratore di fatto, individuato nel coimputato COGNOME NOME, separatamente giudicato; il COGNOME era stato amministratore di diritto, dopo esserne stato consulente e consigliere, e, in tale qualità, era stato a piena conoscenza delle vicende svolte nel passato, oltre che nel periodo della sua carica formale, pur considerando il ruolo preminente dei coimputati COGNOME e COGNOME.
Relativamente alla condotta distrattiva contestata in danno della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (capo 2) , la Corte d’appello evidenziava che l’imputato era stato delegato ad operare sui conti della RAGIONE_SOCIALE, detenendone il bancomat, e che, nel periodo 2011-2014, risultavano eseguiti dal medesimo prelievo per complessivi euro 67.896,24, risultati privi di giustificazione.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso COGNOME NOME con atto a firma dei suoi difensori.
2.1. Con primo motivo denuncia violazione di norma penale in relazione all’art. 216 Legge fall. e vizio di motivazione. Deduce che la Corte territoriale non avrebbe considerato che, con sentenza emessa dal Tribunale di Roma, in data 16 Marzo 2021 , l’imputato è stato assolto dal reato di bancarotta fraudolenta contestato con riferimento alla RAGIONE_SOCIALE, legata alla medesima RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fallita, RAGIONE_SOCIALE, essendo stato ritenuto che tutte le cooperative convergenti nel consorzio siano state gestite integralmente dai due amministratori di fatto, COGNOME NOME e COGNOME NOME, avendo l’imputato assunto un ruolo di mero prestanome.
2.2. Con secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione all’art. 216 Legge fall. e vizio di motivazione, con riferimento al reato di cui al capo 1), deducendo l’insussistenza di un nesso di causalità tra il dissesto della RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE fallita ed il ruolo di amministratore unico rivestito dal ricorrente. Rileva che: COGNOME ha rivestito la carica di amministratore unico, per un solo anno dal 2014 al 2015, e che il fallimento è intervenuto, l’ anno successivo, nel 2016; la gestione concreta della RAGIONE_SOCIALE era stata curata dai coimputati COGNOME e COGNOME; non sarebbero state individuate le condotte poste in essere dall’imputato e che avrebbero contribuito al dissesto della RAGIONE_SOCIALE; il medesimo non era stato in grado di rendersi conto della illiceità delle condotte poste in essere dai suddetti COGNOME e COGNOME.
2.3. Con terzo motivo denuncia violazione di legge, in relazione all’art. 216 Legge fall., e vizio di motivazione con riferimento al reato di cui al capo 2), stante l’insussistenza di un nesso di causalità tra il dissesto della RAGIONE_SOCIALE fallita ed il ruolo di AVV_NOTAIO del Consiglio di amministrazione rivestito dall’imputato per il periodo maggio 2012-aprile 2014. Deduce che: il fallimento della RAGIONE_SOCIALE è intervenuto nel 2016, due anni dopo la cessazione dalla carica di consigliere da parte dell’imputato; che anche il COGNOME era autorizzato ad operare sui conti della RAGIONE_SOCIALE con firma disgiunta; che le distrazioni di denaro erano continuate anche dopo la cessazione della carica da parte de ll’ imputato; che COGNOME era stato il gestore di fatto di tutto il consorzio e mancava un nesso di causalità tra il ruolo di consigliere, la procura speciale ad operare in favore dell’imputato e l’attività di distrazione che aveva causato il dissesto.
2.4. Con quarto motivo denuncia, con riferimento ad entrambi i reati ascritti, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. Deduce che la Corte territoriale avrebbe mescolato i ruoli e desunto la prova del fatto che l’imputato sia stato a conoscenza delle condotte illecite, poste in essere dai veri amministratori, dalla qualifica di consulente della medesima RAGIONE_SOCIALE senza considerare che il ruolo di gestore di azienda e di consulente non sono affatto equiparabili; la sentenza del Tribunale di Roma, del 16 marzo 2021, che ha assolto l’imputato da analoga condotta distrattiva, contestata con riferimento ad altra RAGIONE_SOCIALE riconducibile alla medesima RAGIONE_SOCIALE fallita, aveva accertato che il medesimo era stato un dipendente (o consulente) che doveva sempre relazionarsi con il COGNOME e COGNOME; la prova della sua consapevolezza non poteva essere desunta dall’autorizzazione ad operare su un conto corrente di una specifica RAGIONE_SOCIALE, mancando la dimostrazione di una sua effettiva operatività e, comunque, trattandosi di condotta appannaggio dell’amministratore di diritto; l’imputato era stato amministratore di diritto per un solo anno, su quattordici anni di vita del consorzio e la sua responsabilità era stata costruita come una responsabilità da posizione sul presupposto che il medesimo non potesse non sapere cosa facevano gli amministratori di fatto ma senza elementi indicativi di un suo concreto ruolo
gestionale rispetto ad entrambe le RAGIONE_SOCIALE fallita; inoltre, rispetto alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, l’imputato era stato mero consigliere e non amministratore di diritto.
2.5. Con quinto motivo denuncia violazione di norma penale in relazione agli artt. 133, 62 bis e 69 cod.pen. e vizio di motivazione. Deduce che la Corte territoriale ha dato risalto a precedenti specifici dell’imputato senza considerare la loro risalenza nel tempo, tanto da essere stata esclusa la recidiva; che per alcuni dei precedenti reati era addirittura intervenuta declaratoria di estinzione, ai sensi dell’art. 445, comma due, cod. proc. pen; immotivatamente la recidiva, pur esclusa, era stata ritenuta elemento ostativo ad un bilanciamento, a regime di prevalenza, con le altre circostanze aggravanti contestate.
2.6. Con sesto motivo denuncia violazione degli artt. 20 bis cod. pen., 53 legge 689/1981, 545 bis cod. proc. pen. e vizio di motivazione per non avere la Corte d’appello spiegato le ragioni ostative all’accoglimento della richiesta di applicazione di sanzioni sostitutive, non essendo state considerate le circostanze dedotte dalla difesa relative ad un cambiamento di stile di vita e all’accudimento del genitore anziano da parte dell’imputato.
3.Il Sostituto Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Il primo motivo con cui la difesa deduce violazione dell’art. 216 Legge fall. e vizio di motivazione in relazione all’omessa considerazione delle circostanze emer se nell’ambito di altro procedimento penale, a carico del medesimo imputato, concluso con sentenza assolutoria del Tribunale di Roma del 16 marzo 2021, è infondato.
Va ricordato che, secondo l’insegnamento di questa Corte, i n tema di sentenze irrevocabili acquisite ai fini di prova del fatto in esse accertato, in assenza di pregiudizialità penale e fermo restando l’obbligo motivazionale vigente in presenza di un giudicato assolutorio per il medesimo fatto, la differenza tra le acquisizioni processuali di un procedimento già definito e di altro in corso può condurre il giudice di merito a epiloghi diversi, in ciò consistendo il richiamo operato dall’art. 238-bis cod. proc. pen. alle regole interpretative fissate dagli artt. 187 e 192, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 38184 del 06/07/2022, Rv. 283904 -05). Deve, altresì, considerarsi che le sentenze divenute irrevocabili, acquisite ai sensi dell’art. 238-bis cod. proc. pen., costituiscono prova dei fatti considerati come eventi storici, mentre le dichiarazioni in esse riportate restano sottoposte al regime di utilizzabilità nel diverso procedimento previsto dall’art. 238, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 41766 del 13/06/2017, Rv. 271096 -01).
Nella fattispecie in esame, l ‘intervenuta assoluzione dell’imputato , nell’ambito del suindicato procedimento penale definito dinanzi il Tribunale di Roma, è stata correttamente ritenuta irrilevante dalla Corte territoriale, ai fini della definizione del presente procedimento, in coerenza con i criteri ricavabili dalle superiori indicazioni ermeneutiche, in quanto relativa a fatti comunque diversi, concernenti, in ipotesi accusatoria, l’assunzione di condotte distrattive poste in essere nell’ambito di diversa RAGIONE_SOCIALE, pur riconducibile alla medesima RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fallita, RAGIONE_SOCIALE.
La conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale costituisce frutto di una valutazione di merito che non appare suscettibile di diversa valutazione in questa sede, stante l ‘ autonomia dei due giudizi e la diversità delle condotte per come ricostruite sulla base di indagini diverse.
2.Il secondo motivo e terzo motivo, che si esaminano congiuntamente per evitare ripetizioni, sono infondati.
La difesa deduce, con riferimento al reato di cui al capo 1), che le condotte poste in essere dall’imputato non avrebbero avuto alcun nesso causale rispetto al dissesto della RAGIONE_SOCIALE fallita, in quanto il suddetto ha rivestito, solo formalmente, la carica di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE fallita RAGIONE_SOCIALE per un solo anno e la gestione concreta sarebbe stata effettuata da COGNOME e COGNOME.
Anche con riferimento al reato di cui al capo 2), deduce l’insussistenza di un nesso di causalità tra il dissesto della RAGIONE_SOCIALE fallita e la condotta dell’imputato, posta in essere nella qualità di consigliere del Consiglio di amministrazione, rivestita per il periodo maggio 2012-aprile 2014, rilevando, peraltro, che il fallimento della RAGIONE_SOCIALE è intervenuto nel 2016, due anni dopo la cessazione della carica.
2.1. Le censure proposte, peraltro inedite rispetto alle doglianze introdotte attraverso i motivi di appello, sono infondate. Occorre, a tale proposito, ribadirsi l’e rroneità di una ricostruzione della fattispecie in esame come reato in cui il fallimento o il dissesto giochino il ruolo di evento del reato, rispetto al quale, dunque, cercare la prova del nesso di causalità (o di concausalità) e della copertura dell’elemento psicologico, in termini di previsione e volontà.
S econdo l’insegnamento di questa Corte, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è sufficiente il compimento di atti di distrazione (o dissipazione, occultamento, distruzione) di beni societari, atti tali da creare pericolo concreto per le ragioni creditorie, a prescindere dalla circostanza che abbiano prodotto il fallimento, essendo sufficiente che questo sia effettivamente intervenuto.
Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare vede la condotta perfezionarsi quando l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’RAGIONE_SOCIALE, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività, mentre la dichiarazione di fallimento non è collegata eziologicamente con la condotta dell’agente, rimanendo anche estranea al coefficiente soggettivo che anima quest’ultimo (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266804; Sez. 5, n. 21920 del 15/03/2018, COGNOME e altro, Rv. 273189, in motivazione; Sez. 5, n. 53184 del 12/10/2017, COGNOME , Rv. 271590; Sez. 5, n. 13910 del 08/02/2017, COGNOME, Rv. 269389; Sez. 5, n. 4400 del 06/10/2017, dep. 2018, COGNOME e altri, Rv. 272256; Sez. 5, Sez. 5, n. 992 del 17/05/2016, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271920); l’agente deve solo prefigurarsi la probabile idoneità della sua condotta ad incidere negativamente sulla consistenza della garanzia patrimoniale a disposizione dei creditori, senza prevedere né volere il dissesto e men che meno il fallimento (oltre alle sentenze COGNOME e COGNOME, cfr., tra le altre, Sez. 5, n. 47616 del 17/07/2014, COGNOME, Rv 261683; Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014, COGNOME ed altri, Rv. 261942; Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014, COGNOME, Rv. 262741).
La natura di reato di pericolo del delitto di cui si discute rende, inoltre, del tutto irrilevante ai fini della sua configurabilità, sotto il profilo dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato, l’assenza di un danno per i creditori (cfr. Sez. 5, n. 13382 del 03/11/2020, Rv. 281031).
2.2. Nella fattispecie in esame, non è revocabile in dubbio che le condotte poste in essere dal ricorrente abbiano integrato una concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’RAGIONE_SOCIALE, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, trattandosi di operazioni, come evidenziato con logico argomentare dai giudici di merito, tutte dirette a distaccare dal patrimonio sociale ingenti somme, in modo ingiustificato, senza immettervi il corrispettivo e senza alcun utile, così da impedirne l’apprensione da parte degli organi fallimentari e causare un depauperamento del patrimonio sociale, in pregiudizio dei creditori.
In particolare, con riferimento al capo 1) , è stato accertato che l’imputato, dal 5 Febbraio 2014 al 20 gennaio 2015, nella qualità di amministratore unico della fallita, RAGIONE_SOCIALE, ha realizzato prelievi per un ammontare complessivo pari ad euro 376.945,96, privi di alcuna giustificazione.
Rispetto al capo 2), la sentenza impugnata ha sottolineato che l’imputato, nella qualità di componente del Consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in quanto delegato ad operare sul conto sociale, ha effettuato personalmente prelievi ingiustificati per un ammontare pari ad euro 67.896,24, alla data di cessazione della carica.
La motivazione resa è, pertanto, priva di vizi di manifesta illogicità e non ricorre il denunciato vizio di motivazione risultando avere effettuato la Corte territoriale- con motivazione conforme a quella di primo grado e destinata ad integrarsi ad essa ( Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, dep. 2020, Acampa, Rv. 278611; Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, COGNOME, Rv. 209145) -una adeguata valutazione sulla base di una esaustiva lettura dei dati acquisiti sottolineando l ‘ irriducibile estraneità del fatto distrattivo rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, capace di dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’RAGIONE_SOCIALE, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa ( Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763)
3.È infondato il quarto motivo con cui si deduce, sotto il profilo di violazione di l egge e di vizio di motivazione, l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
La difesa ripropone censure già sviluppate in appello, legate alla deduzione che l’imputato avrebbe svolto il ruolo di amministratore di diritto della RAGIONE_SOCIALE fallita solo in via formale (quanto alla distrazione in danno di RAGIONE_SOCIALE) e quale mero componente del Consiglio di amministrazione (quanto alla distrazione in danno della RAGIONE_SOCIALE). Le doglianze svolte – legate alla sottolineatura della mancanza di un potere gestorio decisionale in capo al ricorrente – sono reiterative ed infondate in quanto radicate su una valutazione segmentata delle condotte accertate e a prescindere dalla diversa chiave di lettura unitaria fatta propria dai giudici di merito, ispirata a criteri di logicità.
I giudici di merito, con motivazione ispirata ad un adeguato percorso logico-argomentativo e priva di vizi censurabili in questa sede, hanno, invero, sottolineato, con riferimento al capo 1), che l’imputato, oltre ad avere assunto il ruolo di amministratore di diritto ( dal febbraio 2014 al febbraio 2015) aveva svolto l’attività di consulenza per la RAGIONE_SOCIALE per tanti anni, essendo stato anche consigliere del Consiglio di amministrazione dal Febbraio 2012, e che aveva, pertanto, avuto conoscenza della situazione prefallimentare; inoltre, è stata valorizzata, a sostegno della ritenuta sussistenza di un ruolo effettivo e non solo formale, la sottoscrizione, da parte del medesimo, di un documento di manleva in favore d ell’amministratore di altra RAGIONE_SOCIALE facente capo alla medesima RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con cui la RAGIONE_SOCIALE fallita si impegnava a risarcirlo nell’ipotesi di condanna per reati commessi nell’attività di legale rappresentante della medesima RAGIONE_SOCIALE consorziata.
È stato, pertanto, ritenuto, senza illogicità, che l’imputato non sia stato all’oscuro delle vicende societarie, avendo avuto consapevolezza delle attività
illecite compiute tramite l’amministratore di fatto, in ragione del suo inserimento «nella galassia di RAGIONE_SOCIALE facenti capo a COGNOME NOME» oltre che della «pressoché contemporanea assunzione delle cariche di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE e di AVV_NOTAIO del CdA della RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE peraltro fallite a soli due mesi di distanza l’una dall’altra»( pag.6) .
Le superiori circostanze hanno fatto ritenere sussistente non una generica consapevolezza, ma una condivisione da parte di entrambi gli amministratori, di diritto e di fatto, del disegno criminoso volto alla spoliazione del patrimonio della RAGIONE_SOCIALE fallita e la sentenza impugnata, con motivazione esente da illogicità e aderente alla ricostruzione fattuale della condotta, ha evidenziato che l’imputato sia per i doveri di vigilanza gravanti sull’amministratore, rilevanti ai sensi dell’art. 40 cod. pen., sia per le concrete conoscenze acquisite rispetto alle dinamiche societarie – oggetto di accertamento di merito solo genericamente contestato in ricorso e comunque privo di profili di illogicità – ha consapevolmente partecipato alla distrazione ascrittagli.
La Corte territoriale ha fatto buon governo del costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, pur non essendo ricavabile la prova del dolo dal mero fatto che il soggetto abbia accettato di ricoprire formalmente la carica di amministratore, l’amministratore di diritto risponde unitamente all’amministratore di fatto, per non avere impedito l’evento che aveva l’obbligo di impedire, essendo sufficiente, sotto il profilo soggettivo, la generica consapevolezza che l’amministratore effettivo distragga, occulti, dissimuli, distrugga o dissipi i beni sociali ( pur non desumibile dal solo fatto che il soggetto abbia accettato di ricoprire formalmente la carica di amministratore, Sez. 5, Sentenza n. 7332 del 07/01/2015, Rv. 262767); inoltre, non è necessario che tale consapevolezza sia riferita alle singole operazioni, occorrendo fare riferimento complessivo alle attività illecite compiute dalla RAGIONE_SOCIALE per il tramite dell’amministratore di fatto ( Sez. 5, n. 32413 del 24/09/2020, Rv. 279831 -01).
Anche relativamente al capo 2), con riferimento alla condotta distrattiva in danno della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, è stato evidenziato che l’imputato, nella qualità di componente del Consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in quanto delegato ad operare sul conto sociale, ha effettuato personalmente prelievi per un ammontare pari ad euro 67.896,24, alla data di cessazione della carica; il medesimo, inoltre, ha partecipato alla costituzione della RAGIONE_SOCIALE nel maggio 2012; è stato componente dal consiglio di amministrazione fino all’aprile 2014, quando è subentrato come amministratore unico il fratello COGNOME NOME.
Con motivazione logica, ed immune da aporie, è stato considerato che la delega ad operare sul conto della RAGIONE_SOCIALE, e l’esecuzione di reiterati prelievi
ingiustificati ricollegabili materialmente all’operato dell’imputato ( per il superiore importo), costituiscano elementi idonei a fare ritenere che il medesimo abbia agito come «attore comprimario» ( pag.8 della sentenza impugnata) nelle azioni distrattive, in concorso con COGNOME NOME (separatamente giudicato), e non come mero esecutore di direttive altrui, come prospettato dalla difesa.
La difesa propone una lettura isolata della condotta posta in essere omettendo di considerare il complessivo ed effettivo ruolo assunto dal ricorrente all’interno delle due RAGIONE_SOCIALE fallite, avendone ricoperto, per il medesimo arco temporale, il ruolo di amministratore unico e di componente del Consiglio di amministrazione, e che le stesse -risultate, peraltro, al centro di una verifica della Guarda di Finanza che ha evidenziato un giro di fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE verso cooperative socie per costi fittizi e prestazioni inesistenti ( pag.6 della sentenza di primo grado)- sono state dichiarate fallite con sentenza intervenuta a distanza di pochi mesi l’u n a dall’altra .
La doglianza difensiva minimizza, inoltre, il ruolo assunto dal ricorrente e non tiene conto dell’insegnamento espresso da questa Corte secondo cui anche l’assunzione della posizione di AVV_NOTAIO del Consiglio di amministrazione di una RAGIONE_SOCIALE di capitali comporta l’assunzione dei doveri di vigilanza e di controllo di cui all’art. 2932 cod. civ. (Sez. 5, n. 4791 del 29/10/2015, dep. 2016, Rv. 265802 -01; Sez. 5, n. 31885 del 23/06/2009, COGNOME e altro, Rv. 244497; Sez. 5, n. 9736 del 10/02/2009, Rv. 243023 -01).
4.È manifestamente infondato il quinto motivo con cui la difesa deduce vizio di motivazione in relazione alle determinazioni concernenti il trattamento sanzionatorio ed al mancato riconoscimento in particolare, del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alle aggravanti contestate.
Il giudice, nel formulare il giudizio di equivalenza o di prevalenza delle aggravanti, può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente e atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente. (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02). Orbene, le valutazioni contenute nella sentenza impugnata, e nella sentenza di primo grado, che hanno fatto leva sulla entità del danno arrecato oltre che sulla reiterazione della condotta nell’ambito di due diverse compagini, anche se concise, non possono dirsi apparenti o insufficienti e le doglianze articolate risultano generiche.
5 .È inammissibile l’ultimo motivo con cui la difesa si duole della mancata applicazione di sanzione sostitutiva della pena detentiva. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte – che va ribadito anche a seguito delle modifiche apportate all’istituto dalla c.d. riforma Cartabia – la richiesta di sostituzione della pena detentiva avanzata dall’imputato è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in considerazione, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato (Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558; Sez. 2, n. 25085 del 18/06/2010, COGNOME, Rv. 247853; Sez. 2, n. 5989 del 22/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239494), pur senza dover esaminare tutti i parametri contemplati nella suddetta previsione, potendo la discrezionalità essere esercitata motivando sugli aspetti ritenuti decisivi in proposito, quali l’inefficacia della sanzione (Sez. 5, n. 10941 del 26/01/2011, Orabona, Rv. 249717). Nella fattispecie in esame la Corte territoriale con motivazione sintetica, ma efficace, ha richiamato i precedenti penali specifici dell’imputato, pur risalenti, e ritenuto indimostrate le circostanze di fatto addotte dalla difesa. In particolare, la doglianza difensiva non si confronta con la reale ragione del rigetto della richiesta avendo omesso di considerare che la Corte di appello si è limitata a ritenere non accoglibile la richiesta di sostituzione della pena detentiva per la mancata dimostrazione delle circostanze addotte dalla difesa (con riferimento al presunto cambiamento di vita, allo svolgimento di stabile lavoro e all’accudimento del genitore anziano) e non per una ritenuta astratta loro inidoneità.
La censura della difesa appare priva, pertanto, della capacità di evidenziare un vulnus motivazionale, suscettibile di rilievo in questa sede.
7.In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così è deciso, 18/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME