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Alimenti mal conservati: basta la detenzione?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22632/2025, ha annullato l’assoluzione di un ristoratore accusato di aver conservato alimenti in cattivo stato. La Corte ha stabilito che la semplice presenza di alimenti mal conservati all’interno dei locali dell’esercizio commerciale, inclusi i magazzini, è sufficiente per configurare il reato, a prescindere dal fatto che fossero o meno destinati alla vendita immediata. Il principio tutelato è l’affidamento del consumatore e l’ordine alimentare generale.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Alimenti mal conservati: la detenzione in magazzino è reato?

La gestione di un’attività di ristorazione impone un’attenzione costante alla qualità e alla conservazione dei prodotti. Ma cosa succede se durante un controllo vengono trovati alimenti mal conservati non sul bancone di vendita, ma in un frigorifero nel magazzino? La semplice detenzione è sufficiente per commettere un reato? La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha fornito una risposta chiara e rigorosa, annullando l’assoluzione di un ristoratore e stabilendo un principio fondamentale per tutti gli operatori del settore.

I Fatti del Caso

Il titolare di un esercizio di somministrazione di cibi e bevande veniva assolto in primo grado dall’accusa di aver detenuto alimenti in cattivo stato di conservazione. Durante un’ispezione, infatti, erano stati rinvenuti circa 2 kg di pomodori marcescenti e altre confezioni di generi alimentari in pessimo stato all’interno di un frigorifero/congelatore situato nel magazzino, un locale distinto da quello di vendita. Il giudice di primo grado aveva motivato l’assoluzione sostenendo che mancava la prova della destinazione di tali prodotti alla vendita, dato che nel locale accessibile al pubblico era presente un altro frigorifero con alimenti perfettamente conservati.

Il Procuratore della Repubblica, non condividendo questa interpretazione, presentava ricorso in Cassazione, sostenendo che la detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione all’interno dei locali dell’esercizio, anche se in un’area non direttamente accessibile ai clienti, configurasse comunque la contravvenzione contestata.

La questione giuridica degli alimenti mal conservati

Il nodo centrale della questione era stabilire se, per la configurazione del reato previsto dall’art. 5 della L. 283/1962, fosse necessaria la prova della destinazione alla vendita degli alimenti o se la loro mera presenza all’interno del perimetro dell’attività commerciale fosse di per sé sufficiente. In altre parole, la legge punisce solo l’atto di mettere in commercio un prodotto non idoneo o anche la condotta negligente di conservarlo in modo scorretto, indipendentemente dalla sua collocazione?

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore, offrendo un’analisi approfondita della normativa e dei principi che la governano. Il Collegio ha chiarito che il bene giuridico tutelato non è solo la salute del singolo consumatore che potrebbe acquistare il prodotto, ma un concetto più ampio: l’“ordine alimentare”. Questo principio si fonda sull’affidamento che ogni cittadino ripone nel fatto che l’intera filiera alimentare rispetti i requisiti di igiene e sicurezza stabiliti dalla legge.

La Corte ha stabilito i seguenti punti chiave:

1. Irrilevanza della collocazione: Il reato si configura con la semplice presenza di prodotti alimentari in cattivo stato di conservazione nelle pertinenze di un esercizio pubblico (cucine, dispense, magazzini). Non è necessario che siano esposti sul bancone di vendita. La mera “materiale disponibilità” da parte dell’operatore è sufficiente.
2. Posizione di Garanzia: L’operatore del settore alimentare riveste una “posizione di garanzia”. Ciò significa che ha l’obbligo legale di assicurare che tutti i prodotti presenti nella sua attività siano conformi alle normative igienico-sanitarie. La presenza di alimenti avariati costituisce una violazione di questo dovere, anche se dovuta a mera negligenza.
3. Rischio di Confusione: La detenzione di cibi non idonei, anche in un’area di stoccaggio, crea il rischio concreto che questi, per errore o distrazione, possano essere utilizzati, preparati o somministrati ai clienti. La legge interviene per prevenire questo rischio, senza attendere che il danno si concretizzi.
4. Reato di Danno all’Ordine Alimentare: La Corte qualifica la contravvenzione come un reato di danno, non tanto alla salute (che potrebbe non essere lesa), quanto all’interesse del consumatore a ricevere un prodotto trattato secondo le regole. Viene lesa la fiducia che il sistema sia sicuro.

La presenza di un altro frigorifero con prodotti in buono stato è stata considerata un elemento irrilevante. Gli alimenti non conformi avrebbero dovuto essere confinati in un’area apposita, chiaramente destinata allo smaltimento, e non conservati in modo promiscuo con altri prodotti, anche se in un frigorifero diverso.

Le conclusioni

La sentenza rafforza un’interpretazione rigorosa della normativa a tutela della sicurezza alimentare. Per i titolari di ristoranti, bar, negozi di alimentari e qualsiasi altra attività del settore, il messaggio è inequivocabile: la responsabilità sulla corretta conservazione dei prodotti si estende a ogni angolo dei locali commerciali. Non è ammessa alcuna tolleranza per gli alimenti mal conservati, indipendentemente dalla loro collocazione o da una presunta assenza di intenzione di venderli. La gestione dei prodotti non più idonei al consumo deve seguire procedure rigorose di separazione e smaltimento per evitare di incorrere in pesanti sanzioni penali. La tutela della fiducia del consumatore è un dovere che non ammette eccezioni.

È reato conservare alimenti in cattivo stato in un magazzino, separati da quelli destinati alla vendita?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la semplice presenza di alimenti mal conservati in qualsiasi area di un esercizio commerciale, compresi i magazzini e le dispense, è sufficiente per integrare la contravvenzione, poiché viola il dovere di garanzia dell’operatore e l’ordine alimentare.

Per essere condannati, è necessario provare che il ristoratore voleva vendere gli alimenti avariati?
No. La sentenza chiarisce che l’intenzione di vendere il prodotto non è un elemento necessario del reato. La responsabilità penale sorge dalla mera detenzione e dalla materiale disponibilità del cibo non conforme, in quanto ciò crea un rischio per la sicurezza alimentare e lede la fiducia del consumatore.

Avere un frigorifero separato con prodotti perfettamente conservati per i clienti è una difesa valida?
No. La Corte ha ritenuto irrilevante la presenza di altri alimenti ben conservati. La normativa impone che tutti i prodotti all’interno dell’attività siano idonei al consumo. Gli alimenti avariati devono essere gestiti come rifiuti, confinandoli in aree dedicate e non semplicemente tenendoli in un frigorifero separato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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