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Aggravamento Misure Cautelari: il nuovo reato basta

Un individuo soggetto all’obbligo di dimora viene arrestato per un nuovo reato di spaccio, commesso però all’interno del comune designato. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33588/2024, ha confermato la legittimità dell’aggravamento delle misure cautelari, passando agli arresti domiciliari. La Corte ha chiarito che, anche in assenza di una violazione formale delle prescrizioni (l’imputato non ha lasciato il comune), la commissione di un nuovo grave reato dimostra di per sé un’accresciuta pericolosità sociale e l’inadeguatezza della misura originaria, giustificando un inasprimento ai sensi dell’art. 299, comma 4, cod. proc. pen.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aggravamento Misure Cautelari: Nuovo Reato Giustifica l’Inasprimento

L’aggravamento misure cautelari rappresenta un tema cruciale nel diritto processuale penale, poiché bilancia la libertà personale dell’individuo con le esigenze di sicurezza della collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 33588 del 2024, offre un importante chiarimento: la commissione di un nuovo reato da parte di chi è già sottoposto a una misura cautelare può giustificare un inasprimento della stessa, anche se le prescrizioni della misura originaria non sono state formalmente violate.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di Cosenza per reati legati agli stupefacenti e al possesso illegale di un’arma. Durante il periodo di applicazione di tale misura, la persona viene trovata in possesso di 54 grammi di hashish e di un bilancino di precisione, venendo arrestata in flagranza di reato.

È fondamentale notare che il nuovo reato è stato commesso all’interno del territorio del comune di Cosenza, lo stesso in cui l’individuo aveva l’obbligo di rimanere.

La Richiesta di Aggravamento Misure Cautelari

La Procura della Repubblica, a seguito del nuovo arresto, ha richiesto l’aggravamento delle misure cautelari, chiedendo l’applicazione della custodia in carcere. La richiesta si basava su due presupposti: la violazione delle prescrizioni imposte dalla misura dell’obbligo di dimora (ai sensi dell’art. 276 del codice di procedura penale) e la manifesta proclività a delinquere del soggetto, che rendeva la misura in atto palesemente inadeguata.

Il Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.) ha rigettato la richiesta, sostenendo che non vi fosse stata alcuna violazione, dato che i nuovi fatti si erano verificati nel comune di dimora obbligatoria. La Procura ha quindi appellato questa decisione al Tribunale del Riesame, che ha riformato l’ordinanza, disponendo gli arresti domiciliari. Secondo il Tribunale, pur non essendoci una violazione formale, la commissione di un nuovo grave reato dimostrava un aggravamento delle esigenze cautelari ai sensi dell’art. 299, comma 4, del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale del Riesame avesse erroneamente mutato il fondamento giuridico della richiesta, passando dalla violazione delle prescrizioni (art. 276 c.p.p.) all’aggravamento delle esigenze (art. 299 c.p.p.).

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e confermando la decisione del Tribunale del Riesame.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito un principio fondamentale: la richiesta di aggravamento delle misure cautelari presentata dalla Procura era fondata non solo sulla presunta violazione delle prescrizioni, ma anche e soprattutto sulla pericolosità dimostrata dal ricorrente. La commissione di un nuovo reato, di per sé, costituisce una modificazione peggiorativa dei fatti su cui si basava la valutazione originaria.

Il Collegio ha spiegato che il Tribunale del Riesame ha agito correttamente. Pur riconoscendo l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 276 c.p.p. (mancata violazione formale), ha correttamente individuato la sussistenza di quelli previsti dall’art. 299 c.p.p. Quest’ultimo articolo consente al giudice di sostituire o cumulare una misura cautelare quando le esigenze cautelari si aggravano.

La commissione di un nuovo reato durante l’applicazione di una misura è la prova più evidente di questo aggravamento. Dimostra che la misura precedente è inefficace a contenere la pericolosità sociale dell’individuo e a prevenire la recidiva. Pertanto, il giudice ha il potere e il dovere di adeguare lo status libertatis dell’indagato alle nuove circostanze fattuali, a prescindere dal comportamento specifico tenuto in relazione alla cautela già imposta.

Le Conclusioni

La sentenza n. 33588/2024 consolida un importante orientamento giurisprudenziale. L’aggravamento delle misure cautelari non è legato esclusivamente a una trasgressione diretta delle regole imposte (come allontanarsi dal comune di dimora). La valutazione del giudice deve essere più ampia e focalizzarsi sulla persistenza e sull’intensificarsi della pericolosità del soggetto. La commissione di un nuovo delitto è un sintomo inequivocabile di tale pericolosità e giustifica pienamente l’applicazione di una misura più afflittiva per tutelare la collettività. Questa decisione ribadisce che il sistema delle misure cautelari è dinamico e deve adattarsi all’evoluzione della situazione processuale e personale dell’imputato.

Commettere un nuovo reato durante l’obbligo di dimora costituisce sempre una violazione delle prescrizioni?
No. Secondo la sentenza, se il nuovo reato viene commesso all’interno del comune in cui è stato imposto l’obbligo di dimora, non si configura una violazione tecnica delle prescrizioni ai sensi dell’art. 276 del codice di procedura penale, poiché l’imputato non si è allontanato dal luogo designato.

È possibile disporre l’aggravamento di una misura cautelare anche senza una violazione formale delle prescrizioni?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la commissione di un nuovo reato, anche in assenza di una violazione delle prescrizioni, dimostra un aggravamento delle esigenze cautelari. Questo giustifica l’applicazione di una misura più severa, come gli arresti domiciliari, ai sensi dell’art. 299, comma 4, del codice di procedura penale.

Qual è la differenza tra l’aggravamento per violazione (art. 276 c.p.p.) e quello per nuove esigenze cautelari (art. 299 c.p.p.)?
L’art. 276 c.p.p. sanziona la trasgressione diretta alle regole specifiche della misura imposta (es. allontanarsi dal domicilio per chi è agli arresti domiciliari). L’art. 299, comma 4, c.p.p. interviene invece quando emergono nuove circostanze, come la commissione di un altro delitto, che dimostrano che la misura in atto non è più sufficiente a fronteggiare la pericolosità sociale dell’individuo, richiedendo un inasprimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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