Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33588 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33588 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Cosenza il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/01/2024 del Tribunale del riesame di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha accolto l’appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro avverso l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro in data 9 agosto 2023 – con la quale era rigettata l’istanza, ai sensi degli artt. 276 e 299, comma 4, cod. proc. pen. – e, per l’effetto, ha disposto l’applicazione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di COGNOME NOME, il quale era sottoposto alla misura dell’obbligo di dimora nel Comune di Cosenza
in relazione alla commissione dei reati di acquisto e cessione di sostanza stupefacente e di detenzione illegale di un’arma comune da sparo.
Il 3 agosto 2023, all’esito di perquisizione personale e domiciliare, il predetto era trovato in possesso di 54 grammi da hashish e di un bilancino di precisione ed era arrestato in flagranza. In relazione a tale reato, successivamente all’udienza di convalida dell’arresto e all’esito di rito abbreviato, tenutosi stesso giorno, era revocata (senza alcuna motivazione) la misura non custodiale inizialmente applicata, per cessazione delle esigenze cautelari.
La Procura della Repubblica richiedeva, allora, al Giudice delle indagini preliminari l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, evidenziando una asserita violazione dell’art. 276 cod. proc. pen., per avere trasgredito alle prescrizioni imposte dalla misura dell’obbligo di dimora, e sottolineando che tale condotta appariva sintomatica di un modus operandi radicato in una tendenziale e cronica refrattarietà del COGNOME al rispetto delle regole, nonché di una spiccata proclività a delinquere dell’autore, che rendeva inadeguata la misura in atto.
Il G.i.p. rigettava l’istanza, ritenendo che non fosse ravvisabile alcuna trasgressione alle prescrizioni imposte e che il prevenuto non avesse violato la misura dell’obbligo di dimora, atteso che i fatti si erano verificati in Cosenza e non altrove.
La Procura interponeva, allora, appello, evidenziando che la richiesta di aggravamento andava letta in base al combinato disposto di cui agli artt. 276 e 299, comma 4, cod. proc. pen. e il Tribunale del riesame, come si è detto, accoglieva parzialmente l’appello con l’ordinanza impugnata.
Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione COGNOME, deducendo i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 276 299, comma 4, cod. proc. pen.
Nella primigenia domanda, la Procura della Repubblica chiedeva l’applicazione della misura carceraria per trasgressione della misura e la motivazione di rigetto del G.i.p. era inattaccabile; in sede di appello, il Pubblic ministero chiedeva, invece, la sostituzione della misura per aggravamento delle esigenze cautelari. Il – Fibunale del riesame avrebbe dovuto seguire la competenza funzionale per la quale era stato adito il primo giudice della cautela e, eventualmente, in caso di riforma, esporre ragioni di diritto per cui l’ordinanza di rigetto era suscettibile di essere riformata.
2.2. Con il secondo motivo la difesa censura la rivalutazione in negativo del quadro cautelare in netto contrasto con le valutazioni già effettuate dal giudice della cautela.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Rileva il Collegio che la iniziale richiesta di aggravamento era fondata non solo, come sostenuto dalla difesa, sulla erronea sussistenza di una violazione delle prescrizioni, ma anche sulla pericolosità dimostrata dal ricorrente che, sottoposto a misura cautelare, commetteva nuovamente il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90.
Il Tribunale del riesamey ha, perciò, correttamente, evidenziato l’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 276 cod. proc. pen., ma la sussistenza di quelli di cui all’art. 299 cod. proc. pen. e, quindi, ha adeguato lo status libettatis alle modificazioni fattuali e processuali intervenute nel corso delle indagini.
Entro tale prospettiva, è evidente, quanto al secondo motivo, che i -precedenti giudiziari, costituiti da contestazione di condotte criminose in altro procedimento, ben possono rivelare l’aggravamento delle esigenze cautelari, sì da giustificare la sostituzione in peius della misura applicata, ovvero l’inasprimento delle modalità di applicazione, a prescindere dal comportamento tenuto dall’indagato in relazione alla cautela cui è già sottoposto (Sez. F, n. 33478 del 18/08/2009, Casanova, Rv. 245184).
Il ricorso deve, conseguentemente, essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. cod. proc. pen.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 2 maggio 2024
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